logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina


spazio bianco


  • INTRODUZIONE
  • UNA GRANDE CONFUSIONE
  • RIFIUTARE L'INTEGRAZIONE?
  • I PRESUPPOSTI DELL'INTEGRAZIONE
  • SOMMINISTRARE "LA GIUSTA TERAPIA"
  • TERAPIA INTEGRATA
  • CONCLUSIONI
  • BIBLIOGRAFIA

  • UNA GRANDE CONFUSIONE

    Dirò subito che si ha l'impressione che vi sia verso tutto il problema una grande confusione. Basta pensare che quando si parla di risposta terapeutica si pensa in genere sempre e solo al paziente, alla sua risposta clinica valutata in termini di efficacia nell'eliminazione dei sintomi; si tace invece facilmente la risposta del medico o dell'istituzione curante, che è fatta di atti, di parole e di scelte che eccedono ampiamente la semplice prescrizione o somministrazione di farmaci: questi aspetti eterogenei sono facilmente sottovalutati, ritenuti aspecifici” e spesso trattati, a mio avviso del tutto erroneamente, come qualcosa da mettere fra parentesi in quanto poco rilevante: o per un eccesso di variabilità di tali elementi, che li renderebbe imponderabili; o perché al contrario si considera che gli atteggiamenti terapeutici possiedano un'uniformità, che di fatto non esiste. In ogni caso mi sembra del tutto evidente che negli atti terapeutici complessivamente considerati si metta in opera un insieme molteplice di elementi extrafarmacologici che tendono a sottrarsi a ogni concettuatizzazione. Dietro l'imperturbabilità dell'atteggiamento scientifico ed empirico del clinico orientato verso l'oggettivazione, in realtà esistono molte differenze effettive e una grande varietà di atteggiamenti e stili terapeutici. Ritengo questi aspetti solo apparentemente accessori: essi sono invece importanti e talvolta decisivi nella costituzione e caratterizzazione dell'atto clinico complessivo e in ultima analisi essi risultano addirittura essenziali per la valutazione corretta dell'efficacia di un farmaco.
    Il diagnosta-prescrittore, che sembra procedere mediante un protocollo standardizzato e sicuro, o che perlomeno si presenta sicuro egli stesso dei suoi strumenti e dei suoi linguaggi, ottiene per esempio con facilità il risultato di apparire all'utente” (ma non altrettanto facilmente al collega!) come una figura demiurgica potente e capace. Ciò può ottenere effetti che nulla hanno a che vedere col farmaco in quanto tale. Ma poiché demiurgo e ciarlatano sono purtroppo pericolosamente vicini, nello stesso modo in cui le concezioni monolitiche e unilaterali sono prossime alla paranoia, conosciamo anche con quale facilità le prescrizioni psicofarmacologiche, pur così richieste e attuate, promuovono svalutazioni e risposte terapeutiche negative. Risposte che testimoniano, più che l'inefficacia del farmaco impiegato o l'errore diagnostico, una disfunzione e un'inadeguatezza dell'atto terapeutico nel suo insieme.
    L'angoscia, il dolore morale, la depressione esigono risposte risolutrici, che tolgano il soggetto da un vissuto insopportabilmente penoso. Rispetto all'urgenza e all'istanza di uscire in fretta dal tunnel depressivo o dalla morsa dell'angoscia, l'approccio psicologico e psicoterapeutico sono sempre apparsi alquanto inadeguati. Troppo tempo richiesto per spiegarsi, troppa incertezza circa l'utilità del dialogo o dell'incontro, troppo fragile l'efficacia della parola. così facilmente avvertita come insufficiente per arginare la situazione dolorosa o almeno ottenere un sollievo. Da qui l'idea di un primato del farmaco, la speranza in un'azione chimica sulle fonti somatiche della sofferenza, speranza divenuta in molti casi una realtà con la moderna psicofarmacologia.

    spazio bianco

    RED CRAB DESIGN

    spazio bianco

    Priory lodge LTD