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Dibattito tra Ettore Perrella e Antonello Sciacchitano
su psicoanalisi e psicoterapia:
un appassionato "litigio" tra due analisti lacaniani

Nona parte di dieci parti

(Vai alle parti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10)


Da Perrella a Sciacchitano

Padova, 24 settembre 1997

Caro Antonello, sono perfettamente d'accordo con te sul fatto che il nostro epistolario non è certo terminato, anche se ci troviamo, mi pare, su posizioni sempre meno distanti. Naturalmente non ho niente in contrario alla pubblicazione delle nostre lettere anche su Scibbolet, benché questo mi lasci solo un piccolo dubbio: perché pubblicare più voltelo stesso testo? Non dipende proprio dal fatto che i lettori d'una rivista non leggono le altre? E questa separazione (ognuno per sé e nessuno per tutti) non è forse uno dei problemi che Spaziozero dovrebbe risolvere? Insomma: non sarebbe meglio se i lettori di Scibbolet leggessero anche Arché e i lettori di Arché anche Scibbolet? Comunque faremo come vuoi. Puoi farmi avere una copia rivista delle tue lettere? Ti farò avere quella rivista delle mie, e poi le metteremo insieme. Se l'epistolario continuerà oltre la pubblicazione, continueremo a pubblicarlo a puntate, come un romanzo ottocentesco...

Ma veniamo al dunque. Mi pare che ci siamo proprio. Spaziozero, se non prende una posizione politica, scomparirà fra breve, scrivi tu. Ne sono convinto. Fra l'altro, a quanto sento dire, pare che la mia lettera abbia suscitato presso alcuni di noi reazioni di rigetto, che purtroppo non sono state formulate esplicitamente, come hai fatto tu.

In realtà - a proposito d'intolleranza e viltà - penso che tutti coloro che si sono iscritti a Spaziozero (il cui numero, a quanto mi dice Mauro Santacatterina, è vertiginosamente calato di recente),per il solo fatto d'esservisi iscritti, non sono né intolleranti né vili. Non l'ho mai pensato e non l'ho mai detto. Ciò non toglie che tutti noi (come chiunque altro) abbiamo le nostre incoerenze, le nostre contraddizioni e anche le nostre colpe. E credo che sia essenziale che ciascuno sappia, o almeno sospetti, quali sono le proprie. La mia viltà - se posso esprimermi in proposito - è sempre stata (contrariamente a quanto forse hai pensato tu) d'avere un vero e proprio orrore di tutto ciò ch'è politico. Certo, questo dipende anche da che cosa s'intende per "politico". Comunque, sono tutt'altro che un agitatore di popolo, e aggiungo pure che non ho nessuna istintiva simpatia per il popolo stesso. Credo che per un verso questo sia un pregio, ma che per un altro è difetto, da cui cerco faticosamente di correggermi.

Comunque, perché Spaziozero diventi effettivamente un movimento di politica psicanalitica, è essenziale che emerga al suo interno un nucleo di tesi positive. Non nel senso del diritto positivo, beninteso, ma nel senso che non ci si può limitare a dire quel che rifiutiamo, se poi non sappiamo dire quel che vogliamo e proponiamo. Da questo punto di vista ci sono posizioni diverse (non solo due, come forse troppo ottimisticamente ritieni tu), e soprattutto posizioni diverse vengono spesso condivise in alternanza dalle stesse persone. Questo problema mi pare grave, perché non è affatto solo di chi si occupa di psicanalisi, ma è anche di tutti gli altri (e temo che lo sia con pochissime eccezioni).

Continuo a credere che non sia giusto né corretto contare sulla psicanalisi come se essa assicurasse automaticamente a chi se ne occupa una giusta posizione etica e politica. Mi pare un'illusione ideologica che può far passare, sotto una verniciatura freudiana o lacaniana, qualunque porcheria. E, dal momento che tale verniciatura si è prodotta più volte e in forme diverse nella storia della psicanalisi, mi pare sia proprio necessario cambiare pagina, e riconoscere umilmente che la parola "psicanalisi" non garantisce niente a nessuno. Credo che questa mia posizione susciti vere e proprie reazioni fobiche in alcuni nostri colleghi, perché accettarla significa anche accettare una vertiginosa caduta narcisistica. Si pensa che gli analisti dovrebbero esserci abituati. Penso invece chele loro cadute narcisistiche, se ci sono state nell'analisi (e che ci siano state in effetti lo sa solo chi l'ha fatta) vengono poi arcicompensate da una specie di delirio di purezza psicanalitica, che fa tanto anima bella, ma che copre anche molta ignoranza e molto conformismo. Con tutto ciò non voglio avere nulla a che fare! E credo neanche tu e molti altri. Perché arrendersi, allora, e non tentare invece di far emergere con coerenza quel che ognuno pensa attorno alla formazione degli analisti e al significato che ha oggi la pratica analitica? La chiarezza non è forse una compensazione molto migliore del delirio d'onnipotenza?

Così, quanto agli intolleranti, certo devono essere tollerati. Ma l'intolleranza no, non deve esserlo. Perché, se lo fosse, ci troveremmo esattamente in quella situazione che tu giustamente descrivi come psicoterapia di stato: pericolo dal quale certo non ci difende certo l'uso d'una parola magica come "psicanalisi". E dipende da tutti noi di non arrivarci. Da tutti noi chi? Da noi analisti? Se dovessi fidarmi di questo termine, dovrei fidarmi di persone che hanno assunto posizioni diametralmente opposte a quella che credo debba essere la posizione d'uno psicanalista. Possiamo invece fidarci solo del fatto che qualcuno, ostinatamente, continui a tentare l'impossibile, come scrivi tu. Ed effettivamente di tale ostinazione gli analisti non hanno affatto l'esclusiva. Non ho niente in contrario ad accettare un filosofo come compagno di strada, ma non rifiuto nemmeno il primo venuto. E quindi non rifiuto nemmeno coloro che si definiscono psicoterapeuti. Il fatto è che il problema di fronte al quale si trova Spaziozero non è solo un problema psicanalitico, ma è un problema politico e civile complessivo. Se ce ne dimenticheremo, mancheremo del tutto il nostro scopo, e Spaziozero si estinguerà in poche settimane. Che diamine: io non sono tollerante e liberale perché sono analista, ma sono analista perché sono tollerante e liberale. E credo che chi, prima di divenire analista, era un maoista non possa concepire la psicanalisi che in modo totalitario, se non ha affrontato una completa metanoia, vale a dire una "conversione", che in realtà è un vero e proprio mutamento d'intelletto, come dice la parola greca. Questo mutamento noi dobbiamo produrre, con la psicanalisi e con tutti gli altri strumenti che sono a nostra disposizione (proprio questo effetto, mi pare ,tu chiami "riforma dell'intelletto"). E ognuno di noi ha il suo maoismo nell'armadio (come si dice d'un cadavere). Liberarsene non è affatto facile quando lo si voglia, ma è del tutto impossibile se non si decide chiaramente di farlo.

Per questo, caro Antonello, non credo proprio d'essere un'"ombra inquieta" che si aggira fra i sostenitori della psicoterapia, prima di tutto perché la psicoterapia mi sta a cuore solo come qualunque altra pratica che venga liberamente scelta da chiunque (per un motivo di principio generale, e per nessun altro: difenderei allo stesso modo i falegnami o gli esploratori polari), e in secondo luogo perché non sono un fantasma, ma un tizio di carne e d'ossa, come tutti gli altri.

Per finire, spero che la giornata di studio di Padova serva a noi di Spaziozero per chiarirci qualche idea. Per questo penso che sia utile non invitare a parlare nessuno, ma confrontarci davvero - anche con un po' d'aggressività, se serve - sui punti cruciali grazie alla cui formulazione il nostro Movimento comincerà a esistere realmente, e non solo sulla carta o nei computer. Con amicizia, Ettore


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