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editoriale APRILE 1998
convegno di Genova

Fin dalla sua nascita, come ipotesi di lavoro, POL.it ha appoggiato la realizzazione del primo Congresso Internazionale "INTERNET & SALUTE MENTALE" che si è chiuso con un ottimo successo di pubblico e soddisfazione intellettuale per i partecipanti lo scorso Mese di febbraio.
Ricordiamo ai lettori che gli atti del congresso sono disponibili on line presso il sito appositamente creato dal Dipartimento di Scienze Psichiatriche dell'Università di Genova che ha patrocinato l'iniziativa.

L'indirizzo è :
spazio bianco http://www2.psichiatria.unige.it

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( Il testo che segue rappresenta la riproduzione dell'intervento effettuato venerdi' 3 aprile presso il FUTUR SHOW di Bologna, nell'ambito del convegno organizzato da Massimo Digiannantonio per conto della S.I.P. Potete ritornare al precedente contributo cliccando qui. )

La nostra è un'epoca di passaggio in cui l'uso sempre più avanzato di strumenti informatici ci sta conducendo per mano, in modo quasi impercettibile, verso una profonda trasformazione del modo in cui noi vediamo noi stessi e la nostra mente.
Tali cambiamenti, veri e propri salti di paradigma, hanno coinvolto inizialmente solo gli addetti ai lavori, quotidianamente impegnati nell'uso di strumenti tecnologicamente avanzati e inseriti in prassi radicalmente nuove ed in continua trasformazione.
Ciò li costringeva, loro malgrado, ad interrogarsi sul significato dell'evoluzione di tali prassi in direzioni del tutto nuove, sorprendenti e per alcuni del tutto inaspettate oltre che inquietanti.
La crescita esponenziale dei possessori di personal computer, l'utilizzo di macchine e programmi basati sulla simulazione, la comparsa di un'intelligenza artificiale emergente dall'esperienza e di “organismi” virtuali vitali in grado di riprodursi (come i “virus”) ed infine l'avvento di Internet hanno spinto gli intellettuali a prendere atto della profonda trasformazione culturale che stava avvenendo.
La cultura post-moderna della simulazione ha dovuto confrontarsi con un nuovo mondo, il mondo virtuale e se, da una parte, le macchine hanno iniziato ad essere considerate “esseri” o “organismi” antropomorfi, sempre più simili agli esseri umani intelligenti e vitali, a cui ci si rivolge o di cui si parla utilizzando termini presi a prestito dalla psicologia, sull'altro versante si è preso atto che l'essere umano possiede un'identità multipla, decentrata, frammentata in cui le varie parti risultano sì integrate, ma che a volte si manifestano singolarmente come in un gioco delle parti che tutti i frequentatori di chat o di giochi di simulazione su Internet conoscono bene.
Tale definizione di identità evoca immediatamente associazioni ed assonanze con altri ambienti e modelli culturali; la metafora di un essere multiplo, decentrato, flessibile emergente dalle parti costitutive ed in continuo divenire viaggia a cavallo tra la scienza informatica, la psicologia, l'intelligenza artificiale emergente, la vita artificiale, la biologia molecolare
Non si tratta più di distinguere il reale dal virtuale, sentito come pericoloso ed inconsistente, quanto di saper integrare le esperienze virtuali con la realtà fisica per migliorarla; oggi c'è chi trascorre gran parte della sua giornata immerso in uno o più mondi virtuali, all'interno di una o più finestre aperte sullo schermo del computer, tornando solo di tanto in tanto ad occuparsi di quelle altre finestre in cui compaiono oggetti considerati più reali semplicemente perché hanno a che vedere con la sua vita fisica.
Ma quale differenza c'è sullo schermo del computer e nella mia mente tra una finestra in cui sto lavorando ad un documento per il mio lavoro ed una finestra in cui, in un canale di conversazione, sto simulando un personaggio femminile in cerca di compagnia ?
Ecco, nel registro dell'immaginario, una potente metafora che Sherry Turkle ci propone nel suo ultimo lavoro: la vita come lo schermo del computer, dove le finestre sul reale e quelle sul virtuale non si escludono ma coesistono consentendoci di passare da una all'altra in modo del tutto impercettibile.
“Possiamo vivere in entrambi i luoghi, collegandoli insieme, trasformando sia il fisico, sia il virtuale in realtà”
Ma come realizzare tale aspirazione ? Si tratta di un'operazione di integrazione tra il mondo virtuale della simulazione, mondo altamente creativo popolato da imprevedibili “creature” il cui unico limite è la nostra fantasia, ed il mondo fisico, per ottenere nella realtà un miglior adattamento ed autonomia di un soggetto non più inteso come unità monolitica e strutturata rigidamente, ma come un essere flessibile, fluido, in costante evoluzione e trasformazione, in cui le singole componenti si presentificano, comunicano tra loro e la cui identità emerge dalle reciproche associazioni e connessioni.
In tale ottica potremmo allora sospendere il nostro giudizio ed immergerci brevemente, dotati di un buon respiratore e di una scorta d'aria sufficiente, in questo mondo apparentemente sconosciuto ma che molti frequentano ormai quotidianamente.
Internet consiste essenzialmente in una rete gigantesca di computers su cui si possono far viaggiare dati in tempo reale, in tutto il nostro pianeta ed in tutte le direzioni. Si tratta quindi di un mondo virtuale le cui porte di ingresso sono gli schermi dei nostri computers; da un altro punto di vista una sorta di “cervello” gigante la cui rete neurale consiste di macchine e uomini.
Tutti conosciamo il mondo web fatto di colori, immagini, suoni ed ipertestualità e forse questo è il mondo virtuale che frequentiamo di più; tuttavia, almeno per chi si limita a navigare tra le sue pagine, esso è un ambiente rigido, poco creativo ed interattivo. L'evoluzione degli strumenti per navigare al suo interno tradisce la caratteristica e forse il limite principale di tale spazio: la passività. I nuovi strumenti avanzati ci consentiranno di ricevere i canali preferiti senza fare nulla, la grafica sarà tridimensionale, i suoni incorporati nel testo; in parole povere avremo un'altra televisione la cui unica interattività consisterà nel poter decidere in che direzione andare nella navigazione. E solo la direzione, poiché la mole di dati ci impedirà di scegliere esattamente cosa vogliamo e dovremo così accontentarci, per risparmiare tempo, di quello che troviamo. A tutto ciò ovviamente fa eccezione chi, avendo una competenza tecnica ed un interesse specifico, potrà creare e pubblicare pagine web, utilizzando entrambe le direzioni di propagazione delle informazioni, offerte dal mezzo.
Ma se ci addentriamo in utilizzi sempre più interattivi e creativi della rete, quali posta elettronica, mailing-list, forum di discussione, spazi di conversazione e condivisione di risorse, giochi di simulazione, ci accorgiamo della presenza di un mondo sommerso, trascurato il più delle volte dai media, per l'utilizzo di tecnologie semplici e non fantascientifiche, e dalla cultura accademica che non crede, a volte, di doversi sporcare le mani per fenomeni apparentemente così marginali.
Invece è proprio in tali contesti che l'interattività, la creatività e la simulazione trovano un loro spazio ideale e virtuale per esprimersi al meglio senza i limiti imposti dalla fisicità del mondo reale.
Ed è proprio in tali ambiti che troviamo un affollamento di personaggi virtuali il cui continuo caleidoscopico avvicendarsi diventa quasi frenetico, in una danza di identità simulate in cui razza, età, sesso, aspetto fisico, caratteristiche psicologiche sono continuamente rimescolate.
Si partecipa contemporaneamente a numerose mailing-list, “scomponendosi” di volta in volta in un interesse specifico e parziale o in un'appartenenza professionale, stando attenti a non andare off-topic o a non confondere le liste a cui inviare ciascun messaggio, magari poi “ricomponendosi” in liste più generiche dove riappropriarsi della propria identità integrata.
Si discute in un gruppo presentandosi come semplice interessato mentre in un altro ci si presenta come medico o psicoterapeuta o docente scegliendo ogni volta quale aspetto della nostra identità privilegiare.
Si entra in un canale di conversazione o in un gioco di simulazione con un soprannome che raramente richiama quello reale, ci si presenta di volta in volta con una descrizione fisica e psicologica diversa e si inizia ad interagire con altre rappresentazioni virtuali di cui sappiamo soltanto ciò che il nostro interlocutore vuole farci sapere. Qualcuno arriva a partecipare contemporaneamente a diverse simulazioni “mettendo in scena” personaggi diversi nello stesso tempo.
Protetti dall'anonimato i più assumono identità insospettabili: uomini che si presentano come donne per evitare la competizione con altri maschi ed essere facilmente accettati dal gruppo o per avvicinare un'altra donna o un altro uomo, donne che scelgono un'identità maschile per meglio esercitare le proprie attitudini al comando o per conoscere un'altra donna, soggetti inibiti che simulano forza e decisione, soggetti abituati al comando che preferiscono farsi sottomettere, le combinazioni sono infinite, mutevoli nel tempo e a volte molto complesse.
Alcuni arrivano a trascorrere più di dieci ore al giorno davanti allo schermo in una sorta di fascinazione, spingendo al limite l'assuefazione e continuando ad entrare ed uscire da mondi virtuali diventati per il soggetto più reali della realtà fisica stessa, ormai abbandonata come in una sorta di fuga.
In questi casi, l'esperienza virtuale conduce ad una progressiva perdita di autostima in quanto utilizzata esclusivamente come strumento per mettere in scena i propri problemi o i propri sogni, senza elaborarli minimamente prima di tornare alla realtà fisica; un ambiente virtuale rassicurante accompagnato da una perdita del reale non è sufficiente per trasformare se stessi.
In altri casi invece tali spazi virtuali funzionano come laboratori in cui sperimentare la destrutturazione e la ristrutturazione del sé, in un continuum dove progressivamente il sé reale si appropria di piccoli frammenti dei personaggi interpretati fino ad assumerne una maggiore padronanza emotiva ed una più equilibrata integrazione.
Tali laboratori di simulazione ci consentiranno di comprendere meglio quelle complessità difficilmente analizzabili nella realtà fisica di tutti i giorni.
Spazio virtuale quindi, non come vita alternativa o prigione definitiva dopo la perdita di realtà, ma spazio di transizione, spazio di crescita, spazio analitico, una sorta di “incubatrice psichica” nella quale entrare per maturare e poi tornare nel reale meglio attrezzati per viverci.
E non è forse vero che nella patologia mentale l'emarginazione, l'alienazione e la segregazione nascono spesso dall'impossibilità di un incontro, di una relazione di un'interazione tra soggetti che condividono solamente lo stesso spazio fisico (a volte la medesima casa).
Ecco che allora l'abbattere le barriere e le mura del proprio isolamento per ritrovarsi a comunicare in uno spazio virtuale con altri che, pur distanti fisicamente, si trovano, in quel momento, a condividere la stessa dimensione emotiva o esperienziale o terapeutica, consentirà al soggetto di ritrovare più facilmente e rapidamente una via di uscita dal suo silenzioso e apparentemente immutabile silenzio.
Tralascio per brevità la possibilità, peraltro già realizzata, di costruire spazi virtuali popolati da “organismi” o “agenti” informatici prodotti dell'intelligenza artificiale emergente o della vita artificiale che possono interagire con i soggetti umani a volta senza che questi se ne rendano conto.
Quali i rischi di questi cambiamenti ? Una identità multipla ma integrata che si rafforza nel rapporto costante con spazi virtuali può funzionare a patto che non ci si lasci ingabbiare in tali spazi di simulazione abbandonando definitivamente la realtà fisica.
Wim Wenders, nel film “Fino alla fine del mondo” , contempla tale possibilità. Lo scienziato interprete del film, dopo essere riuscito a trasformare l'attività elettrica cerebrale in immagini digitali, regala ai propri amici piccoli apparecchi tramite i quali essi possono registrare e poi visualizzare sotto forma di immagini i propri sogni. Subito ne rimangono affascinati; possono vedere le proprie fantasie notturne, immagini da custodire gelosamente che altrimenti andrebbero perse. Una realtà virtuale quella del sogno che rivela nuovi aspetti del sé. Ma le immagini diventano presto troppo seducenti ed affascinanti, sembrano contenere rivelazioni sul senso della propria vita, sono migliori della vita reale stessa. Tutti sembrano non poterne più fare a meno; la fine del film li vede trascinarsi come alienati, con coperte sul capo per non essere disturbati dalla luce del sole, trascorrendo tutto il loro tempo, salvo le pause per dormire, persi nei loro mondi virtuali.
Quel che occorre è una profonda comprensione dei molti sé che si esprimono nel virtuale; solo così saremo in grado di utilizzare le nostre esperienze virtuali per arricchire il reale.
Chiudo con le parole di Sherry Turkle: “Semplicemente non esistono notizie buone o cattive. Pur non trasmettendoci alcuna facile risposta, la vita online ci fornisce però nuove lenti grazie alle quali poter esaminare le attuali complessità. Se faremo a meno di approfittare di queste nuove lenti per esaminare attentamente la situazione, allora cederemo il futuro a coloro che vogliono credere che soluzioni semplici possano risolvere problemi complicati.
Considerando la storia dell'ultimo secolo, il pensiero di un simile futuro non pare affatto di buon auspicio
”.


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