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I Disturbi del comportamento alimentare e la clinica delle dipendenze: l'esperienza di un servizio per le tossicodipendenze nel trattamento dei disturbi dell'alimentazione.

Considerazioni ed interrogativi

L'esperienza riferita evidenzia un approccio multimodale ai DA sulla base di una interpretazione eziopatogenetica multifattoriale di tipo bio-psio-sociale. Vogliamo in particolare sottolineare alcuni aspetti, di comune riscontro nella clinica delle dipendenze, che risultano particolarmente salienti. Nelle fasi dell'ingaggio terapeutico i committenti possono essere altri ( es. i familiari di una giovane anoressica) dal paziente che può non richiedere nessun intervento. Paradossalmente i pazienti più gravi parrebbero essere i più riluttanti a richiedere un trattamento (Burket & Hodgin, 1993). Strategie motivazionali tipiche della clinica della dipendenza e la cultura del "contratto terapeutico" altrettanto tipica, possono essere strumenti idonei a favorire l'ingaggio e l'adesione al trattamento.Un secondo aspetto da considerare è l'integrazione di terapie farmacologiche e trattamenti psicoterapeutici e psicoeducazionali che secondo quanto riferito in letteratura (Agras et al.,1992; Kennedy & Garfinkel, 1992) consente di migliorare la prognosi e di incrementare gli esiti favorevoli rispetto a trattamenti monomodali, tuttavia ben sappiamo come nei setting privati tale integrazione sia talora oggetto di resistenze ma soprattutto di difficile attuazione gestionale. Inoltre nella nostra pur piccola esperienza sono entrati in trattamento alcuni pazienti (3) che presentavano una grave cronicizzazione del DA e ripetuti insuccessi terapeutici: una dinamica, questa di rivolgersi infine al servizio pubblico, che è facilmente comprensibile data la fascinazione del privato e l'oggettiva carenza in questo settore del Servizio Sanitario Nazionale e che risulta analoga a quanto accaduto soprattutto in passato anche nei disturbi di dipendenza. Studi di follow up d'altra parte rivelano la presenza di sottopopolazioni che rispondono in modo inadeguato od insufficiente ai trattamenti (Steinhausen et al.,1993; Norring et al.,1993; e che pertanto richiedono trattamenti più intensivi (Fahy & Russell, 1993). Diversi studi (Herzog, 1991) mettono in evidenza la potenziale cronicità dei DA (Ward et al. 1993 ) con alti tassi di ricadute (mediamente attorno al 30%, Olmsted et al. 1994) e persistenza di sintomatologia subclinica. La continuità dell'intervento, pertanto, mediante la definizione di obbiettivi mirati e proporzionati alle risorse del paziente (APA, 1993), è un fattore decisivo nella prognosi dei disturbi del comportamento alimentare. Nella nostra esperienza diversi pazienti anoressici gravi avevano alle spalle numerosi trattamenti interrotti di propria iniziativa. Nell'ambito di questa strategia sarà quindi importante consentire che interruzioni del trattamento non coincidano con il vissuto di una conclusione definitiva, che i familiari possano mantenere un contatto organizzato con i terapeuti per monitorare i momenti opportuni per facilitare una riammissione, così come avviene nella clinica delle dipendenzeForse è possibile riflettere anche per i DA su un concetto come quello di riduzione del danno, posto che i dati epidemiologici riferiscono di un reale e non artefatto incremento della prevalenza dei disturbi e che i DA rappresentano un ambito della malattia mentale dove il tasso di morte è particolarmente elevato, stimato nel sottogruppo dell'AN attorno al 5-9% (Eckert et al., 1995; Sullivan, 1995) ed oltre Ratnasuriya et al., 1991)I sert che adottano questi modelli operativi sono in via teorica candidati eccellenti ad assumere questo ruolo per la multidisciplinarità degli operatori e per la pratica fortemente protesa alla molteplicità e all'integrazione degli interventi tipica della clinica delle dipendenze.Sostengo allora che l'esperienza relazionale maturata nella clinica delle dipendenze, tesa a facilitare l'adesione al trattamento ma anche sufficientemente flessibile per sostenere le ambivalenze del paziente ed affrontare le ricadute, realizza un know how terapeutico decisamente superiore a quello riscontrabile nei tradizionali reparti medico-internistici.( ...E - ritengo - anche negli ambiti psichiatrici dove il rifiuto delle cure può trovare soluzione nel TSO. Una nostra grave paziente anoressico-bulimica, per l'appunto ricoverata presso una Clinica Psichiatrica Universitaria fu in seguito al rifiuto delle cure e dell'alimentazione parenterale ricoverata in TSO e vincolata. Senza entrare nel merito dell'episodio, che peraltro potrebbe avere legittime giustificazioni cliniche ma che comunque ha compromesso in seguito l'adesione al trattamento, mi preme sottolineare che i problemi di compliance nei disturbi dello spettro schizofrenico e più in generale psicotico, sono ben differenti da quelli riscontrabili nei disturbi di dipendenza o del comportamento alimentare e richiedono approcci differenti).

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