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IL DELIRIUM TREMENS: LA CLINICA

"Il DT è uno degli stati
morbosi più drammatici di tutta la patologia medica". Con questa sintetica definizione Walton e Kessel, autori del classico "L'Alcolismo", introducono il capitolo sulla più grave tra le manifestazioni astinenziali sugli alcoldipendenti.   

Il DT compare in soggetti con una lunga storia di abuso alcolico;
oltre dieci anni negli uomini, almeno cinque anni nella donna. Secondo la casistica del nostro Centro Alcologico (25 pazienti) interessa quasi esclusivamente gli uomini (23 = 92%), raramente le donne (2= 8%). Può rappresentare l'evoluzione (a 48 ore circa dall'ultima assunzione di alcolici) del cosiddetto tremore alcolico (astinenza non complicata) e dell'epilessia alcolica. 

Tappa intermedia è sovente il predelirium. Emerge talora senza prodromi, al risveglio dopo un intervento chirurgico,
dopo un trauma, in concomitanza ad una malattia infettiva o ad uno stato di grave disidratazione e/o disionia. All'osservatore si presenta un paziente confuso e disorientato, profondamente angosciato
dall'esperienza allucinatoria. Schematizzando, è possibile individuare:   a) turbe psichiche;   b) disturbi neurologici;   c) segni e sintomi somatici.   

a) Turbe psichiche

Stato confusionale e disorientamento rispetto all'ambiente e, soprattutto, al tempo. Sempre presenti disturbi psicosensoriali: illusioni, allucinazioni visive e uditive a contenuto minaccioso, false interpretazioni. 

Il paziente vede animali di piccole dimensioni come topi, rospi, insetti, vermi, pipistrelli oppure mostri mal definibili, sempre minacciosi e aggressivi dai quali inizialmente fugge o che tenta di affrontare. Ma talora, in fase avanzata, lo stesso paziente si rassegna: "E' giunta la mia ora, impiccatemi" ... "So che
state per crocifiggermi, eseguite l'ordine senza perder tempo". 

Altre volte i pazienti possono comunicare allucinazioni più bizzarre come "valigie con la lampo che mi mordono le gambe" o
"lampadari con le prolunghe affilate che stanno per recidermi le orecchie". Più rare sono allucinazioni olfattive (odore di gas, di zolfo o di sostanze in putrefazione), gustative o della sensibilità generale
(punture, sensazione di vermi che strisciano sul corpo). Possono far parte del quadro temi deliranti non sistematizzati o sorretti dai disturbi percettivi, delirio occupazionale con il paziente che propone
la gestualità tipica della sua professione.  L'attenzione del paziente è magnetizzata dal vissuto allucinatorio e unicamente con richiami decisi può esserne distolta. Il pensiero è frantumato nei vissuti
deliranti, il discorso è incoerente e contraddittorio. La memoria è alterata durante e, con grande variabilità individuale, dopo l'episodio. Il paziente è suggestionabile tanto che questa condizione può essere utilizzata dal terapeuta nel tentativo di rassicurarlo. Sono sempre presenti alterazioni del ritmo sonno-veglia, con rapida alternanza tra sonnolenza nei pochi momenti di assenza allucinatoria, in cui il  paziente stremato si abbandona, e l'ipervigilanza finalizzata alla fuga, alla difesa, al prevenire le mosse dei "nemici" che lo perseguitano. 

Il paziente presenta nondimeno un comportamento adeguato al contenuto allucinatorio, per cui non deve stupirci se tenta di evitare il medico volta per volta carnefice, cannibale, sicario o, ancor più, specializzato "ammaestratore dei gatti che devono sventrarmi" e contesti di conseguenza la terapia finalizzata a "iniettarmi il veleno mortale della cricca del falco" o la contenzione che costringe il paziente a subire questa atroce esecuzione.   

Scrive Kraepelin: "Gli ammalati di delirio alcolico non credono soltanto di vedere, di udire, di sentire, ma
vedono, odono e sentono realmente"

Un alcolista così mi descriveva il suo DT, che solo dopo un
anno di sobrietà riusciva, insieme alla moglie, a ricostruire in modo organico e convincente: "Arrivai al pronto soccorso dopo quattro giorni di insonnia; sudavo continuamente, non mi alimentavo e non
bevevo (abitualmente consumava da quattro a cinque litri di vino al dì: n.d.a.) perché tutta la mia attenzione era rivolta verso le ombre che la notte vedevo alla finestra, le stesse che oggi producono
gli eucaliptus mossi dal vento sul lentischio ma che allora alimentavano nella mia mente pensieri e preoccupazioni non governabili. Ombre di possibili nemici della mia famiglia. Io, noi tutti eravamo in pericolo. La notte non dormivo per aspettarli, pronto a difendere i miei figli. La mattina cercavo tra gli alberi eventuali segni della loro presenza e ne fui certo quando trovai alcuni mozziconi di sigaretta e alcune lattine di birra. Dovevo prendere l'iniziativa. Sudato e tremante comincia a scavare una trincea attorno alla casa. Doveva, nelle mie intenzioni, predisporvi una trappola per i nemici. Spiegai il piano a mia moglie e la stessa notte mi portarono all'ospedale contro la mia volontà.   Dal pronto
soccorso, dove avevo individuato due nemici travestiti da infermieri, e pertanto non permisi l'esecuzione di un intramuscolare, mi mandarono nel reparto dove sostai tredici giorni. Venne in
camera un medico spazientito, forse stava dormendo, insisteva nel chiedermi quando ero nato e dove ci trovavamo. Gli dissi di non dire stupidaggini e di programmare la difesa strategica dai
nemici. Neanche lui poteva considerarsi al sicuro. Mi fece contenere. Fu la più disumana tortura che si può augurare a un uomo.  Immobilizzato, incapace di qualsiasi difesa, assediato dai falsi infermieri e da un prete loro complice, sono stato più volte pugnalato, confondevo il tubicino della flebo con una vipera che ero convinto mi dovesse, percorrendo le vene, strappare il cuore. La notte strani uccelli mi circondavano, sembravano condor con dita umane che impugnavano forchette e coltelli, pronti a cibarsi con le mie carni.  Mi dibattevo, urlavo, mia moglie ha notato che nei momenti più drammatici perdevo i sensi per qualche minuto ed in quegli attimi aumentavano i tremori e la sudorazione. No, non si dovrebbe contenere un uomo che vive la sua esecuzione".   

Le allucinazioni visive sono state magistralmente descritte da Edgar Allan Poe nel racconto "Il pozzo e il pendolo" e
delle quali abbiamo proposto un brano in apertura di lavoro.   

b) Disturbi neurologici 

Fanno parte
integrante del quadro clinico del DT iperreflessia osteo-tendinea e tremori a grandi scosse, diffusi, particolarmente evidenti agli arti, capo e lingua, che persistono nei brevi momenti di sonno e
cesseranno quando il DT arriverà alla fase risolutiva. Il sonno prolungato scandisce il miglioramento clinico, il "terminal sleep" degli autori americani rappresenta il viraggio del DT. Nel corso del sonno
prolungato (fino a 48 ore) possiamo avvertire al semplice contatto l'interruzione del tremore, il rilassamento muscolare e rilevare che il paziente è completamente abbandonato e spesso russa.
Anche quando non si evidenziano obiettivamente tremori, però, il paziente spesso si lamenta dichiarandosi "tremante internamente". 

Può anche presentarsi atassico, talora disartrico. Quando
presenti, alcuni riflessi patologici (suzione, prensione e grasping) indicano una seria compromissione cerebrale.   

c) Sintomi somatici associati 

E' sempre presente abbondante sudorazione che, quando
associata a vomito e diarrea, può produrre grave disidratazione. Sono inoltre presenti tachicardia, tachipnea (alcalosi respiratoria), oliguria (con aumento del peso specifico delle urine), midriasi,
iperemia congiuntivale, ipotensione (che può alternarsi con transitorio aumento della pressione arteriosa). La febbre, che non sempre è presente, va controllata e si ricercherà la sua possibile
origine infettiva o traumatica. 

Il DT raramente porta all'exitus; quando ciò avviene è a causa delle defedate condizioni del paziente oppure è dovuto ad una patologia concomitante: polmonite, meningite, ematoma cerebrale, insufficienza epatica, aritmie cardiache, sottovalutate e spesso non
ricercate dal sanitario la cui attenzione è tutta rivolta verso la sedazione dell'alcolista delirante.


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