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Lo psichiatra mezzo busto: rapporto con la televisione

Questo argomento sta diventando sempre piu' impellente, perche' la televisione e, possiamo dire in generale i mass media, diventano sempre piu' pressanti e sempre piu' invasivi, portando evidentemente le loro esigenze, il che e' comprensibile; ma e' altrettanto legittimo che noi abbiamo le nostre esigenze e quindi conformiamo a certe regole il nuovo ruolo che ci viene attribuito.

Come principio generale la televisione e' uno strumento poco indicato per parlare degli argomenti nostri, nel senso che i nostri argomenti hanno sempre, implicitamente, risposte sfumate non cosi' decise, non cosi' definite, mentre la televisione e' uno strumento comunicativo che fa tesoro del tempo, che deve impressionare o colpire grandi strati di spettatori, per cui ha bisogno di risposte precise, nette, chiare, definite e che prendano una precisa posizione e soprattutto brevi; le risposte articolate un po' piu' lunghe e sfumate non fanno per la televisione, irritano il conduttore e annoiano il pubblico che, di fatto, non ha bisogno di sentire questo.

Domande del tipo "in questi casi fa bene la psicoterapia o la farmacoterapia?" in televisione richiedono precise risposte; anche per domande come "e' capace di intendere e di volere?" la risposta deve essere si o no, che si puo' fare, ma non corrispondera' mai alla realta' scientifica che e' piu' sfumata e che comunque prima di una risposta necessita di una complessa e articolata discussione. La televisione non puo' permettercelo e noi capiamo benissimo i motivi, ma noi non possiamo permetterci di tradire il nostro statuto e la nostra serieta' professionale e scientifica per dare una risposta che accontenti il pubblico.

E' chiaro che penso che lo psichiatra debba apparire assai poco per televisione; io ho sempre cercato di rifiutare inviti a trasmissioni popolari, di grande pubblico, non per un disprezzo per queste trasmissioni tutt'altro, ma perche' mi pare che li' non mi sarebbe permesso di esprimermi come vorrei, mi sarebbe permesso di fare solo dello spettacolo.

Io credo che sia giustificato che noi appariamo in televisione soltanto quando possiamo fornire informazioni utili e possiamo darle con modalita' abbastanza precise. Dovremmo evitare di dare informazioni generiche che potrebbero essere complesse. Basti pensare, ad esempio, alla richiesta teorica di un conduttore televisivo sulla genetica e sull'ereditarieta' nella patologia psichiatrica; la risposta dovrebbe essere molto sfumata e molto complessa e certamente avrebbe una dimensione che allarmerebbe molto gran parte della popolazione, cosa che forse non e' il caso che si faccia; ma e' inevitabile dire che nella schizofrenia c'e' una grossa componente ereditaria e nella stessa melanconia c'e' una componente ereditaria; vero che poi io dovrei fare un lungo discorso per dire che e' una componente particolare, che la distibuzione familiare e' complessa e non e' cosi' precisa come potrebbe sembrare, ma in realta' l'allarme sarebbe gia' gettato. Bisogna stare molto attenti a fare di queste cose. Come nel caso delle droghe, per esempio l'uso della cannabis produce il fenomeno, che conosciamo bene, di genitori che fumano quaranta sigarette al giorno e che sono allarmatissimi perche' il figlio ha fumato uno spinello.

L'informazione secondo me e' sempre meglio darla attraverso la carta stampata per valutare, elaborare e calibrare la modalita' di trasmissione. La televisione e' uno strumento troppo rapido, troppo veloce, troppo pressante per questo.

Credo, inoltre, che si debba escludere da ogni nostro intervento televisivo ogni riferimento spettacolare, dimenticare quella parte che purtroppo la psichiatria ha di spettacolo, perche' la psichiatria trattando con la mente umana e con il comportamento umano si presta moltissimo a raccontare storie, a mettere in evidenza cose con l'allure dell'esperto, e si presta moltissimo a dare valutazioni sui comportamenti umani in generale che, di per se', e' spettacolare e questo proprio cio' che lo psichiatra deve evitare.

Non che lo psichiatra debba evitare lo spettacolo, ma lo spettacolo puo' farlo ballando, cantando, non parlando di psichiatria. Cosi' come, io credo, debba essere escluso ogni riferimento a casi, ovviamente casi clinici (non penso debba essere sottolineato), ma anche a casi di tipo peritale; anche se sono ben conosciuti, ben noti e le perizie sono pubbliche una volta che sono depositate. Ma parlare in pubblico di un caso che uno psichiatra ha avuto sotto la sua indagine, quindi secondo i criteri che sono a lui propri della riservatezza, della selezione dei dati, del proporli, del modo di riceverli e dell'implicito assunto che questo rimane comunque in una relazione personale abbastanza discreta ed intima, salvo le esigenze della giustizia, uscire fuori da questa dimensione ed entrare in una narrativa di casi e' secondo me male. Male non tanto per motivi etici, ma perche' e' travisare la realta' dei fatti.

Spazio televisivo , secondo me, allo psichiatra ne rimane ben poco, credo che lo psichiatra potra', se vorra', partecipare ad un concorso a quiz, non che tratti di psichiatria ovviamente, perche' non glielo lascerebbero fare, i professionisti non vengono accettati; ma potrebbe presentarsi ad un concorso a quiz che parli di calcio o di canzoni moderne.

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ROMOLO ROSSI

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