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IL GRUPPO DI LAVORO GIUSTIZIA E PSICHIATRIA (G.L.G.P.) DEL DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE DELL'AZIENDA SANITARIA DI FIRENZE

Gemma Brandi

Dirigente psichiatra D.S.M.-A.S. di Firenze

Coordinatore del G.L.G.P.

PREMESSA

La psichiatria, nata all'interno del carcere e quindi in pieno diritto penale, è stata, tra le scienze della cura, quella che maggiormente si è prodigata per l'affermazione dei diritti civili dei malati. Questa sua posizione strategica, e insieme rischiosissima, tra cura, pena e diritti, non risulta sufficientemente denominata e riconosciuta, né adeguatamente sfruttata dagli stessi psichiatri, al punto che ormai la psichiatria, in quanto tale, sembra avviata ad un rapido collasso. Affermo tutto ciò consapevolmente, ma con un certo smarrimento, che non discende dal timore di una evoluzione possibile in questo settore -basti pensare alla miriade di centri di accoglienza e di comunità, nascenti o sperimentati, al fiorire di un privato sociale talora efficace e in ogni modo volenteroso, al sorgere di nuove professioni. La mia preoccupazione è che si perda il contatto con lo snodo potenzialmente prodigo che prima individuavo al crocevia tra cura, pena e diritto, snodo di una emergenza pensata, che non esclude la coabitazione di momenti a tutta prima antitetici e comunque separati. Se la disponibilità a prendersi cura, a farsi carico della sofferenza dell'altro, proprio mentre introduce il concetto di responsabilità reciproca non esclude il ruolo della coazione, anche penale, quest'ultima non deve, pur potendolo talora, azzerare i diritti: il diritto alla cura, al lavoro, al piacere, allo scambio, alla crescita, all'amicizia, all'amore, alla maternità e alla paternità, alla parola, alla cultura, alla scelta, al rispetto, alla vita insomma. Essere privati della libertà di movimento e di comunicazione, subire un controllo, un divieto, una coercizione, stare in carcere, tutto ciò non significa abbrutimento, dovrebbe piuttosto comportare rigore nell'applicazione della norma civile. Il diritto penitenziario, come diritto a sé, va ricollocato tra i due universi separati della pena e dei diritti civili, non tanto nel senso di una riduzione acritica della pena, quanto in quello di una maggiore attenzione al riconoscimento dei diritti civili del detenuto.

Con questa premessa rinnovo la mia critica ‘naïf' alla separazione tra diritto penale e diritto civile, tra coazione e cura, e segnalo come il movimento punitivo che sembra andare per la maggiore, per quanto sembri antitetico al nostro discorso, punti invece allo stesso risultato: salvaguardia dei diritti e quindi una diversa presenza operativa in carcere -nel settore sanitario, ad esempio- garantiscono la certezza della pena più di ogni scelta vendicativa.

Per introdurre le ragioni che ispirarono la nascita del G.L.G.P. -in origine G.O.P.eG., quindi G.I.P.G.- è necessaria un'altra breve riflessione.

Stanco di ideologie forti, quando non prepotenti e ostili, abbandonata ogni tentazione di fuga verso astratte interpretazioni, sfiancato dal giogo del quotidiano, l'uomo tenta di riacquistare il diritto di esprimere una opinione a partire da ciò che fa per lui problema, da quanto conosce bene, dalle sue pratiche. Una simile concretezza del pensiero, forse più facilmente esternata nell'universo virtuale, sentita moltissimo dalle donne, comunque affiorante, desta curiosità e timore -quest'ultimo soprattutto nel nocciolo duro della politica e dell'amministrazione che si pretende tuttopensiero, mentre non è neppure pratica, che soffre di un eccesso di rappresentanza, che manifesta opinioni presuntuose e uno scarso adeguamento al principio di realtà. L'idea di una partecipazione critica del cittadino alla formulazione e alla evoluzione della norma è abbastanza eterodossa anche per una quota ingessata di teorici del diritto, che molto avrebbero da guadagnare da una loro maggiore attenzione ai bisogni autentici. Colmare la diastasi tra pratica e teoria farebbe in verità un gran bene a tutti.

E' sempre più attuale e patente l'inclinazione dei cittadini, ad esempio, a regolare da soli le questioni connesse alla microcriminalità; delle amministrazioni a darsi interpretazioni della norma che diventano norma d'uso. Tale sorta di anarchia nell'applicazione della regola rivela, di questa, la forza e la debolezza, l'utilità e la gratuità, rappresenta la vera vita della norma. Si tratta della fase in cui la elaborazione del diritto, che dalla vita dovrebbe trarre la sua ragion d'essere, prende vita: un banco di prova della norma di straordinario valore, per quanto guardata con supponenza dal teorico del diritto, da colui che rammenta, peraltro opportunamente, come della stessa non sia il caso di fare strage e soffre nel vederla fin troppo interpretata. Anche nel campo del diritto occorrerebbe semplificare, ripulire, azzerare e ripartire, ammettere un dinamismo ben lungi dall'accumulo statico e paralizzante di regole in un sistema che, come accade per gli ordini di servizio all'interno di un carcere, non contempla che la nuova disposizione sia preceduta dalla revoca di quella vecchia, pur risultando la prima in aperto o velato contrasto con l'ultima.

ISTITUZIONE, COSTITUZIONE, SCOPI E MODALITA' OPERATIVE

Fu proprio la necessità di dire qualcosa a partire dalla pratica psichiatrica, dai problemi che vi si incontrano sul crocevia cura-pena-diritto, che spinse l'allora direttore del Dipartimento di Salute Mentale (D.S.M.) dell'Azienda Sanitaria (A.S.) di Firenze, dottor Carmelo Pellicanò, a istituire, il 18 Giugno 1996, il Gruppo Operativo Psichiatria e Giustizia (G.O.P.eG.), poi diventato Gruppo Interdisciplinare Psichiatria e Giustizia (G.I.P.G.) e infine Gruppo di Lavoro Giustizia e Psichiatria (G.L.G.P.).

L'attuale composizione del G.L.G.P. è la seguente: coordinatore, Gemma Brandi, psichiatra; membri: Silvia Bitossi, Massimo Cantele, Paolo Carcasci, Francesco Degl'Innocenti, Orlando Granati, Mario Jannucci, Cristina Pucci, Stefano Salvatori, psichiatri; Riccardo Lo Parrino, neuropsichiatra infantile; Lea Lucchesi, psicologa;: Pietro Gagliani, assistente sociale. Gli psichiatri sono espressione dei nove Moduli Operativi Multidisciplinari (M.O.M.) nei quali si articola il D.S.M. dell'A.S. di Firenze, che gestisce l'assistenza sanitaria di circa ottocentomila persone.

Con il fine di trovare risposte omogenee e ponderate ai problemi emergenti sullo snodo, complesso e scarsamente indagato, delle pratiche psichiatrica e giuridica, furono individuati dei filoni di sviluppo:

1) il rapporto con le istituzioni penitenziarie, comprese quelle di internamento (Ospedale Psichiatrico Giudiziario e Casa di Cura e Custodia);

2) il rapporto con le istituzioni giudiziarie locali;

3) il rapporto con la norma civile relativa al diritto del malato di mente;

4) il rapporto con le forze dell'ordine.

Il tutto nella speranza di stabilire protocolli operativi che rendessero migliore l'assistenza nel settore e insieme fornissero a coloro che se ne occupano direttamente -familiari e figure terapeutiche- uno strumento per orientarsi nel labirinto delle norme, spesso enigmatico per gli stessi addetti ai lavori. Occorreva pertanto definire e approfondire le situazioni problematiche, quindi tentare, con l'opportuna modestia, di venirne a capo.

Il G.L.G.P., presentato per la prima volta al pubblico nel III°-IV° numero della rivista Il reo e il folle, ha operato attraverso l'individuazione prima, l'approfondimento poi degli argomenti, lavorando in sottogruppi elettivi e fruendo della collaborazione di esperti che hanno offerto gratuitamente il loro prezioso contributo. Le acquisizioni raggiunte nei sottogruppi sono state quindi portate all'attenzione del Gruppo allargato, per la discussione e la elaborazione di proposte comuni, da diffondere successivamente ai vari M.O.M. e da sottoporre al parere del Direttivo del D.S.M.. Purtroppo il tempo a disposizione dei singoli membri è stato scarsissimo poiché, al di là della volontà del Direttore del D.S.M. di incoraggiare questo lavoro, il fatto di riconoscerne la funzione necessita di tempi lunghi e sono da mettere in conto resistenze pregiudiziali ad afferrarne l'utile. Ciò ha rappresentato il limite più consistente dell'attività; d'altra parte, l'assegnazione anche di un piccolo tempo per tale compito, ha creato attrito nelle équipes cui venivano così sottratte energie da destinare alla routine.

L'attività del G.L.G.P., programmata di anno in anno, è stata sottoposta a verifica con la stessa scadenza.

OBIETTIVI E RISULTATI

Tra gli obiettivi che il G.L.G.P. si è posto ce ne sono stati di occasionali e di programmati, di andati a buon fine e di abortivi. Tra quelli abortivi ce ne sono stati di non conclusi, che restano comunque da concludere, e di abbandonati (Tavola 1).

Tavola 1

A) Obiettivi programmati andati in porto

A.1) Protocollo di rapporto tra D.S.M. dell'A.S. di Firenze e O.P.G. di Montelupo F.no

A.2) Alternative all'internamento e alla detenzione per il malato di mente autore di reato

A.3) Organizzazione dell'assistenza psichiatrica interna nell'ambito del progetto di ‘Riordino della medicina penitenziaria' di cui al D.L. 230/99

A.4) Corso per la Polizia Municipale sui T.S.O.[2]

A.5) Corso per le Forze di Polizia (P.M., P.S., Carabinieri, Agenti di Pol.Pen.) sui T.S.O.

B) Obiettivi programmati abortivi

B.a) Obiettivi programmati abortivi da concludere

B.a.1) Protocollo per la regolamentazione dei ricoveri giudiziari e penitenziari nei S.P.D.C. dell'A.S. di Firenze

B.a.2) Valutazione epidemiologica del disagio psichico recluso o internato tra i residenti nel territorio dell'A.S. di Firenze.

B.a.3) Intervento conoscitivo sul disagio psichico che comporta la detenzione di minorenni

B.a.4) Protocollo per i T.S.O. sul territorio dell'A.S. di Firenze

B.a.5) Tutela e curatela del malato di mente

B.a.6) Iniziativa seminariale che presenti il G.L.G.P

B.b) Obiettivi programmati abortivi abbandonati

C) Obiettivi occasionali andati in porto

C.1) Proposta di legge cosiddetta delle Regioni per la chiusura degli O.P.G.

D) Obiettivi occasionali abortivi

D.a) Obiettivi occasionali abortivi da concludere

D.a.1) Indirizzo, sostegno e formazione delle possibili forme di autoaiuto nel settore della sofferenza psicopatologica trasgressiva

D.a.2) Rapporti tra D.S.M. e Forze Armate per l'assistenza a militari affetti da turbe psichiche

D.a.3) Progetti di intervento per pazienti con doppia diagnosi

D.b) Obiettivi occasionali abortivi abbandonati

D.b.1) Adozione di un protocollo omogeneo nel D.S.M. per il rispetto della normativa sulla privacy

D.b.2) Collaborazione tra Università e carcere finalizzata a un intervento clinico-conoscitivo nella realtà penitenziaria

 

 

PRESENTAZIONE DEL LAVORO SVOLTO

A.1) Protocollo di rapporto tra D.S.M. dell'A.S. di Firenze e O.P.G. di Montelupo F.no

Oggi che sembra non più remota la possibilità che gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari vadano verso una conversione o una chiusura, risulta davvero desueto delegare completamente all'apparato giudiziario la gestione di condotte antisociali sintomatiche. Un simile atteggiamento ha caratterizzato in larga parte, finora, i rapporti tra strutture psichiatriche del S.S.N. e istituzioni psichiatrico-giudiziarie. Abbiamo pertanto elaborato un protocollo di intervento del D.S.M. presso l'O.P.G. di Montelupo F.no, relativamente all'utenza dell'A.S. di Firenze lì ristretta, protocollo che, nel rispetto dell'autonomia di gestione della cura da parte dei responsabili dell'O.P.G., introduce lo psichiatra territoriale come fautore dei progetti praticabili di reinserimento e apre spazi di collaborazione da verificare. Tale protocollo è stato pubblicato nel VI° numero della rivista Il reo e il folle.

Il principio della tendenziale omogeneità dell'assistenza sposa, in questa prospettiva, gli altrettanto importanti principi della continuità della cura, della presa in carico, del progetto terapeutico individualizzato. Si avvertiva, inoltre, l'esigenza di smantellare un atteggiamento vittimistico e rivendicativo maturato negli anni tra gli operatori dell'O.P.G., che dopo avere a lungo sopportato da soli il peso di una gestione onerosa delle forme più ostiche di malattia mentale, avevano cominciato a scaraventare sui servizi territoriali, come proiettili impazziti, soggetti giunti alla fine della misura di sicurezza, ma spesso lontani da una compliance terapeutica. Esserci, durante il soggiorno in O.P.G., accanto al paziente, avrebbe potenzialmente consentito ai DD.SS.MM. di dire la loro anche sulle dimissioni facili.

Il protocollo doveva comunque risultare uno strumento agile, che non sovraccaricasse i servizi, già stremati dalle richieste provenienti dall'esterno. Uno strumento soggetto a semplici verifiche a scadenze precise, da considerare come un ‘work in progress', passibile di revisioni e integrazioni che fossero maturate nel corso della sua applicazione ed estensibile ad altre realtà penitenziarie che ospitassero internati.

Le medesime determinazioni contenute nel documento sono state fatte proprie successivamente dalla Regione Emilia-Romagna per i rapporti tra quei DD.SS.MM. e l'O.P.G. di Reggio Emilia.

Per carenza di tempo non si è dato seguito al progetto di formazione comune e alla realizzazione di un punto di incontro, di scambio e di confronto con le famiglie, con il volontariato, con gli operatori coinvolti nel trattamento intra-murario e territoriale degli internati, con chiunque fosse interessato a fornire il proprio contributo alla soluzione dei gravi problemi dell'internamento giudiziario o a chiedere sostegno e aiuto in tal senso. Questo ufficio avrebbe dovuto provvedere a stabilire contatti operativi con i vari servizi coinvolti e a promuovere iniziative di sensibilizzazione e di segnalazione istituzionale, costituendosi come snodo di orientamento e di stima obiettiva.

Il protocollo, deliberato il 19 Dicembre 1997, è stato sottoposto a tre verifiche, complessivamente soddisfacenti, a distanza di sei mesi, di un anno e di due anni dal suo varo.

Contestualmente a tale progetto programmato, ne ha avuto avvio un altro, occasionale questa volta, riguardante la stesura di un articolato di legge per superare le strutture di internamento giudiziario.

C.1) Proposta di legge cosiddetta delle Regioni per la chiusura degli O.P.G.

Il progetto, che è stato integralmente pubblicato nel numero III°-IV° della rivista Il reo e il folle, ha girovagato per il Parlamento dal 1997 e, nel 1999, è passato al vaglio di una commissione nominata dal Ministero della Giustizia, che ha apportato le modifiche ritenute opportune. Pare che, una volta rivisto, sarebbe divenuto proposta di legge governativa. Così non è ancora stato.

Successiva e programmata, sempre in relazione con il tema dell'internamento, è stata la disamina, nel 1998, forse anche per avere la meglio sulla morosità del legislatore in materia di superamento degli O.P.G., della possibilità di creare alternative al soggiorno giudiziario del folle autore di reato. Per la prima volta un progetto non stabiliva nette separazioni tra internati e detenuti. Da questa iniziativa è nata, nel 1999, una proposta di ricerca e sperimentazione finanziata in parte dal Ministero della Sanità, una proposta a carattere interregionale -Toscana ed Emilia-Romagna. Il testo approvato comparirà nel prossimo numero de Il reo e il folle.

A.2) Alternative all'internamento e alla detenzione per malati di mente autori di reato

Contemporaneamente alla realizzazione della proposta di ricerca, sono state analizzate, dall'A.S. di Firenze, le necessità assistenziali delle strutture penitenziarie cittadine, ai fini dell'applicazione del Progetto Obiettivo del D.L. 230. I risultati di questo lavoro compaiono nel presente numero della rivista. Il G.L.G.P. ha esteso la parte relativa all'intervento intramurario nel settore della salute mentale -che comparirà nel prossimo numero de Il reo e il folle e di cui diamo di seguito il sommario- e ha partecipato alla commissione nazionale intergovernativa incaricata di formulare il Progetto Obiettivo Nazionale di applicazione del D.L. 230 -una stesura del quale è pubblicata in questo numero della rivista- che contiene un capitolo forte sulla tutela e sulla promozione della salute mentale negli istituti di pena.

A.3) Organizzazione dell'assistenza psichiatrica interna nell'ambito del progetto di ‘Riordino della medicina penitenziaria' di cui al D.L. 230/99

Tra le proposte immediate avanzate dall'A.S. di Firenze alla Direzione del carcere cittadino, c'è quella di una valutazione epidemiologica del disagio psichico ivi recluso. La proposta è stata accolta sia dalla Direzione del N.C.P. di Sollicciano che da quella dell'O.P.G. di Montelupo F.no, ottenendo poi l'approvazione del Provveditorato per la Toscana del D.A.P. e degli Uffici Detenuti e Trattamento e Studi e Ricerche del D.A.P. stesso. Questa sarà pubblicata nel prossimo numero della rivista Il reo e il folle.

B.a.2) Valutazione epidemiologica del disagio psichico recluso o internato tra i residenti nel territorio dell'A.S. di Firenze

D'altra parte, il riconoscimento dell'entità della psicopatologia reclusa, è indispensabile se si intende dare a questo misconosciuto problema una risposta adeguata. Ciò anche in previsione dell'applicazione del D.L. 230 e del futuro ridimensionamento delle strutture che ospitano internati, con ovvia crescita della domanda psichiatrica oltre le sbarre. Anche la circolare 577373/99 del D.A.P. sembra andare in questa direzione, affidando agli istituendi Servizi Psichiatrici Interni il compito di valutare sul campo l'entità della questione psicopatologica.

E' in corso un tentativo di stima del problema trasgressivo tra i minorenni, che sembra suscitare interesse per la grande vicinanza, nel settore minorile, tra mondo penitenziario e mondo giudiziario, e per l'ampia disponibilità che il potere-sapere giudiziario ha nei confronti di proposte di approfondimento serie, disponibilità che mitiga certa reticenza strutturale del potere-sapere penitenziario, specie periferico.

B.a.3) Intervento conoscitivo sul disagio psichico che comporta la detenzione di minorenni

Lavorano al progetto una psicologa e un neuropsichiatra infantile, nel contesto interdisciplinare del gruppo.

Concomitante a questa attività è andata avanti quella per la stesura di un protocollo che regolamenti i ricoveri giudiziari e penitenziari nei S.P.D.C. cittadini. Il lavoro si è arenato per mancanza di tempo da dedicarvi. Si tratta in ogni caso di un compito estremamente importante, che intendiamo portare avanti per essere questo potenzialmente utilissimo alla pratica quotidiana dall'entrata in vigore dell'attuale c.p.p.. Un protocollo di intesa tra istituzioni giudiziarie, penitenziarie e psichiatriche, definito a livello di azienda, potrà rivelarsi indubbiamente di grande aiuto.

B.a.1) Protocollo per la regolamentazione dei ricoveri giudiziari e penitenziari nei S.P.D.C. dell'A.S. di Firenze

Accanto a questo filone penalistico, un altro se ne è sviluppato che ha più a che fare con il diritto civile.

La debolezza della norma che regola gli interventi sanitari coatti ha determinato una selva interpretativa che si muove tra la pedissequa applicazione delle parti meno incerte degli articoli 33, 34, 35 della 833, a costo di rischi scontati per la persona sofferente, l'esclusione di alcune possibilità con procedura vaga e una distanza operativa abissale dall'articolato. La difficoltà di muoversi in questo intrigo per l'operatore di frontiera e il rischio non improbabile per lui di incorrere in sanzioni pesanti, ci hanno indotto a costruire un protocollo funzionale, sottoposto al lentissimo vaglio di organismi burocratici.

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