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Eric R. Kandel, Psychiatry, psychoanalysis and the new biology of mind, American Psychiatric Publishing, Inc., Washington, DC, London 2005, pp 414 [ISBN 1 — 58562 — 199 — 4]

[ Mi limito ad esporre sinteticamente le tesi del premio Nobel Eric Kandel riducendo al minimo annotazioni e commenti personali. Discuterò e presenterò nuovamente i contenuti di questo libro in un mio saggio di prossima pubblicazione (Anime ferite. Epistemologia della cura: percorsi di formazione), che verrà pubblicato a Venezia da Marsilio ]

Il libro contiene contributi di un gruppo di psichiatri e neurobiologi, con prevalenza dei primi, sotto forma di commenti ad una serie di lavori che Kandel pubblicò dal 1973 al 2000, anno in cui ricevette il premio Nobel per la Medicina. Egli fu l’unico psichiatra (e psicoterapeuta) con doppia formazione — in neuroscienze e in psicoanalisi — ad essere insignito del Nobel.

Formatosi come medico e come psichiatra nella Harvard Medical School, nei primi anni ’60 aveva deciso di diventare psicoanalista, ma i suoi interessi neurobiologici ebbero il sopravvento anche se egli riconosce che i suoi interessi per la memoria cosciente ed inconscia derivarono da "una prospettiva della mente che mi venne aperta dalla psichiatria e dalla psicoanalisi".

L’introduzione al volume è una sorta di concisa e sobria autobiografia scientifica che si apre con la nascita a Vienna nel 1929 e la fuga in USA 10 anni più tardi. Studente nel Harvard College scelse i corsi di storia e letteratura "per capire il mio passato europeo". In quel periodo, grazie all’amicizia con altri ebrei viennesi, figli di psicoanalisti allievi di Freud, egli decise di diventare psicoanalista e, come si usava allora, entrò nella New York University School of Medicine per studiare medicina.

Nella comunità psicoanalitica americana vi era già qualcuno che pensava fosse necessario conoscere la biologia della funzione cerebrale e così, grazie alla flessibilità del sistema universitario americano e all’incoraggiamento di alcuni docenti illuminati, Kandel potè iniziare a lavorare nel laboratorio di neurofisiologia della Columbia University. In breve tempo ottenne registrazioni con elettrodi impiantati nell’ippocampo di ratto, struttura capace di memorizzare eventi diversi, diventando, dopo un periodo di lavoro al National Institute of Health, un "neurofisiologo competente". Egli commenta ciò dicendo: "Sono stato estremamente fortunato". Preparandosi ad iniziare l’internato in clinica psichiatrica non rinunciò all’ambizione di maturare come ricercatore nell’ambito delle neuroscienze.

La flessibilità del sistema universitario americano, l’apertura mentale di molti docenti, la prossimità fisica di reparti clinici e di laboratori di ricerca, la fortuna e la perseveranza del giovane che vedeva la ricerca neurobiologica come futuro della psichiatria, contribuirono ad avviare nel modo migliore la sua carriera accademica. Importanti furono anche le istituzioni in cui lavorò: dal Massachusetts Mental Health Center, al Department of Psychiatry di Harvard, dal Cold Spring Harbor Laboratory diretto da J. Watson, al Department of Psychiatry della Columbia University ed infine al Howard Hughes Medical Institute.

Le prime ricerche che Kandel svolse nel tempo che restava dopo il lavoro clinico mostrarono che le cellule neuroendocrine dell’ippocampo del ratto hanno le stesse caratteristiche elettrofisiologiche dei neuroni convenzionali. In quel periodo, nonostante le eccezioni sopra ricordate, gli psicoanalisti rifiutavano di pensare in termini biologici. Avevano poca dimestichezza con la psicofarmacologia e scoraggiavano in genere ogni tipo di studio che fosse diverso da un processo di apprendimento derivato dal rapporto con i pazienti.

Nel 1965, anche se gli piaceva lavorare con i pazienti ed era considerato un buon psicoterapeuta, Kandel prese la decisione di dedicare tutto il proprio tempo alla ricerca di laboratorio. In quegli stessi anni egli iniziò ad usare, come modello animale, l’Aplysia californica, un lumacone marino capace di reagire agli stimoli esterni in modo facilmente misurabile mostrando fenomeni di assuefazione (habituation) e sensitizzazione, oltre ad essere provvisto di un sistema nervoso molto semplice. Come tutta la ricerca biologica, anche quella neurobiologica usa un metodo necessariamente riduzionista, anche se Kandel evitò ogni semplicismo determinista, consapevole di aver a che fare con un sistema altamente complesso e, per sua natura, irriducibile.

Veniamo ora al libro pubblicato nel 2005. Il capitolo Psicoterapia e la sinapsi singola. Impatto del pensiero psichiatrico sulla ricerca neurobiologica, ha come perno l’idea che, se una psicoterapia funziona, essa deve agire a livello degli stessi circuiti neuronali e sinapsi sulle quali agiscono i farmaci. Nell’assuefazione, che è la forma più primitiva di apprendimento, vi sono modificazioni a lungo termine di queste strutture che si manifestano come diminuita eccitazione sensomotoria, mentre nella sensitizzazione vi sono variazioni opposte dovute all’aumento della facilitazione presinaptica ed incremento del rilascio di neurotrasmettitori in risposta all’esposizione ad uno stimolo nocivo. Il tutto permette di concludere che quanto consideriamo come mente è un’espressione della funzione del cervello.

Queste posizioni — sviluppate da Kandel e recentemente condivise da significativi rappresentanti della ricerca scientifica nell’ambito delle neuroscienze — hanno influenzato (e continuano ad influenzare) molti psichiatri clinici, mettendo spesso in crisi le loro tradizionali ottiche organiciste e riduzioniste e spingendoli ad adottare un nuovo approccio integrato: una nuova prospettiva, teorica e clinica, che punta alla coniugazione e alla complementarietà tra psicoterapia e farmacoterapia. Esemplare, in questa prospettiva, la parabola evolutiva della psichiatra americana Nancy Andreasen: una vera e propria "conversione", su cui mi sono già soffermato nel 2001, a ridosso della pubblicazione del suo libro Brave new brain. Conquering mental illness in the era of the genome .

Ma torniamo al libro di Kandel. Il capitolo Un nuovo quadro di riferimento intellettuale della psichiatria sostiene che come l’insegnamento della medicina interna si fonda sulla biologia di base, quello della psichiatria si dovrebbe fondare sulla neurobiologia. In esso vengono enunciati i seguenti principi generali: 1. Tutti i processi mentali sono neurali, 2. Geni e proteine da essi prodotte determinano le connessioni neurali, 3. L’esperienza modifica l’espressione genica, 4. L’apprendimento modifica le connessioni neurali, 5. La psicoterapia modifica l’espressione genica. Le neuroimmagini di funzioni regionali cerebrali, la neurochimica "in vivo" e la conoscenza delle connettività permettono agli psichiatri di mettere l’occhio dentro la "scatola nera" che è stato fin qui il cervello. In definitiva, se mettere assieme psichiatria e neurologia era prematuro al tempo di Freud, ora non lo è più. Nel capitolo Biologia e il futuro della psicanalisi. Rivisitazione di un nuovo quadro di riferimento per la psichiatria, Kandel discute il fatto che se la psicoterapia produce variazioni funzionali del cervello è possibile istituire un nuovo metodo obiettivo per valutare i suoi effetti sui pazienti. E’ perciò opportuno che vi sia un interscambio sempre maggiore tra neurobiologia e psicoanalisi: due discipline che finora hanno avuto uno sviluppo parallelo ed alquanto indipendente. Oggi, ad esempio, le neuroscienze possono provare che certe ipotesi psicoanalitiche sono errate, come è il caso dell’amnesia infantile: si sa che essa è il risultato della mancanza, nei bambini, di vie nervose necessarie alla memoria. Le conoscenze attuali permettono di considerare come entità singola indivisibile il sistema mente/cervello, che può essere studiato da prospettive differenti. Per tale sistema, in cui si ha una complessità non-lineare, non è più possibile usare un modello computazionale. Alterazioni molecolari e ambientali possono entrambe condurre a comportamenti sociali complessi se si consideri il sistema più completo formato da mente/cervello/corpo e ambiente circostante.

Un invito, che risale al 1983, di aumentare i modelli animali delle psicopatologie è l’oggetto del capitolo Dalla metapsicologia alla biologia molecolare. Ricerche sulla natura dell’ansia.

Dalle lumache alle scimmie, la paura appresa è un comportamento comune conservato nell’evoluzione che fa uso degli stessi meccanismi molecolari e cellulari per apprendimento e memoria secondo un alfabeto molecolare che può combinarsi in vari modi per produrre un alto numero di comportamenti adattativi o maladattativi. L’Aplysia non ha cervello, solo gangli nervosi e la sua mente, se c’è, non ha molto in comune con quella umana. I meccanismi da cui risulta la capacità di anticipare i pericoli sono però presenti, perché, evidentemente, essi hanno un valore biologicamente adattativo che si conserva attraverso le specie e in quella umana si esprime come ansia.

Noi condividiamo con le lumache meccanismi di condizionamento alla paura e questo si esprime con l’invarianza di molecole e strutture cellulari modificate da tale esperienza. Arbitrario è il confine tra comportamento e biologia ed esso è stato imposto, più che dai limiti disciplinari, dall’ignoranza. Già Pavlov e Freud affermarono che l’ansia può essere appresa e si può studiare ricorrendo a modelli animali. Una grammatica molecolare di base sottende le diverse forme di ansia che condividono unità di base molecolari e cellulari combinate in modi diversi.

Un lavoro presentato nel 1983, su invito di J. Watson al Cold Spring Harbor Symposium e intitolato Neurobiologia e biologia molecolare. Secondo incontro segna la definitiva associazione tra neurobiologi e biologi molecolari, documentata anche dal fatto che molti tra i fondatori della biologia molecolare hanno orientato i loro interessi alla neurobiologia. Tra essi, oltre allo stesso Watson, vi sono — voglio ricordarlo — il Nobel Francis Crick, S. Benzer, S. Brenner, J. P. Changeux e altri ancora.

Questo si deve al fatto che ben presto è emersa la nozione che il processo evolutivo della mentazione non è qualcosa di etereo, ma può essere spiegato in termini di cellule neurali, relative interconnessioni e meccanismi genetici che ne stanno alla base. Molte molecole importanti per le funzioni superiori dell’uomo possono essersi conservate nell’evoluzione a partire da specie più semplici in cui è facile studiarle.

Il saggio pubblicato in Cell nel 2000 e qui riportato con il titolo Scienze neurali. Un secolo di progresso e misteri che restano, sottolinea i molti contributi della biologia molecolare del gene alla comprensione dei processi mentali che permettono di identificare una nuova scienza della mente in cui si possono unificare psicologia comportamentale, psicologia cognitiva, neuroscienze e biologia molecolare. L’esperienza esistenziale e tutti i tipi di apprendimento, psicoterapia inclusa, influenzano pensiero, emozioni e comportamento modificando le connessioni sinaptiche in particolari circuiti cerebrali. Olismo e riduzionismo non sono necessariamente contrapposti, ma possono affiancarsi nello studio di problemi particolari. Non si può capire il cervello senza conoscerne i componenti, ma non lo si può capire conoscendo questi soltanto.

Biologia molecolare dell’accumulo della memoria. Dialogo tra geni e sinapsi, è un capitolo che riproduce la "lettura" presentata da Kandel a Stoccolma, nel 2000, in occasione del conferimento del premio Nobel, da lui condiviso con A. Carlsson, scopritore del ruolo della dopamina, e P. Greengard, scopritore dell’azione della dopamina su un recettore che incrementa la formazione del secondo messaggero cAMP. Questi studi hanno mostrato che il morbo di Parkinson è associato ad una ridotta trasmissione dopaminergica, mentre un’aumentata trasmissione dopaminergica concorre alla condizione schizofrenica.

Un’alterazione transitoria della forza delle connessioni sinaptiche si associa alla memoria a breve termine, mentre dalla crescita di nuove connessioni sinaptiche dipende la memoria a lungo termine. Nel secondo caso l’enzima proteinchinasi cAMP dipendente prodotto per effetto dell’apprendimento entra nel nucleo dei neuroni e attiva così i geni che controllano la crescita di nuove connessioni sinaptiche.

La strategia di studio dell’apprendimento e della memoria usata da Kandel è da lui definita riduzionista: e non può essere diversamente se il fenomeno studiato è il riflesso difensivo dell’Aplysia, che ritrae la branchia respiratoria ad ogni stimolo del sifone. Tale riflesso viene modificato da diversi tipi di apprendimento, dall’assuefazione, dalla sensitizzazione e dai condizionamenti classici.

L’ottavo e ultimo capitolo — Geni, cervelli e autoapprendimento. Aspirazioni della biologia per un nuovo umanesimo — esamina le implicazioni della decifrazione del genoma umano per la medicina in generale e per la psichiatria in particolare.

La nuova scienza della mente e gli studi sul genoma umano sono ricchi di implicazioni sociali che influenzano il futuro della medicina; è questo il tema del breve saggio conclusivo: Postfazione.Psicoterapia e la sinapsi singola rivisitate.

La psichiatria odierna è matura per un grande balzo in avanti imposto ormai dalle novità rappresentate dagli attuali psicofarmaci altamente efficaci, dalla biologia molecolare, dalla genetica e dalle tecniche di neuroimmagine.Con quest’ultima è divenuto possibile verificare quale è il tipo di psicoterapia più efficace e se, dice Kandel, essa fosse stata disponibile nel 1894, Freud avrebbe orientato la psicoanalisi su strade del tutto diverse. E’un’ovvietà, ma non si devono dimenticare gli esordi organicismi (neurologici) di Freud e quanto da lui enunciato nel suo Progetto (1895).

Le patologie che hanno finora fornito i dati più interessanti in senso bio-psichiatrico sono le malattie ossessivo-compulsive, in cui si è documentato un aumentato metabolismo nel nucleo caudato che può essere controllato con la terapia a base di inibitori selettivi della captazione del neurotrasmettitore serotonina. Nella depressione si è verificato che c’è una diminuzione nell’ attività basale nella regione dorsolaterale della corteccia prefrontale e aumento nella regione ventrolaterale. Queste alterazioni metaboliche vengono contrastate sia dalla psicoterapia che dagli psicofarmaci e studi di questo tipo possono portare, sia per la psicoterapia che per gli psicofarmaci, ad un aumento di sicurezza e di efficacia e la predizione del risultato degli interventi terapeutici può fornire ai pazienti l’indicazione dei tipi di terapia più utili per risolvere il loro problema. Lo studio biologico promette nuove conoscenze sul comportamento che non si limitano all’inconscio implicito, ma si estendono all’inconscio dinamico e al preconscio. E’ possibile, oggi, paragonare i processi di attivazione cerebrale generati da stati percettivi coscienti ed inconsci (ad esempio la percezione del piacere) e identificare le regioni del cervello rispettivamente coinvolte.

Nel futuro dovremo determinare come combinazioni specifiche di geni, aumentando la vulnerabilità a certe esperienze sociali ed ambientali, possono produrre alterate neurotrasmissioni che si manifestano come patologie mentali. Psicofarmaci e psicoterapia — è questo uno degli esiti clinicamente più rilevanti del libro e dell’intera opera di Kandel — possono e debbono essere complementari per il trattamento di tali patologie.

MARIO GALZIGNA

galzigna@unive.it

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