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RIFLESSIONI CRITICHE SUL LIBRO DI LAURO GALZIGNA "LA MENTE".

di Marco Inghilleri

Le "scienze della mente" hanno subito una vera e propria rivoluzione concettuale, grazie anche all'apporto dei molteplici campi della ricerca scientifica connessi in diversi modi ed a vario titolo con lo studio della mente e delle funzioni cognitive degli organismi biologici e artificiali.

Una serie di questioni, che sono al centro delle "scienze della mente", ed una molteplicità di filoni di indagine scaturiscono dall'incontro tra ricerca scientifica e problemi filosofici, dando forma e vita ad un articolato numero di dibattiti, come ad esempio: il dibattito ontologico sulla natura della mente; la questione del comportamento intenzionale; il problema dell'eliminabilità del discorso mentale; l'ipotesi del cosiddetto "linguaggio del pensiero"; la questione del posto occupato dagli aspetti "qualitativi" dei nostri stati interiori, privati, soggettivi, nel contesto della descrizione scientifica ed oggettiva del mondo. (1)

In questo vasto orizzonte è, dunque, da collocare il contributo dato dal libro di Lauro Galzigna, contributo che costituisce sicuramente un buon punto di partenza per chi volesse sbarcare sul 'pianeta mente', o per chi, avendovi già costruito un primo e sicuro avamposto, volesse o intendesse 'ispezionare le strutture logistiche' da cui far partire le sucessive esplorazioni.

Ecco infatti che Lauro Galzigna, attraverso un "discorso", un ragionamento fatto a voce alta, cerca di mappare in 15 capitoli un territorio sul quale ancora vi si può leggere l'hic sunt leones delle antiche carte geografiche, ponedosi come obbiettivo essenziale quello della proposta di una sorta di provocazione, una base di dibattito su un tema che ha un'importanza centrale per il nostro tempo: il problema del rapporto tra mente e materia, o mente-cervello.

Con una serie di 'istantanee', di 'fotografie', di 'diapositive', Lauro Galzigna ci mostra tutte le difficoltà presenti nella trattazione di un tale tema e sottolinea come il dibattito attuale sulla mente si svolga ancora e comunque attorno alle contrapposte alternative di monismo e dualismo, riducibilità e irriducibilità.

Per questo autore, una qualsiasi teoria della mente non può prescindere oggi dal rapporto mente-mondo, così come non è possibile che essa eviti di considerare i diversi stati mentali possibili ed osservabili. (2) In sostanza, l'Autore afferma che "la mente sfuma nel mondo o nei mondi e il mondo o i mondi sfumano nella mente. Essa non si può descrivere solo come funzione del cervello, ma è certo che senza cervello non si può parlare di mente. Non vi è quindi dualità tra mente e cervello, come non vi è dualità tra onde e particelle nella fisica sub-atomica". (3)

L'asse portante della questione "mente" resta pertanto la possibilità o meno di poter rispondere a due quesiti essenziali: a) o la mente è un epifenomeno del corpo, e allora il programma empirista deve accettare il materialismo riduzionista (e nel migliore dei casi la psicologia diviene un capitolo della biologia da affidare alla neurofisiologia); b) o, se si istituisce il parallelismo psico-fisico, si viene meno agli assunti del monismo e si crea allora il problema di rintracciare il passaggio dal biologico allo psichico. (4)

L'opinione dell'autore, la sua personale risposta, comporta l'affermazione dell'irriducibilità della mente, per lo meno con gli attuali strumenti teorici a disposizione, senza che questo debba necessariamente implicare l'accettazione di una posizione globalmente dualista. Così facendo, però, incoraggia sic et simpliciter la riflessione sul fatto che, se il cervello è l'organo che assolve le funzioni della mente, mente e cervello non sono la stessa cosa. L' ipotesi che Lauro Galzigna sembra suggerire, quindi, è quella che ci presenta una mente che scaturisce dall'interazione tra cervello, corpo, ambiente e storia. Una mente irriducibile, dunque, ad una semplice funzione cerebrale, non essendo possibile collegare cervello e mente con una relazione struttura-funzione. (5)

Lauro Galzigna tocca qui due antinomie epistemologiche (6) presenti in psicologia e, più in generale e in una certa qual misura, presenti in tutte le "scienze della mente".

La prima riguarda la contrapposizione tra le due grandi prospettive che si contendono lo studio sistematico dell'uomo: il naturalismo razionalistico, che subordina la mutevolezza della Storia alla fissità della Natura, e il più recente materialismo storico-dialettico, il quale rifiuta la nozione classica di un mondo sostanzialmente sempre eguale a se stesso e riassorbe la Natura nella Storia.

La seconda invece è relativa alla diatriba tra riduzionisti e anti-riduzionisti. Secondo i riduzionisti il problema della mente deve essere affrontato e risolto nei termini delle scienze naturali tradizionali (fisiologia, biochimica, ecc..). Secondo gli anti-riduzionisti, al contrario, tale problema deve essere affrontato e risolto nei termini di una scienza specificatamente e totalmente psicologica.

Quello che mi sembra di capire, del "discorso" di Lauro Galzigna sulla mente, è che ciò che noi chiamiamo mente diviene un referente inadeguato e fuorviante se la riduttività empirica dei termini appiattisce gli oggetti psicologici entro un quadro categoriale che li omologa a 'fatti' e 'proprietà fisiche'. Pertanto, davanti ad un problema che comunque resta per l'autore un problema 'aperto', l'atteggiamento che Galzigna sembra consigliare è quello di una cautela estrema, definita da una polarità che prevede un 'realismo ipotetico' ed un 'pluralismo teorico': ovvero l'ammissione sì di una realtà in qualche modo indipendente dalle nostre idee, ma con la consapevolezza che questa realtà non è mai esterna, semplice, bruta, ovvero non concettualizzata.

Ora però, pur restando un ottimo libro 'iniziatico' e senza nulla togliere all'autore, devo confessare alcune perplessità che nutro riguardo al lavoro di Lauro Galzigna ed alle posizioni che egli sostiene.

Non sorprende affatto, infatti, che si sia sempre trattata la mente come una cosa speciale o come una forma speciale di materia. Dopo tutto, sembra così diversa dalla materia normale che può essere difficile, per chi ne è dotato, concludere mediante la sola introspezione che essa possa derivare dalle interazioni di materia non 'intenzionale'. Ma, come osservò William James, la mente è un processo, non una sostanza. L'indagine scientifica moderna indica che dalla materia possono scaturire processi straordinari. La scienza moderna ha riformulato il concetto di materia in termini di processi, ma la mente non è stata ripensata come una forma particolare di materia. Agli argomenti di Galzigna, di conseguenza, io opporrei quelli proprosti da un altro eminente scienziato: Francis Crick, che Galzigna definisce essere uno dei più caparbi sostenitori della teoria dell'identità. (7)

La tesi che Crick dimostra in tutto il suo lavoro di ricercatore e di scienziato, è che la mente (e nel caso particolare la coscienza come una delle sue manifestazioni) non sia altro che un processo di tipo particolare, che dipende da disposizioni particolari della materia. (8) Sembra che gli esseri che pare possiedano una mente, e quindi, forse anche una coscienza, siano gli organismi biologici (in modo specifico gli animali), pertanto, risulta perciò naturale ipotizzare che sia un particolare tipo di organizzazione 'biologica' a dare origine ai processi mentali. Quindi risulta ovvio che per approfondire l'argomento in modo scientifico - sempre confutabile - bisogna rivolgersi all'organizzazione del cervello e di conseguenza alle neuroscienze, accentando per forza di cose anche il riduzionismo neurofisiologizzante.

Cercare di risolvere i problemi della mente affrontandoli con argomentazioni filosofiche di portata generale è un modo di procedere senza speranza. Sono invece necessarie, a mio parere, indicazioni per nuovi esperimenti che facciano luce sui problemi che si incontrano quando si cerca appunto di indagare la mente. Questo significa mettere da parte la propria riluttanza ad accettare quello che spesso viene indicato come approccio 'riduzionista', cioè che un sistema complesso possa essere spiegato descrivendo il comportamento delle sue parti e le loro interazioni reciproche.

Crick afferma: "E' convinzione scientifica che la nostra mente - il comportamento del nostro cervello - possa essere spiegato come l'interazione fra cellule nervose (e altre cellule) e le molecole ad esse associate. Per molte persone questa è un'idea davvero straordinaria" (9). E quindi, per affrontare effettivamente uno sbarco sul 'pianeta mente' si rende necessario principalmente rifiutare ogni approccio filosofico tradizionale per cercare di attenersi soltanto ai seguenti livelli di descrizione: neuroni, neural networks, comportamento. Il riduzionismo, inteso soprattutto come strategia di ricerca, implica, in sostanza, un processo di scomposizione che per un sistema complesso, come la mente umana, dovrà essere ripetuto più di una volta, cioè il comportamento di una sua parte specifica dovrà essere spiegato descrivendo le proprietà e le interazioni delle sue parti.

Per comprendere il cervello e di conseguenza anche la mente, occorre in definitiva conoscere le molte interazioni reciproche fra le cellule nervose; inoltre, la comprensione del comportamento di ciascuna cellula nervosa richiederebbe anche una spiegazione fondata su quello dei suoi componenti, ioni e molecole.

In ultima analisi, il riduzionismo applicato dalle neuroscienze non appare essere un processo rigido con il quale un insieme fisso di idee viene spiegato in termini di un altro insieme fisso di idee del livello inferiore; esso è piuttosto un processo interattivo che modifica i concetti a entrambi i livelli, via via che la conoscenza si evolve. In più, va tenuto presente che esso è anche il principale metodo teorico che ha dato impulso allo sviluppo della fisica, della chimica e della biologia molecolare. E, infine, va ribadito che è il solo metodo ragionevole per procedere fin tanto che, e a meno che, non ci si trovi di fronte ad un'importante evidenza sperimentale che ci imponga di modificare il nostro atteggiamento. (10)

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NOTE:

1) Cfr. M. Di Francesco, Introduzione alla filosofia della mente, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1997, pp. 13-14.

2) Cfr. L. Galzigna, La mente, Piccin, Padova, 2001, pp. 11-15.

3) Ibid., p. 14; A livello atomico, la materia ha un aspetto duale: si manifesta come particella e come onda. L'aspetto che essa presenta dipende dalla situazione: in alcuni casi predomina l'aspetto corpuscolare, in altri quello ondulatorio; e questa natura duale è tipica anche della luce e di tutte le altre radiazioni elettromagnetiche. La luce, per esempio, è emessa e assorbita sotto forma di "quanti", o fotoni, ma quando viaggiano attraverso lo spazio queste particelle di luce appaiono come campi elettrici e magnetici variabili che presentano tutti i comportamenti caratteristici delle onde. Normalmente, gli elettroni sono considerati particelle, eppure quando un fascio di queste particelle viene fatto passare attraverso un fenditura sottile, esso viene difratto, proprio come un raggio di luce. In altre parole, anche gli elettroni si comportano come onde.

4) Cfr. A. Salvini, Argomenti di psicologia clinica, Domenighini, Padova, 1998, p. 18.

5) Cfr. L. Galzigna, op. cit., p. 179.

6) Cfr. S. Marhaba, Antinomie epistemologiche nella psicologia contemporanea, Giunti, Firenze, 1991.

7) Cfr. L. Galzigna, op. cit., p. 118.

8) Cfr. F. Crick, The Astonishing Hypothesis: The Scientific Search of the Soul, Charles Scribner's Sons, New York, 1994; trad. it. La scienza e l'anima: un'ipotesi sulla coscienza, Rizzoli, Milano, 1994; ed anche F. Crick, "Riflessioni sul cervello", in Le Scienze, 1979, pp. 160-168.

9) F. Crick, op.cit., p. 22.

10) Cfr. ibid., p. 23; ed anche cfr. P. Churchland, "Can Neurobiology Teach us Anything about Consciousness?", in Proceedings and Adreses of APA, 1995, pp. 23-40.

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