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Disturbo mentale , alcolismo, tossicodipendenze: dalla parte del volontario

(L'esperienza delle Comunità del Centro di Accoglienza don Vito Sguotti di Carbonia)

di Antonio Cesare Gerini

(Relazione introduttiva sul tema: Alcolismo e malattia mentale - Esperienze a confronto - esposta il 15 Dicembre 1998 all'assemblea del volontariato in occasione dell'inaugurazione del Sasol Point n°9 del Centro di Servizio per il Volontariato Sardegna Solidale.)

4) IL CONFRONTO CON MODI PROFESSIONALIZZATI PRUDENTI

Nel passaggio dal modo di valutare proprio del "senso comune" a quello del "buon senso" notevole importanza ha anche il confronto con modi professionalizzati prudenti e convincenti di affrontare il problema. Il punto di vista "non professionalizzato" al modo del "buon senso comune" dovrà però poter crescere autonomamente, secondo virtù intrinseche al suo modo e, non di rado, anche alternativo rispetto a quello professionalizzato, in quanto non è sempre facile poter distinguere, tra vari modi di affrontare il problema da parte del modo professionalizzato, quello che è il più corretto.

Tra le posizioni professionalizzate non prudenti dobbiamo annoverarne alcune oggi molto in voga. Quella ad esempio che vede alcuni sedicenti scienziati o medici di fama affannarsi attraverso i mass media a proporre teorie sulla etiologia delle malattie mentali, dell'alcolismo o tossicodipendenza, con conseguenti ritrovati farmacologici miracolosi. Anche genetisti dell'ultima ora, che di tanto in tanto ci raccontano l'ultima scoperta del gene della schizofrenia o del disturbo bipolare, non contribuiscono di certo a far si che si formi quel sano buon senso, senza del quale diventa impossibile il farsi accoglienza e pertanto anche vera terapia.

Il mettere dunque vincoli terapeutici, vuoi farmacologici o anche psicologici, a chi assiste tali persone, laddove queste si rifiutano decisamente collaborare in quella direzione, contribuisce a mantenere posizioni di conflitto e difficoltà tra il paziente e chi lo assiste e conseguentemente impedisce il passaggio da una posizione di "Senso comune" a una di "Buon Senso Comune".

L'incontro del modo non professionalizzato e di quello professionalizzato nel Centro Alcologico

In linea generale si può dire che una posizione assistenziale e di aiuto non professionalizzata sceglie tra le varie posizioni professionalizzate, quelle che sono più vicine al suo modo si sentire e di affrontare i problemi.

In questo campo, quello dell'assistenza psichiatrica e delle tossicodipendenze, anche in ambienti non professionalizzati i modi di affrontare i problemi sono spesso molto diversi tra loro. Ad esempio nel settore delle tossicodipendenze, pur nella comune denominazione di "Comunità Terapeutiche" si nascondono prassi e impostazioni culturali molto diverse tra di loro. Le scale dei valori proposte dalle diverse Comunità sono differenti da una comunità ad un'altra.

Nel campo dell'alcolismo notiamo una discreta differenza tra le posizioni non professionalizzate espresse ad esempio da Alcolisti Anonimi e dai CAT.

In campo professionalizzato le differenti impostazioni e i diversi modelli culturali sono non di rado in conflitto fra di loro. E' sbagliato pensare che in ambiente professionalizzato la "posizione scientifica" sia uguale per tutti. In ambito scientifico ci sono ambienti che danno priorità a impostazioni psico-farmacologiche (si guarisce solo con gli psicofarmaci), altri a posizioni psicoterapiche ( e tra queste una gran quantità di posizioni spesso conflittuali le une con le altre), altre ancora a posizioni socio-riabilitative.

Quando questi due modi, quello professionalizzato e quello non professionalizzato, si incontrano in modo armonico è possibile che nascano dei metodi di lavoro originali e proficui.

Ciò è avvenuto, a parer mio, nella nascita del Dispensario Alcologico di Carbonia, oggi Centro Alcologico, per la diagnosi la cura e la riabilitazione dell'alcoldipendente.

Il suo troncone culturale di tipo non professionalizzato è da ricercarsi nella filosofia dell'accoglienza del Centro di Accoglienza, con l'ospitalità data, nel corso di lunghi anni, ad alcolisti e in misura minore a tossicodipendenti. Poi alla influenza che ebbe, relativamente ai problemi dell'alcolismo, la filosofia di Alcolisti Anonimi. Il Centro di Accoglienza negli anni 86-87 ospitò presso i suoi locali la sezione locale di A.A. Inoltre, per ciò che riguarda le tossicodipendenze, notevole influsso ebbe sopratto il modo di considerare il problema del CEIS. Negli anni 1988-89 genitori, che avevano i figli presso le comunità del CEIS e che facevano con essi percorsi educativi paralleli, si affiancarono ai volontari del Centro di Accoglienza per affrontare il problema delle tossicodipendenze.

In questo contesto culturale, attraverso queste modalità non professionalizzate di analizzare e di avvvicinarsi al problema delle dipendenze, si incontrò un medico che col suo approccio professionalizzato potè incominciare un percorso con i volontari del Centro. Il medico decideva di affrontare il problema alcolismo sul versante della patologia alcol-correlata. Un passo medico, dunque, approfondito e competente, che si prende cura del corpo dell'alcolista attraverso la cura nelle numerose patologie che l'alcol procura, in modo organico e unitario. Non frazionando il corpo dell'alcolista nella parcellizzazione specialistica, ma utilizzando la sua competenza di medicina generale anche per instaurare il primo fondamentale approccio con l'acolista stesso. A questo primo passo di tipo professionalizzato ha saputo affiancare l'altro, quello non professionalizzato, importantissimo per rapportarsi in modo idoneo alla persona che abusa o è schiava della bottiglia. Così sono nati i gruppi condotti da ex alcolisti che affiancano il medico, introducono nuovi soggetti alcolisti, e si muovono in quel contesto non professionalizzato che fa dell'alcolista non tanto un malato come lo intende usualmente la medicina, ma un individuo fragile che va sostenuto, spronato o anche fortemente contestato a seconda del momento.

Questa integrazione, con molta prudenza, la si tenta anche nel campo dei disturbi mentali. Secondo l'esperienza del nostro gruppo, comunque, tale integrazione non è da ricercarsi costi quel che costi. Infatti l'incontro di due sensibilità, quella del modo professionalizzato e quella del modo non professionalizzato, è un qualcosa di particolarmente delicato che facilmente, se il confronto non avviene su piani di estrema correttezza, può condurre a reciproci sconfinamenti, con ripercussioni sfavorevoli sui metodi di lavoro e sui valori su cui si fonda il rapporto con le persone assistite.

DIFFERENZIAZIONE DEI MODI

Operando in questo modo il Centro ha dovuto differenziare le sue modalità operative:

a) comunità alloggio femminile

b) centro di pronto intervento maschile

c) centro alcologico dove, come già detto, l'integrazione tra esperienze professionalizzate e non professionalizzate ha dato un originale modo di lavoro conosciuto ormai in buona parte della Sardegna (vedi, su questa rivista nell'area tossicodipendenze, l'intervento scientificamente polemico sull'uso del GHB come farmaco per l'alcolismo).

d) una rivista periodica, Appunti Sparsi, che vuole riflettere e portare contributi all'interno di questo modo di vedere.

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