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BOLLETTINO FENASCOP

Roberta Antonello

Premessa
Venti annifa la 180 concludeva un lungoprocesso di critica alle istituzionimanicomiali, alla gestione in luoghidiversi, separati, chiusi, dellamalattia mentale. Aveva fine il ricoverodefinitivo del folle.
Il riccodibattito che aveva preceduto la legge aveva visto accanto acriticheradicali del manicomio anche pensieri e pratiche che dissestavanoil meccanismoculturale dell'esclusione: per questo rinnovamentiassistenziali come lapsichiatria di settore, nata in Francia con indubbiericadute positive nelcampo della ricerca e della clinica, venivanoguardate con sospetto, esportazionedel potere medico sul territorio,medicalizzazione di quanto era inveceda collegarsi al sociale. Lecomunità inglesi subivano la stessacritica, controllo degliinternati attraverso manipolazione (vedi la relazionedella Segreteriauscente del primo congresso di Psichiatria Democraticadel 1976).
Orache senso ha parlare di questo? La psicoanalisi fu presto recuperatadamolti portavoce di Psichiatria Democratica. La dimensionepsicodinamica,l'aspetto tecnico, ricercato, nuovi psicologi e psichiatrisono cresciutitra scuole di formazione diverse, spinti da un messaggio chepenalizzavacome ideologico proprio l'aspetto politico, ideale di quelmovimento.
Ora è bene invece ricordarsene nel momento in cuicome psichiatrie tecnici raffiniamo i nostri strumenti, ne inventiamo dinuovi, riceviamorisorse stimolanti dall'enorme crescita della ricerca incampo biologico,ma siamo comunque dentro un contesto politico e socialeche può condizionarela nostra capacità di cogliereglobalmente l'estrema difficoltà,la delicatezza e laproblematicità del nostro ruolo e del mandatoche ci vienedato.
Questo è tanto più importante nel momento in cuiaffrontiamoil problema della residenzialità, risorsa agognata,rifugio sicuro,riconoscimento di bisogni e risposti a questi, bisogni deipazienti, bisognidel contesto, bisogni nostri.
Le indicazioniall'intervento residenziale devono prima di tutto verificarea quellibisogni rispondono, perché l'intrecciarsi di bisognidiversiè possibile ma va tenuto a livello di coscienza, vapercepito e nondimenticato per non ritrovarsi nelle antiche mura. Noi enostri pazienti.
Parto da questa osservazione forse un po' pesante inquesta epoca di certezze,di razionalità, di superamento diideologie, ma ritengo indispensabileproprio per delimitare le indicazioni,per farmi capire.

Quale contesto

Il primo punto chequindi mi pongo è da che contesto ed in qualecontesto nasce lanecessità di una esperienza residenziale: cosafare perchél'indicazione sia veramente opportuna per l'utente.
La necessitàdi un'esperienza vitale positiva, la necessitàdi un campoistituzionale come lo concettualizza Correale, di una residenzaemotiva(Zapparoli), di una psicoterapia istituzionale (Racamier) per psicoticihanon solo a che vedere con la diagnosi, ma risente in maniera piùomeno rilevante del contesto.
Mi riferisco ad esempio al moltiplicarsidi richieste di intervento residenzialeper persone giovani per lopiù con gravi problemi di comportamento,agiti pericolosi, scarsa onulla motivazione al cambiamento e allacuriosità,creatività, voglia di guardarsi dentro e fuori. Laloro situazionepatologica risente di carenze a tutto campo, dalle primerelazioni con lamadre e la frequente assenza paterna alla perversione diun contesto prontoa rispondere più a necessità difensive eregressive che adaiutare la costruzione di una persona.
Scuola,lavoro, modelli culturali, occasioni di socializzazione, messaggihannocontribuito a perpetuare la povertà e le difficoltàdipartenza. L'esperienza residenziale, sicuramente indicata, si deveconfigurarecome un'esperienza ricca ma deve comprendere un'intervento nelcontestoperché non si vanifichi e dal contesto per renderlapossibile. Larete intorno a questi giovani deve poter formarsi asufficienza perchél'indicazione alla comunità si accettatanon come punitiva ed escludentema fonte di risorse riportabili fuori dallastessa. E deve funzionare giàall'inizio perché il senso nonreclusorio sia ben capito da inviantied inviato.
Quindi un'indicazionealla residenzialità diventa veramente talesolo se si ècontemporaneamente agito su chi invia e saputo aspettarecon un lavoroprecedente alla residenzialità perché questasi possainserire in un progetto terapeutico riabilitativo. Questodiscorsopuò sembrare ovvio ma può altrettanto facilmenteessere disattesoproprio per l'intrecciarsi di bisogni diversi, economici,richiesta sociale,di sopravvivenza della stessa struttura residenziale cheè in unmercato e necessita un riconoscimento di pubblica sicurezza.La scelta difare un lavoro terapeutico richiede una grande attenzioneperchéla richiesta può essere ben altra anche se piùo meno mascherata.
L'indicazione poi continua se il lavoro residenzialesi svolge all'esternoa sufficienza perché l'esperienzapositività trovi un purpiccola ma sufficiente continuitàall'uscita dalla residenza. Ilpericolo è a mio parere 1) ilprotrarsi di un'esperienza troppo protetta,gratificante; 2) ladivaricazione con le risorse esterne; 3) la gratificazionedegli operatorie la dipendenza dall'istituzione degli utenti; 4) un'uscitaquindipiù pericolosa, un lavoro terapeutico tronco.L'esperienzaresidenziale deve comportare un investimento all'esternoprecoce e un confrontoche faccia emergere le capacità acquisite.Questo intervento ha peraltro anche una funzione preventiva: se aiuta chiha sperimentato una necessitàdi residenzialità evitandoricadute è comunque una risorsaper altri e fornisce stimoli alcontesto. Mi riferisco non solo a risorselavorative, cooperative di tipo Bin rete ma anche iniziative culturali,ricreative, spazi che forniscano edalimentino interessi e creatività,incentivazione di iniziative diincontro e confronto, auto-aiuto, informazionee solidarietà,creazione di un terreno culturale più sano,più ricco,più vicino ai bisogni e alle necessità enel contempo nonassistenziale e regressivo.

Indicazione per lafamiglia

Dopo aver indicato la categoria sempre più vasta didisturbi dellapersonalità che richiedono un temporaneo interventoresidenzialecon le premesse ed il parallelo intervento descrittoperché non avvengauna pericolosa esclusione, infruttuosa, spessosolo alternativa ad un O.P.G.e seguita magari dallo stesso, cosìcome il carcere precede e seguemolte residenzialità comunitarie pertossicodipendenti, vorrei sottolineareun'altra frequente indicazione chetale è se si tiene presente dinuovo il contesto.
Mi riferisco asituazioni a tutti note, frequenti, nell'area diagnosticadellaschizofrenia spesso l'ambiente familiare diventa il teatro dellasofferenzapiù drammatica, il posto dove si perpetua un'interazionedistruttiva,dove le porte domestiche racchiudono la tragedia fino aconseguenze estreme.
L'importanza della famiglia nelle diverse scuoleè stranota, cosìcome gli interventi sulla stessa, tecnichediverse, dall'intervento sistemicoa quello psicoeducazionale,all'incentivazione di gruppi di auto-aiuto,ma resta a volte impossibilenon dover intervenire anche con una separazione.Qui secondo la miaesperienza avviene forse l'incontrario di quanto succedeai giovanidevianti a cui precocemente si propone l'esperienza comunitariacomesalvifica, qui più spesso le resistenze del paziente,dellafamiglia, colludono con quelle del servizio , degli amministratorisensibilial rapporto immediato costi, benefici e non a lungo termine oricerca imbrigliatie costruiti da esigenze di bilancio, qui la famigliaanche espulsiva vienepensalizzata da un moralismo improprio che a volteaccompagna l'interventotecnico sul paziente, qui insomma si arriva allaresidenzialità avolte dove aver esaurito ogni risorse, tardi, aprezzo di una pesante sofferenzadi lutto un contesto familiare. Nonè assolutamente sempre indicatala residenzialità ma spessoè utile intervenire prima chedopo, non tenerla come estremo rimedioma come utile risorsa anche all'iniziose inserita in un adeguato programmaterapeutico riabilitativo. I motivisono molti, dal disagio di una famigliaa rendere visibile una propria sofferenzaancora comunque stigmatizzata, equindi da un problema di cultura alle resistenzestesse patologiche delpaziente, all'enorme difficoltà alla separazione,alladifficoltà di ammettere che un altro terapeuta ed un altroluogopuò essere utile in una onnipotenza o proprio in risposta alsensodi colpa dell'abbandono.
La residenzialità diventa unfantasma sconosciuto, temibile, da allontanare,la famiglia resiste intrincea mentre il giovane psicotico diventa iltrenta-trentacinquennesegnato da anni di isolamento relazionale efallimenti e sofferenze inaudite.Allora per un crack improvviso, per ilvenir meno di un supporto, di unarisorsa o per una crisi più acutae dopo un disastro la residenzaviene urgentemente richiesta. L'esperienzami ha fatto vedere quanto èpiù faticoso e lungo e a volteimpossibile ricucire dopo drammaticieventi i rapporti, ricostruire lafiducia in un miglioramento, ripararele ferite.
Un'indicazioneall'intervento residenziale che sia connotato di realicapacitàterapeutiche e non di funzioni custodialistiche devecoinvolgere in questacultura anche gli invianti, questi devono poterloriconoscere come tale,quindi utile e possibile mezzo terapeutico daintegrare agli altri e daconsiderare comunque a disposizione da subito. Lafamiglia può percepirequesto messaggio solo con questo tipo diinformazione. Preme sottolineareche altrimenti la famiglia vivràpiù drammaticamente o lafantasia di una definitiva espulsione ol'angoscia di una separazione, entreràcon piùdifficoltà in rapporto con la struttura in modo fiduciosoedadeguato. La famiglia poi, reduce da distruzioni, non sarà ingradodi collaborare, più facilmente diventeràproiettiva,rivendicativa e comunque sfiduciata su ogni possibilitàdi recupero.Il paziente prenderà la via dell'esclusione piùfacilmente,avrà comunque perduto una risorse e sperimentato ilpeggio dellapropria malattia proprio sulle persone più con luilegate.
Un'indicazione a trattamenti residenziali per schizofrenici cheabbia valenzaterapeutico riabilitative è tanto più talequanto piùsi è proceduto ad un tempestivo, opportuno,adeguato pensare all'utilizzodella stessa non come ultima risorse, ma comemezzo a disposizione da integrarecon gli altri. Il lavoro terapeuticoriabilitativo su un paziente non ancorasegnato fortemente dalladisabilità, meno cronico per dirla brutalmente,è eticamente,deontologicamente, corretto fare almeno quanto ècorretto combattereogni forma di esclusione sociale, ogni ghettizzazioneedabbandono.
Indicazione se il servizio è presente
Un miocollega responsabile di un servizio parlando di struttureresidenzialicomunitarie diceva che non deve pensarle come luoghi diadozione ma di affidamento,rifacendosi efficacemente alla cultura diproprietà del figlio enon di supporto temporaneo a un figlio. Iopenso che si debba andare oltreperché anche l'affidamento èpericoloso, l'indicazione allaresidenzialità deve comprenderla nonlocalizzarla al proprio esterno,come un affidamento potrebbe far supporre.È fondamentale l'aspettoculturale. Come dicevo all'inizio lecelebrazioni dei 20 anni della 180richiamano quel fondamentale movimentostraordinario, che mise in luce,allo sguardo di tutti, alla coscienzadella gente, le degenerazioni delleistituzioni manicomiali, la connessionedella sofferenza psichica con gliaspetti sociali, i pericoli di unascienza che sconnessa dal contesto oggettivavapersone privandole di parolae potere. La critica alle tecniche da questopresupposto partiva videsenz'altro, a mio parere ed esperienza delle conseguenzesulla pratica eteoria più negative che costruttive, fece commettereerroriperché scotomizzò l'aspetto clinico, l'attenzione pursemprenecessaria alla sofferenza e non solo alle sue cause. Ma ebbe unaportataculturale straordinaria che dobbiamo mantenere o meglio riprendere,ormaitroppo distaccati da quel complessivo discorso sulla follia, immersiin unalogica di mercato, di costi-benefici, di necessità diefficienza.È all'interno di questo che vedo un po' miope,limitante, fuorviantedi nuovo localizzare in una risorsa e tecnica quelloche è giustoe in un'altra quello che è sbagliato, mainserire tutte le pratiche,le tecniche, risorse in un discorso comunquecritico rispetto il mandatoe la funzione che svolgo. Escludere odemonizzare la residenzialitàperché manicomiale è unamaniera per potermi permettere altropensandolo acriticamente sempregiusto. Mantenere attenzione e coscienzasugli aspetti comunque fortementelegati al sociale della malattia mentalee percepire consapevolmente ecriticamente il proprio potere permette dipoter usare in modo umano,etico, delle tecniche, riuscendo allora ad escluderequello che ècontro o parziale o limitante, mantenendo vivo un dibattitoe una culturache rischia di essere scordata in nome dell'efficienza.
Un serviziopresente è fondamentale per una residenzialitàutile,terapeutica. Non esiste indicazione per la residenzialitàse questaè lontana, separata dal contesto, idealizzata o demonizzatache sia.Questo è nostra comune responsabilità, da qualunqueparti noisi sia collocati.

Conclusioni

Non è possibileper me parlare di indicazioni alla residenzialitàsenza collocarequesta all'interno di un globale intervento psichiatricoe collocare questonel contesto attuale, nell'attuale momento politico,economico,nell'attuale cultura. Solo così posso immaginarmiresidenzialitàdiverse ed utili, dinamiche, in relazione non solocol mondo dell'assistenzama con la realtà sociale. Conosciute econtrollate da utenti familiarie popolazione in genere, perchécontribuiscano a un'evoluzione culturaleviceversa negata.
Indicazionealla residenzialità se le si permette di esistere comerealtàpossibile ed alternativa: dandole i mezzi per esserci, lesufficientirisorse, garanzia, non facendo una politica di risparmio a scapitodiqualità, competenza, ricchezza interna, non interrompendocomepuò capitare per motivi burocratico-economici il nascere e lostabilizzarsidi esperienze positive (quelle delibere interrotte di chi faper altri bisogni).Indicazione che trascende la mera necessitàterapeutica riabilitativadi quei pazienti con quella patologia ma implicala sinergia di tutte leforze in campo e un intervento sempre attentosull'ambiente, un'incisivitàsull'esterno, un'osmosi con ilterritorio sufficiente perché di leisi conosca e si apprenda. Sipossa correggere, possa contribuire a quelcomplessivo e difficile discorsosulla devianza, sul diverso, sulla follia.


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