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MARCOBELLOCCHIO: Brevi note su vita e opere


Francesco Scarsi e Guglielmo Fornasero

1-Glianni della formazione

2-L'impegnopolitico

3-Unnuovo tipo di cinema

4-Lafollia come sovversione

5-Dueeroi romantici


4-Lafollia come sovversione


Nel 1984 esce “Enrico IV”, rivisitazione originaledell'opera pirandelliana, dove il folle che si credel'imperatore di Germania scomunicato da Gregorio VII simboleggial'impossibile liberazione da una società borghese chiusae definita dai ruoli e dalle maschere che ognuno indossa (“...dellanecessità della maschera per difendersi, sopravvivere evivere.” M.B.) e nelle quali ognuno chiude la sua vita, mentrela sua pazzia è un'apertura di orizzonti al sogno, algioco, alla risata, alla differenza, che contrasta con la miseriadegli altri personaggi.

Dopo un breve documentario sui toreri (“Un romain dansl'arene”-1984), realizzato su commissione dellatelevisione francese, che ha come fulcro il rapporto uomo-natura e ilrito sacrificale, Bellocchio realizza il film “Diavolo incorpo” (1986), che si presenta nel titolo come un remake delfilm di Autant-Lara, ma in realtà tratta di una vicendadifferente, la storia d'amore fra due giovani e il contrasto traquesto amore e la società, rielaborando in veste contemporaneatemi molto cari al regista: la famiglia, la legge, la scuola, lapsichiatria (intese come deboli leggi umane dell'ordine e dellaragione) in rapporto e contrapposizione con la follia (ridotta oggi apura malattia, ma che rappresenta, nell'immaginario dell'autore,grido d'amore arcaico, messaggio disperato e onnipotente,pulsione primitiva ed eterna).

Se in “Diavolo in corpo” la follia è natura,desiderio, sovversione, nel film successivo, “La visione delsabba” (1988, in cui Bellocchio raccoglie e rielabora, comegià nella precedente opera, le teorie e le suggestioniintellettuali dello psicoanalista M. Fagioli), il regista continua lasua riflessione rielaborando il tema classico della strega emostrando non più la follia della normalità (“EnricoIV”), ma, al rovescio, la semplicità e la bellezza di unafollia intesa come adesione piena alla propria natura, perfettaintesa dell'Io con il corpo desiderante e con l'inconscio,e che appare alla società dei “normali” come perditadi identità, mentre è semplicemente perdita di unamaschera.

Nel 1991 esce “La condanna”, film di generepamphlettistico ( già visitato da Bellocchio con “Sbattiil mostro in prima pagina”) costruito a partire da un caso dicronaca, quello del professor Popi-Saracino, accusato di violenzasessuale da parte di una sua studentessa. Il regista prova adaffrontare un problema sociale ampio ed attuale (lo stupro)attraverso le teorie psicoanalitiche provenienti da seminari e gruppidi studio organizzati da Fagioli, presentando una visione del grande,ambiguo, misterioso universo del rapporto uomo-donna, in cuiattrazione e repulsione realizzazione ed autodistruzione,soddisfazione e frustrazione sono coesistenti ed indispensabili.


5-Dueeroi romantici


Il sogno della farfalla”, realizzato nel 1994sempre con la collaborazione di Fagioli (autore del soggetto e dellasceneggiatura), è una sorta di poema visivo che annulla ognilogica narrativa (lo sviluppo di una storia, la costruzione delpersonaggio, dello spazio e del tempo filmico, l'eliminazione diogni suono realistico), per affidarsi ad immagini bellissime esuggestive che racchiudono il percorso della poetica bellocchianaultima: un cinema in cui coscienza ed inconscio si avvicinano semprepiù, fino a lambirsi pericolosamente, comunicando l'incertezzasull'esistenza di una realtà contrapposta ad unaallucinazione. Il film, dove non accade nulla e dove tutto ègià dato dall'inizio (un ragazzo ha deciso di non parlarese non recitando sul palcoscenico brani di opere teatrali di Sofocle,Shakespeare, Kleist, mentre qualcuno accetta il suo silenzio,qualcuno lo rifiuta, qualcuno cerca di comprendere), propone unariflessione sulla resistenza al conformismo e alla normalizzazione(che non si esprime più attraverso la lotta politica, ma nellaricerca e salvaguardia di sé), sulla parola che non dice nullae sul silenzio che parla nel profondo, sulla debolezza e sulla forza,sulla dolcezza e sulla violenza, sulla sapienza e sulla stupidità.

Nel 1995 Bellocchio va ad intervistare gli ex contestatori del 68 egli ex brigatisti rossi e ne trae una coraggioso documentario (“Sogniinfranti, ragionamenti e deliri”), da cui emerge un panoramadello sconfortante presente e del terribile passato: allora, unacertezza che conduceva al delirio, ora, un vuoto che conduce allosgomento.

Il principe di Homburg di Heinrich von Kleist”(1997- che porta nel titolo il nome dell'autore per distinguersidalla versione cinematografica di G. Lavia del 1983) è ildramma di un giovane principe che per aver lanciato la sua cavalleriaall'attacco senza attendere l'ordine viene condannato amorte e, quando gli viene offerta una grazia disonorevole, decide diaffrontare la sua sorte. La figura dell'eroe romantico che siribella alle regole ferree della disciplina militare incarna ilconflitto tra autorità e libertà, obbedienza eribellione, razionalità e impulsività, esigenzadell'ordine e confusione, incertezza, irruenza. E la sconfittacon cui si chiude il film (il principe sopravvive ma solo dopoessersi assoggettato all'autorità del sovrano, cioèalla legge del padre) lascia intravedere una nuova convinzione: chesi possa essere ribelli e anticonformisti nella dimensione interiore,più radicale e profonda.



RIFERIMENTIBIBLIOGRAFICI



BernardiS., “Marco Bellocchio”, Il Castoro Cinema, Milano, 1998


DiGiammatteo F., “Nuovo dizionario universale del cinema”,Editori Riuniti, Roma, 1994


MereghettiP., “Dizionario dei film 1998”, Baldini & Castoldi,Milano, 1997


TornabuoniL., “Homburg, un ribelle al chiaro di luna”, su LA STAMPAdel 09/05/97


TornabuoniL., “Bellocchio: il ribelle sceglie il silenzio”, su LASTAMPA del 11/05/94

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