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Ai margini del processo Bilancia

di ROMOLO ROSSI

(Direttore Dipartimento di Scienze Psichiatriche, Università degli Studi di Genova)

Questo processo ha messo in movimento una serie di emozioni , e ha dato l'avvio ad alcune considerazioni che possono essere riassunte così:

  • La scarsa possibilità di ricostruzione logica, la terribile irrazionalità, la quantità di distruttività, il flottare dell'odio immotivato o non proporzionato, l'enormità dei fatti, depongono per un anomalo funzionamento mentale, o meglio per una malattia mentale.
  • D'altra parte, il concetto di infermità mentale a scopi forensi deve seguire certe impostazioni che tengano conto di diversi fattori, e quindi è stato corretto non definire il personaggio incapace di intendere e di volere, e quindi non imputabile.

Questa proposizione, che rimane, in realtà, contraddittoria, può non fare una grinza nel caso di cui si parla, ma porta ad alcune considerazioni che travalicano la situazione specifica.

Intanto, stabilire ciò che è razionale, in comportamenti criminali, è sempre discutibile: pensare che sia razionale il regolamento di conti del mafioso o l'omicidio in corso di una rapina, è una ingenuità: basta un approccio un po' approfondito per capire che al di sotto di una certa "ratio" ce n'è un'altra, e poi al di sotto di questa un'altra ancora e così via.

Ma a parte questo, che può essere una considerazione di mestiere, tecnica, deformazione professionale di uno psicoanalista, e che potrebbe portare ad una pericolosa posizione pan-assolutoria (l'inferno è vuoto per lo psicoanalista), è necessario fare una annotazione più genericamente umana.

Alla base di questo modo di vedere, sta il processo di idealizzazione dell'uomo. Esiste un concetto ideale dell'uomo normale, che è quello di un uomo serio, onesto, comprensivo, equilibrato, privo di aggressività e di distruttività: in altre parole, se un uomo è sano di mente, è una persona per bene.

Se così fosse, tutta la letteratura, da Omero a Shakespeare a Dostojevsky, tratterebbe di matti, e solo di matti. Se la letteratura avesse trattato di persone normali, intese come sopra, avremmo perduto in blocco le opere di qualche valore.

Ma gli uomini normali sono proprio così specchiati, equilibrati ed inoffensivi come ci sforziamo di credere? Non possono farne di tutti i colori? Non era Freud che diceva che gli uomini non cascano mai in basso, perché si trovano sempre ad una minima altezza? Allora, sostenere in una perizia che una persona è incapace di intendere e di volere perché le ha fatte troppo grosse e non lo si può capire colla nostra usuale razionalità, vuol dire partire dalla doppia equazione, uomo normale = uomo per bene, uomo normale = uomo che si muove per motivi razionali. Ma via!

Non ci vuol molto, ad un occhio esercitato, per vedere cosa sta al di sotto di questo: un modo, o per dirla in termini precisi, un meccanismo di negazione. Negazione dei mali del mondo: della morte, della incoerenza, della sofferenza, della irrazionalità, della cattiveria, della crudeltà, dell'egoismo sfrenato, del narcisismo imperativo, della distruttività fine a se stessa.

Così l'equazione tranquillizzante è precisata: l'uomo è buono, saggio, contenuto, coerente, buono e misericordioso, pudico e schivo di eccessi. Se non è così, è un malato, un oggetto dello psichiatra. Eh no! Signori, no! Questa rappresentazione dell'umano come idealizzato, bonario e misurato, equilibrato e di fondo buono e comprensivo, è ciò che ci piacerebbe essere, non ciò che siamo, né per Darwin, né, credo, per la religione.

Le malattie hanno i loro limiti, i loro codici, i loro modi di esprimersi, e che non così frequentemente comportano aggressività, distruttività e, guarda un po', neppure irrazionalità.

Chissà perché - diceva Freud — bisogna aspettare che una persona sia depressa perché dica la verità su se stessa.

Lo psichiatra, intendiamoci, può intervenire nella realtà processuale ben al di là della pura nosologia psichiatrica: soprattutto se è "psychoanalytically minded", fa quel che può per capire i comportamenti, ricostruire un filo narrativo, ritrovare motivi profondi, collegare l'ieri con l'oggi, per dare un senso ai modi di agire più anomali, e talora ci riesce: si occupa insomma di problemi emotivi e comportamentali più in generale. Ma la malattia è un'altra cosa.

Se voi vi aspettate, signori, che l'uomo abbia in generale un perfetto a plomb, e si comporti sempre con senso di misura, e non sia soggetto a eccessi smodati e terribili, ad atteggiamenti e comportamenti dirompenti, o solo che abbia sempre definiti e comprensibili motivi per ciò che fa, e se pensate che quando non è così è matto, ebbene vi sbagliate. O meglio, state immaginando un uomo idealizzato, come vi piacerebbe che fosse per la vostra tranquillità, e, soprattutto, non vi siete guardati dentro abbastanza.

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