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Items per una diagnosi dei matematici

Ci è stato riproposto recentemente in TV A beautiful mind, pregevole film su John Nash. Io ho in mente un altro film, a tema analogo, italiano, secondo me più pregevole ancora (un capolavoro forse?), di Mario Martone, Morte di un matematico napoletano, interpretato da un grande attore, Carlo Cecchi.

Un altro grande matematico bizzarro, alcolista questo, che finì suicida, realmente esistito. Io ho avuto modo di conoscere un altro matematico, che credo e spero prenderà il Nobel anche lui, dopo un po’ d’anni, e per certi versi simile a questi.

Il fatto è che i matematici, se sono veri matematici, più grandi sono, meno normali sono. Una parte della loro mente, quella cognitiva, funziona in una dimensione diversa (autistica?), fatta di correlazioni simboliche e di necessità e connessioni non usuali ma necessarie, rigorose e assieme fantastiche, mentre l’altra parte quella relazionale, che vive di accordi, di compromessi, di as if, di evidenze apparenti (ecco l’ossimoro, apparently evident), in genere fallisce e crea la situazione catastrofica. Il linguaggio matematico, tradotto in linguaggio relazionale, does not fit, non si adatta, con le sue tessere nell’impreciso ma solido mosaico della comunicazione.

Per questo la figura di John Nash è molto discussa tra coloro che se ne sono occupati. Il suo fallimento relazionale è relativo, e la capacità emotiva era conservata, cosa che in uno schizofrenico non è. Lo schizofrenico si essicca, si contrae mentalmente, il linguaggio ed il pensiero, anche quelli matematici, si scuciono, pressati e sconvolti da frammentazioni, intoppi, deragliamenti, vengono sostituiti da poveri neologismi e non da effervescenti calembour o da illuminazioni fulminanti. Uno schizofrenico non riesce a costruire un corpo teorico coerente e funzionante come fa il grande matematico.

Anche le allucinazioni presentate nel film non sono allucinazioni schizofreniche, frammentarie, asistematiche, discontinue, non precise, iconografiche e con un coerente filo narrativo come le visioni che nel film vengono attribuite a Nash. E nella schizofrenia le allucinazioni sono di solito uditive. Può darsi che nel film siano state presentate così per comodità del regista, che aveva migliori mezzi tecnici per rappresentare allucinazioni visive e coerenti (le immagini rendono di più ad un regista), ma a questo modo vengono a sembrare, da uno stretto punto di vista psicopatologico, più immagini eidetiche, pareidolie, o rappresentazioni mentali isteriche.

E’ difficile, se non c’è il legame narrativo fantastico, che una allucinazione visiva parli anche in modo coordinato: è come avere una pellicola cinematografica con la colonna sonora; due organi di senso con sedi e funzioni così diverse, dovrebbero coordinarsi con grande sincronismo.

Insomma, è più probabile che John Nash non fosse schizofrenico: forse un autismo, del tipo Asperger, o forse, perché no?, semplicemente un matematico geniale, come tutti i matematici geniali, poco evoluto emotivamente, poco maturo e cresciuto sul piano relazionale, fatto diventare un malato da cattivi psichiatri, che non lo hanno capito, che non hanno capito, e lo hanno fatto ammalare con trattamenti sbagliati e invasivi. Chissà?

Comunque, Morte di un matematico napoletano, è un film più convincente, più incalzante, più convincente di questo, diretto e recitato altrettanto bene.

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ROMOLO ROSSI

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