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Non luogo a procedere nei confronti del dottor Giorgio Inzani

 

Roberto Spagnoli

 

Lo scorso 10 aprile il giudice milanese Claudio Castelli ha decretato il non luogo a procedere nei confronti del dottor Giorgio Inzani, medico, esponente radicale gia’ consigliere regionale, accusato di prescrizione "non terapeutica" di metadone.

La vicenda giudiziaria del dottor Inzani aveva avuto inizio il 10 ottobre

del 1997 quando, presso la sua abitazione si presentarono tre agenti della

polizia giudiziaria con un "decreto di perquisizione locale e personale"

autorizzati ad agire anche al di fuori dei limiti di tempo previsti poiche’, secondo il mandato, sussistevano "particolari ragioni d’urgenza dovute alla possibilita’ che le matrici delle ricette vengano distrutte od occultate". In realta’ le matrici erano custodite presso lo studio medico dove vennero senza alcuna difficolta’ consegnate agli agenti. Secondo l’informazione di garanzia, il dottor Inzani risultava indagato in quanto imputato "del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. C.P. (continuazione), art. 83 D.P.R. n. 309 T.U.L. stupefacenti (prescrizione non terapeutica) con riferimento all’art. 73, c. 1, D.P.R. 309 (spaccio), perche’ con pi—azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, quale medico chirurgo, rilasciava a [omissis] ed altre persone non identificate, prescrizioni di metadone per uso non terapeutico; metadone, sostanza stupefacente di cui alla tab. 1a prevista dall’art. 14 della legge medesima. Commesso in Milano e dintorni dal gennaio 1995. Fonti di prova: segnalazione della Az. U.S.L. 36 in data 1/7/96". Al di la’ dell’ostico linguaggio "giuridichese" il dottor Inzani era accusato, in pratica, di essere uno "spacciatore di droga" e rischiava una pena severissima.

Cio’ che parve essere alla base dell’accusa erano gli articoli del decreto del ministro della Sanita’ De Lorenzo n. 445/90, che fissavano "i limiti e le modalit… di impiego dei farmaci sostitutivi", superati dal referendum del 18 aprile 1993 che aveva ripristinato l’autonomia terapeutica dei medici nella curare dei pazienti tossicodipendenti. Il provvedimento era rivelatore anche del pregiudizio che la sola terapia metadonica definibile come tale fosse il trattamento a scalare in tempi brevi, o comunque definiti a priori, e con la finalita’ della disintossicazione.

Pochi giorno dopo la perquisizione, il 14 ottobre, il dottor Inzani all’interrogatorio mise a disposizione la documentazione necessaria a comprendere l’ambito nel quale andavano considerate le prescrizioni farmacologiche effettuate. La documentazione tra l’altro comprendeva una ricostruzione dell’iniziativa politico-giudiziaria e medica sulla potesta’ terapeutica condotta da Giorgio Inzani a partire dal 1991 e fino alla vigilia del referendum; un documento concernente la "Vertenza sulla liberta’ terapeutica" a cura della dottoressa Mariagrazia Fasoli che evidenziava come la liberta’ di curare sia "relativa la medico e non al farmaco"; la circolare del ministero della Sanita’ del 1994 "Linee Guida per il trattamento della dipendenza da oppiacei con farmaci sostitutivi".

Successivamente, il 5 novembre 1997, l’avvocato difensore Franca Angiolillo presento’ una memoria istruttoria con allegati altri documenti tra cui l’ordinanza del TAR della Lombardia che aveva sospeso alcuni articoli del Dm 445/90 su ricorso dottor Inzani e della dottoressa Fasoli, la delibera del Consiglio dell’Ordine dei Medici della Provincia di Milano a sostegno del ricorso del dottor Inzani al TAR della Lombardia e la lettera con cui nel 1994 la Usl 64 invito’ il dottor Inzani, che aveva inviato al Sert di Monza un suo paziente perche’ fosse sottoposto a terapia metadonica, "a prescrivere direttamente il farmaco presso una farmacia del territorio".

In precedenza, il Pubblico Ministero aveva sottoposto al giudice per le indagini preliminari la richiesta di rinvio a giudizio per Giorgio Inzani.

Secondo i termini di legge il Gip avrebbe dovuto fissare l’udienza preliminare, per convalidare o no la richiesta del Pm, entro il 23 novembre

1997. La prima udienza si e’ svolta pero’ solo lo scorso febbraio. Il giudice Claudio Castelli, dopo aver ascoltato il dottor Inzani, si e’ riservato altro tempo per decidere e per acquisire ulteriori elementi di valutazione ha fissato una nuova udienza per il 10 aprile, durante la quale sono stati ascoltati anche tre pazienti tossicodipendenti del dottor Inzani. Dopodiche’ ha deciso per il non luogo a procedere nei confronti dell’accusato.

Occorrera’ ora leggere le motivazioni della decisione, annunciate entro sessanta giorni, ma intanto credo si possa dire che la sentenza costituisce senz’altro un precedente importante dalla parte del diritto positivo, della liberta’ dei medici e del diritto dei cittadini alle cure.


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