logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina
logo pagina

MANIFESTO CONGRESSO

X Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia (SOPSI)
LA PSICHIATRIA CHE CAMBIA IN UN MONDO IN TRASFORMAZIONE

Roma.
Hotel Hilton Cavalieri
22 febbraio - 26 Febbraio 2005

logo lilly

IL CONGRESSO ON LINE

QUARTA GIORNATA - VENERDI' 25 FEBBRAIO 2005
REPORT DALLE SALE CONGRESSUALI

ECM TERAPIE ANTICRAVING P. P. Pani I Farmaci Anticraving: Disulfiram, Baclofen, GHB
Il comportamento tossicomanico (Tiffany) e’ guidato da processi cognitivi automatici, pattern comportamentali appresi, nel cui apprendimento riveste un ruolo fondamentale la liberazione di dopamina a livello del nucleo accumbens che media l’”attribuzione di salienza” agli stimoli. Il comportamento di automatismo viene perduto quando situazioni particolari richiedono l’adozione di strategie basate su scelte e soluzioni di problemi, ad es. se la sostanza non e’ disponibile, oppure se e’ disponibile, ma il paziente sta cercando di evitarne l’assunzione. In tali casi si presenta il craving ed e’ possibile una ricaduta. Si può distinguere la ricaduta automatica (meno controllabile) e quella mediata da craving e quindi da un aspetto cosciente (craving percepito come desiderio, “fame” della sostanza). Per quel che riguarda le soluzioni farmacologiche il farmaco ideale dovrebbe essere in grado di avere effetto antiastinenziale e anticraving. Ad oggi gli unici farmaci di provata efficacia in tal senso sono Metadone e Buprenorfina. I Disulfiram è un inibitore enzimatico “sporco”, l’autore si sofferma non tanto sull’effetto di blocco sull’acetaldeide deidrogenasi, ma sul suo potenziale effetto anticraving probabilmente mediato dall’inibizione della dopamina beta idrossilasi che determina un aumento del tono dopaminergico cerebrale. La somministrazione di disulfiram nell’animale riduce l’autosomministrazione di cocaina e sembra avere un effetto anche sull’uomo. Alle dosi di 250 mg/die, in uno studio della durata di tre mesi, si è riscontrata una diminuzione dei giorni di uso di cocaina e della quantità assunta. Un limite può essere costituito dalla necessità di monitoraggio cardiaco che diviene più importante per i pazienti cocainomani, anche in considerazione del fatto che tale farmaco, in caso di assunzione di cocaina ne aumenta la concentrazione a causa di un’azione di blocco sul suo metabolismo. Il GHB, un analogo del Gaba, sembra avere, oltre che effetti antiastinenza, anche effetti anticraving nel tempo. Gli studi però sono ancora pochi, visto il suo scarso utilizzo fuori dall’Italia, inoltre il suo consumo deve essere attentamente monitorato, vista la tendenza all’abuso. Il Baclofen (antagonista Gaba B) sembra in grado di ridurre l’autosomministrazione di cocaina (e non del cibo) nell’animale e anche avere efficacia sul consumo di alcol nell’animale e nell’uomo. Tali effetti possono essere mediati dall’inibizione gabaergica sul rilascio di dopamina nell’accumbens con conseguente blocco del rinforzo positivo. Le dosi utilizzate sono mediamente di 15-30 mg/die
G. Gerra Antagonisti oppioidi nel trattamento della dipendenza da eroina e alcol
Gerra sottolinea l’importanza, nella valutazione dell’efficacia di un determinato trattamento farmacologico e nella valutazione degli studi su un campione di popolazione, di tener presente che esistono, nell’ambito dei pazienti tossicodipendenti (come del resto nel caso delle patologie somatiche), tipologie diverse di pazienti che quindi risponderanno in modo diverso a specifici trattamenti. Bisogna quindi cercare di individuare i farmaci utili per specifici sottogruppi di pazienti. Il Naltrexone ad esempio e’ piu’ indicato nei pazienti giovani, motivati, di solito con discreto livello di funzionamento sociale e lavorativo, con discreto supporto familiare, senza una grave comorbidità psichiatrica, che non sono utenti abituali del Ser. T. , in fase di rientro rispetto al trattamento comunitario o in fase di dimissione dal carcere.
Per quel riguarda l’uso nei pazienti con disturbi da abuso di alcol, il blocco del sistema oppioide elimina il rinforzo positivo legato al consumo di tale sostanza, che sembra essere mediato proprio da tale sistema neurotrasmettitoriale. Tale trattamento, contrariamente alle aspettative, sembra essere piu’ efficace nei pazienti con elevato consumo di alcol, alto livello di craving, alto rischio di ricaduta, familiarita’ positiva. Quando questi soggetti ricadono e assumono alcol, il naltrexone blocca il rinforzo positivo della sostanza, con una sorta di decondizionamento. Gerra (studi alla mano) propone l’utilizzo nella disuassefazione, accanto a clonidina o meglio a lofexidina, meno ipotensivizzante, ma purtroppo non ancora in commercio in Italia, di antagonisti (naloxone e naltrexone), naturalmente con cautela e progressivi aumenti della dose, in modo da prevenire le ricadute precocissime e successivamente, mantenendo tali farmaci in terapia (se proposti dopo la disuassefazione difficilmente vengono accettati), prevenire anche le ricadute a lungo termine. Altro stimolante spunto è quello offerto dall’impiego del flumazenil nella disuaseffazione da benzodiazepine, infatti tale sostanza sembra essere, non un antagonista puro del recettore del Gaba, ma un debole agonista parziale in grado, fra l’altro di ripristinare la corretta funzionalità di recettore, alterata dall’uso cronico di benzodiazepine.
(A cura di F. Fiscella)

LETTURA MAGISTRALE:H. S. Akiskal - "A proposal for a new classification of Bipolar Disorders"
Nella sua relazione si propone di ipotizzare una nuova classificazione per i disturbi bipolari, in particolare per superare la netta divisione fra la forma monopolare e quella bipolare, sicuramente piu’ evidente se si considerano le forme bipolari I e II, ma meno netta se si includono anche le forme attenuate e soprattutto se si raccoglie accuratamente l’anamnesi personale e familiare del paziente.
A tal proposito mostra i risultati di diversi studi che dimostrano come la percentuale di forme depressive che sono parte di un disturbo bipolare e’ molto piu’ elevata di quanto non si ritenesse un tempo.
Esiste una base temperamentale ciclotimica che collega mania, ipomania, depressione, fenomeni di switch con antidepressivi. La mutevolezza e la labilita’ dell’umore è un’importante caratteristica clinica indice di una possibile bipolarità. Esiste un contributo genetico per il disturbo bipolare piu’ evidente e importante man mano che si passa dalla presenza di semplici tratti temperamentali al disturbo bipolare I.
La sua proposta di una nuova classificazione viene illustrata alla fine della relazione: D. B. ½: schizobipolare, D.B. I: mania; D.B. I ½: ipomania protratta; D.B. II: ipomania spontanea; D.B. II ½: depressione ciclotimia; III ipomania in seguito a somministrazione di farmaci antidepressivi; D.B. III ½: mood swings con poliabuso di sostanze; D.B. IV: depressione ipertimica; D.B. V: depressione ricorrente con stati misti; D.B. VI: instabilità umore in corso di demenza. Akiskal si augura sia possibile correlare tali forme con diversi substrati biologici e correlati genetici.
(A cura di F. Fiscella )
Simposio “Le trasformazioni dell’assistenza al paziente psichiatrico”
Apre il simposio G. Giusto, affrontando il tema “La Doppia Diagnosi. Attualita’ nella residenzialita’ in Italia”, chiedendosi quando una Comunita’ sia intrinsecamente terapeutica e possa essere cosi’ definita. Il modello di comunita’ terapeutica nasce da una radice inglese nell’incontro fra guerra, psicoanalisi e fenomenologia, e da una radice francese nella critica all’istituzione manicomiale. La C.T. e’ idealmente sita fra la casa e l’ospedale, in quanto porta in se’ entrambe le dimensioni dell’abitare, dello stare insieme, di per se’ naturale, e quella artificiale del curare; ha quindi le due anime di casa transitoria ed ospedale ove si abita. Quattro sono le funzioni principali che essa si propone di svolgere: quando i bisogni del paziente lo richiedono essa e’ un non luogo, ma puo’ anche essere un guscio in cui il paziente puo’ isolarsi e sentirsi protetto; diventa poi pelle nel senso di membrana che il paziente puo’ oltrepassare per compiere esperienze all’esterno ma rimanendo protetto dalla disintegrazione; infine entita’ storica cioe’ luogo di deposito della memoria, con capacita’ di integrare esperienze e restituirle agli ospiti.
M. Massa compie una riflessione sulle richieste di inserimento di pazienti nella C.T. Redancia 1. Nel corso del tempo tali richieste sono mutate, si e’ osservata una lieve diminuzione delle richieste per schizofrenia, un aumento consistente delle richieste per disturbo di personalita’ e una flessione di richieste di inserimento per disabilita’. I dati si riferiscono a un confronto tra il 1994 e il 2004.
G. La Malfa, presidente della societa’italiana per il ritardo mentale, riflette sulla persona con Disabilita’ Intellettiva. Dalla qualita’ della cura il focus dell’ attenzione deve passare alla qualita’ della vita che va dunque preso come end point per la valutazione dei risultati. Tenere poi sempre presente il concetto che una cognitivita’ semplice non presuppone una emotivita’ semplice. Anche il rapporto tra autismo e ritardo mentale e’ importante e soprattutto e’ importante valutare la sua evoluzione nel tempo in quanto una persona con tratti autistici puo’ avere maggior bisogno di spazi in cui stare solo.
S. Porazzo fa una riflessione sull’ utilizzo delle attivita’ espressive a scopo terapeutico, l’ arte come strumento di catarsi, di sintesi, di ricerca di gioia e bellezza, di presa di contatto con il mistero ed il rituale, con la sua capacita’ salvifica, capacita’ da usare con attenzione per la necessita’ di calibrare la fantasia, funzione della mente di cui gia’ S. Teresa d’Avila aveva avvertito la potenza salvifica ma anche la pericolosita’ di un suo eccesso, che puo’ condurre alla malattia. Viene presentato il lavoro della “La Polena”, cooperativa che si e’ proposta l’organizzazione e la messa in palcoscenico di tre spettacoli teatrali: “Hotel Storia” nel 2000, “Alzati” nel 2001, “Spara” nel 2003. Tali rappresentazioni sono state organizzate con il duplice intento di favorire l’espressivita’ dei pazienti ma anche quello di offrire loro un possibile guadagno. Una riflessione da parte di un paziente della Polena: “Come una goccia di rugiada che si unisce di nuovo all’oceano, o come un granello di polvere che torna alla terra”.
G. Mariani (E. Arturo, A. Barioglio, F. Cioni, M.R. Squillacioti, A. Testa) “L’assistenza che cambia tra cura e riabilitazione”.
Mariani ritiene che la riabilitazione debba rivolgersi alla parte sana del paziente, divenendo una modalita’ dell’operare psichiatrico atta a fornire un senso d’appartenenza piu’ forte e migliorare le abilita’ sociali. Il DSM di Ascoli Piceno copre un bacino di utenza di 130000 abitanti ed ha in carico circa 1500 pazienti, cui fornisce interventi riabilitativi con tre diverse modalita’: semiresidenziale, residenziale e domiciliare. Le attivita’ riabilitative sono di tipo: Lavorativo (borsa lavoro, inserimenti lavorativi a tempo indeterminato), Espressivo ( nuovo spazio teatrale “Teatrando”, che ha la funzione di integrazione sociale; laboratorio grafico-pittorico-ceramico, i cui prodotti vengono proposti al pubblico durante il tipico mercatino dell’antiquariato), Sportivo (squadra di calcetto regolamente iscritta ai tornei regionali), Sociale (feste, soggiorni estivi, “Diversamente” manifestazione nel Parco del Luciani alla cui organizzazione partecipano anche i pazienti). Conclude con la profonda riflessione secondo la quale il paziente da oggetto di cura deve divenirne il soggetto, acquisizione importante che automaticamente migliora la qualita’ della vita.
(a cura di E.L. Fiscella e G. Sciaccaluga)
Simposio tematico parallelo: Nuovi sviluppi per la comprensione della malattia mentale: importanza ed influenza della teoria dell’evoluzione
L’intervento del Dott. Bensi verte sullo stato attuale della biologia evoluzionista (e sul riemergere del movimento ideologico del Creazionismo) descrivendo la radicale trasformazione di pensiero sull’origine e sull’evoluzione delle specie biologiche ben lontana dalle prime intuizioni darwiniane. Vengono trattati i concetti di linearita’, continuita’ e aumento della complessita’ nelle loro nuove formulazioni teoriche. Cosi’ anche i concetti di selezione naturale ed adattamento. Alla luce delle nuove conoscenze acquisite dalla Biologia, i meccanismi che sono alla base del processo evolutivo appaiono piu’ chiari e possano cosi’ diventare un punto di riflessione notevole per la Psichiatria, proprio al fine di una maggiore definizione del concetto stesso della psiche umana.
L’intervento del Prof. G. Corbellino mostra come l’approccio evoluzionistico alla malattia mentale richiami l’attenzione sul fatto che i tratti fenotipici umani, inclusi quelli comportamentali, siano stati plasmati da pressioni evolutive e derive genetiche e introduce il concetto di “cause remote”: tratti caratteriali selezionatisi perche’ adattivi in un determinato contesto storico sociale (societa’ di cacciatori-agricoltori) diventano disturbi o predisposizioni disadattive nella nostra societa’. Inoltre viene posta l’attenzione sull’estrema importanza della variabilita’ individuale e l’individualita’ della malattia.
Queste idee convergono con le teorie biologiche piu’ plausibili riguardanti l’organizzazione ed il modo di funzionare del cervello umano; il fondamento concettuale di tali teorie e’ ben diverso dal meccanicismo e del determinismo della psichiatria biologica del passato.
Il fenotipo comportamentale e la sua plasticita’ adattiva esita funzionalmente nell’emergere di schemi d’azione anticipati poi selezionati dall’interazione con il contesto interno o esterno all’organismo. Le teorie che spiccano in questo contesto sono: il darwinismo neurale di G. Edelman e la teoria di stabilizzazione delle sinapsi di J. P. Changeux. Insieme alle scoperte sulle basi molecolari e cellulari dell’apprendimento tali concetti suggeriscono un quadro di riferimento fisiopatologico per la psichiatria: la malattia psichiatrica sarebbe un apprendimento disadattivo che condiziona il comportamento dell’individuo con una conseguente cascata di cambiamenti a livello di connessioni neurali, ne seguono sintomi diversi per una data persona.
Da qui l’importanza della psicoterapia che, in associazione alla terapia farmacologia, permette l’apprendimento di nuovi comportamenti adattivi e la successiva modificazione a lungo termine nell’anatomia delle connessioni sinaptiche.
Segue l’intervento del Prof. N. Lalli che fissa l’attenzione sulla casualita’ del processo evolutivo e sulla crescita esponenziale della velocita’ di avvicendamento dei grandi mutamenti che determinano l’evoluzione. Tale velocita’ ha stimolato in maniera altrettanto esponenziale le capacita’ di adattamento dell’uomo.
La malattia mentale puo’ quindi essere vista come difficolta’ mostrata dall’uomo nel tentativo di adeguarsi ad una complessita’ eccessiva prevalentemente come competenza nei rapporti interumani.
In ultimo il Prof. A. Troisi sottolinea la valenza terapeutica della psichiatria darwiniana. Il relatore definisce, dapprima, il concetto di sintomo disfunzionale e di sintomo adattivo e riconducendo all’area psichiatrica quanto detto, afferma che non tutti i sintomi psichiatrici devono essere interpretati come manifestazioni disfunzionali di un danno neurobiologico o di un processo psicologico abnorme, viceversa alcuni sintomi (in particolare coinvolgenti l’umore) sono reazioni adattive che si sono evolute per limitare i danni del processo morboso e costituiscono un segnale di una condizione di maladattamento biologico volta a promuovere nuove strategie comportamentali. L’intervento psico e farmaco-terapeutico deve riconoscere tali sintomi adattivi distinguendoli dai disfunzionali per favorire la capacita’ di apprendimento di un modello comportamentale che conduca ad una risposta ambientale soddisfacente.
(a cura di L. Adriano)

Simposio tematico parallelo: Aspetti terapeutici mirati nei disordini del comportamento alimentare. Moderatori: prof.ssa Brambilla ,prof.P.Santonastaso
Apre il simposio la prof.ssa Brambilla con osservazioni riguardo al trattamento dell’anoressia nervosa con Olanzapina.Le ragioni del trattamento con Olanzapina sono dovute alle numerose esperienze cliniche che hanno messo in evidenza nel prelievo del liquido cefalo rachidiano di alcune pazienti con DCA,la presenza di valori aumentati di dopamina e diminuiti di serotonina e noradrenalina. In uno studio protocollo di 25 soggette anoressiche ,12 vengono sottoposte al placebo e psicoterapia cognitivo –comportamentale,13 al trattamento con olanzapina e in associazione ugualmente la psicoterapia.Nelle 12 ragazze si osservano miglioramenti relativi all’aggressività e all’impulsività grazie alla psicoterapia,mentre nelle 13 sottoposte al trattamento con olanzapina si osservano importanti miglioramenti riguardo a un sintomo cardinale dell’anoressia nervosa:”la maturity fear”. Per “maturity fear” s’intende l’incapacità di queste pazienti ad affacciarsi a una visione matura della propria vita,ossia rifiutano la crescita e usano la malattia stessa per negare la realtà e nello stesso tempo alimentano la malattia che peggiora nel tempo.Oltre al miglioramento di questo aspetto si è notata una diminuzione dei sintomi depressivi ,dei rituali ossessivi,della preoccupazione del corpo ed infine del peso.Tuttavia nel trattamento con olanzapina non si esclude l’importanza dell’associazione con psicoterapie cognitive-comportamentali che devono essere sempre presenti.
Nel prendere in cura per tanto delle pazienti anoressiche non ci si deve tanto preoccupare del peso e dell’alimentazione corretta ,quanto del miglioramento di sintomi piu’ specifici come la “maturity fear”.
Prosegue il prof.Fassino dell’universita’ di Torino che valuta il ruolo dell’attaccamento nei DCA.
Per attaccamento s’intende un particolare atteggiamento di queste pazienti nell’appoggiarsi a una figura solida da cui affacciarsi per esplorare il mondo esterno e in cui rifugiarsi nei momenti di maggiore fragilità.Si parla altrettanto di un problema di organizzazione della personalità in cui si evidenziano tratti di dipendenza ,negazione e notevole fragilità con elevato disagio nelle relazioni interpersonali mature.
Pertanto assumono un ruolo terapeutico molto importante e duraturo nel tempo le psicoterapie,le quali si presentano in un primo tempo come una valida dimensione di accoglimento terapeutico,mentre successivamente diventano un’attività d’intervento complesso sui nuclei profondi del sé.
Il simposio prosegue con l’intervento del prof.Santonastaso dell’universita’ di Padova che si occupa di un’interessante valutazione farmacoterapeutica nell’ambito dei DCA:l’utilizzo della sertralina nel trattamento ambulatoriale dell’anoressia nervosa.
Infatti in uno studio di un campione ristretto di pazienti anoressiche trattate con i principali SSRI si valutano i miglioramenti ,dopo almeno un anno ‘dei seguenti sintomi:immagine distorta del proprio corpo,pressante preoccupazione del peso,rituali ossessivi ,sintomi depressivi,induzione del vomito,passaggio al binge eating.La sertralina a dosaggi da 50 mg a 150 mg migliora notevolmente i sintomi depressivi e le ossessioni sul cibo e sul corpo.
In realtà molti autori sostengono l’inutilita’ se non il peggioramento della sintomatologia con SSRI sia perche’ possono a lungo tempo provocare un aumento ponderale,sia perche’ possono essere responsabilidi un aumento della sazieta’ dopo i pasti in numerosi soggetti.
Tuttavia il ruolo della sertralina sembra particolarmente importante nelle fasi iniziali della terapia:il miglioramento dei suddetti sintomi(depressione e rituali ossessivi)pare incidere notevolmente nell’assumere la consapevolezza di malattia nelle pazienti anoressiche.Il miglioramento dei sintomi puo’ anche rafforzare la relazione terapeutica e avviare la paziente a una visione piu’ ottimistica e rafforzata del cammino terapeutico.Pare dunque che il ruolo della sertralina sia quasi di carattere altamente cognitivo e quindi di aiuto nella presa di coscienza di malattia.
Interviene la dottoressa Ramaccioti con una valutazione di carattere diagnostico e terapeutico sul binge eating (B.E.D).
Il binge eating si presenta clinicamente coi seguenti sintomi:
abbuffate (giorni “binge”)a pousse’s ,marcata preoccupazione per il peso,controllo ossessivo dell’alimentazione ,continua lotta per evitare le abbuffate,modalita’ rapida e furtiva nel consumare gli alimenti,ampie oscillazioni del peso,stile cognitivo dicotomico,oscillazioni dell’umore.
Nel valutare l’importanza del BED si osservano numerose comorbilita’ con alterazioni metaboliche della glicemia,e frequentemente l’obesita’.Tra gli altri disturbi psichici sono presenti disturbi dell’umore e affettivi.
Il trattamento si serve dell’associazione di psicoterapie cognitivo comportamentali con farmacoterapie specifiche:farmaci per l’obesita’(dexfenfluramina,sibutramina)e farmaci antidepressivi SSRI e SNRI.
In ultimo conclude il prof.De Giacomo che propone trattamenti per l’anoressia nervosa con un approccio sistemico e decisamente innovativo:si propongono infatti nella terapia un contatto diretto coi familiari,una presa di coscienza completa di tutti i componenti ,pasti in presenza del terapeuta e dei familiari e una curiosa proposta di un viaggio con la figura paterna.
( a cura E. D’Angelo)

Simposio Tematico “Mass media, internet e psichiatria”
L’apertura del simposio e’ affidata al prof. F. Bruno sul tema “Lo psichiatra in video tra richieste, oneri e responsabilita’”. Vengono inizialmente presentati tre motivi fondamentali per cui in generale si accetta di svolgere un’attivita’ sui mass-media: la possibilita’ di poter fare divulgazione scientifica delle proprie conoscenze, il narcisismo, talora spiccato, presente nei professori universitari, ed il piacere o comunque la disposizione psicologica nel voler dire delle cose, nel sapere che queste vengono accettate e nella possibilita’ di critica espressa da chi li vede.
Per questo e’ facile accettare l’impegno, ma si deve essere coscienti degli oneri e delle responsabilita’. Ci sono vantaggi, ma anche tecniche da non ignorare.
Segue un rapido cenno all’inizio della storia della comunicazione, dalla scrittura che si presume nata 5000 anni fa, all’invenzione della stampa 500 anni fa, sino alla rapida evoluzione odierna dei mezzi di informazione: le regole della nostra cultura vanno riviste in vista dell’accelerazione spaventosa del mondo dell’informazione. Quando parliamo dell’informazione, ricordiamo che sembra aver preso il posto di quello che il secolo scorso era l’energia (“la cosa piu’ simile a Dio”).
In seguito vengono analizzati i mass media in relazione al coinvolgimento che essi producono, e si vede che in una scala in cui agli estremi abbiamo la parola (basso coinvolgimento) e l’esperienza diretta (alto coinvolgimento), internet e la simulazione si situano appena al di sopra di quest’ultima. Si pone anche la problematica delle interferenze, tecniche, semantiche ecc.., e della mediazione, che facilita l’informazione. Per quanto riguarda la persuasione ed i suoi meccanismi, si possono differenziare le fonti ad alta credibilita’ (es. il Papa) e quelle a bassa credibilita’, ricordando che all’interno di esse il tempo e’ una variabile importante: infatti anche una fonte a bassa credibilita’ per lungo tempo persuade, mentre ad una fonte alta necessita di un tempo brevissimo.
Le funzioni della comunicazione si riassumono in strumentale, di controllo, informativa ed espressiva, e per una buona comunicazione abbiamo bisogno, tra le altre cose, di introspezione, empatia, interpretazione ed analisi, sintesi. In riferimento allo psichiatra in video ma non solo, una delle prime cose che deve fare comunicando e’ interpretare, ed anche cercare di convincere gli altri (ad es. attraverso buone maniere, sapendo ascoltare, confortando con mimica e gesti, utilizzando un timbro caldo e coinvolgente).
Si affronta anche il tema della comunicazione scientifica televisiva, dagli esordi del maestro Manzi (anni ’50-60) e del suo insegnamento bonario, all’odierno Piero Angela, per dire che la divulgazione scientifica prima dell’avvento della televisione era legata a documentari impersonali e riviste di scarsa vendita, mentre dopo si e’ trasformata in un’informazione piu’ diretta, soggettiva, convincente e mediata da personaggi divenuti importanti per il pubblico (A. Cutolo, A. Lombardi), assumendo una connotazione particolare. Anche la televisione si e’ evoluta, da mediatore impersonale e’ diventata un amico di famiglia, e dagli spettacoli/teleromanzi si e’ passati ai reality show. Il problema e’ che questi ultimi sono facili da realizzare ed hanno appassionato la gente, ma nello stesso tempo hanno portato a far ritenere le persone importanti solo in quanto apparse in video, e la realta’ dotata di verita’ solo se corrispondente alla televisione (e non viceversa!).
La figura dell’esperto televisivo quindi diventa soggettiva, non un semplice mediatore, ma un opinion maker (cioe’ che contribuisce a creare un’opinione nella gente), assumendo un’importanza politica. Infatti i ristretti tempi televisivi, che permettono di parlare per pochi minuti, e quindi attraverso slogan, portano a fare discorsi politici, essendo lo slogan linguaggio politico per eccellenza: l’uomo non deve ragionare, ma formarsi un opinione ed agire di conseguenza (come sanno bene tutti i dittatori). Si ha una fortissima manipolazione del pensiero della gente, proprio a causa del linguaggio secco ed imperativo.
Anche internet e la rapidissima diffusione dei telefoni cellulari in quest’ottica contribuiscono ad immaginare in un futuro, forse lontanamente immaginabile, l’uomo come “neurone” di una nuova rete, per ora non ancora complessa come la nostra rete cerebrale, ma a cui si sta avvicinando. L’informazione diventa formazione, e purtroppo produce la realta’; i nuovi rapporti sociali tengono conto del passaggio da soggetto a rete (intesa come moltitudine di soggetti), che andra’ determinando i rapporti interpersonali. Cambiera’ di riflesso anche il ruolo dello psichiatra: non piu’ il dott. Freud seduto dietro al paziente, si passa non solo alla famiglia e al gruppo, ma alla rete sociale ed alla rete informatica. Egli, oltre al ruolo classico clinico, si assume anche i compiti di comprensione, prevenzione, controllo e riparazione di buchi e conflitti.. Oggi percio’ si sente la necessita’ di una deontologia, di un timone per orientarsi, e Bruno propone un codice etico-deontologico, in dieci punti, tra cui i piu’ importanti sono quello di parlare solo di cio’ che si conosce, non violare il segreto a cui si e’ vincolati, non adattare le proprie idee alla convenienza del momento ed accettare solo consulenze e partecipazioni orientate al proprio ruolo sociale (niente festival di Sanremo…)
Segue l’intervento “L’immagine della psichiatria a mezzo stampa” a cura di M.Bensi, C. Di Agostino e G. Baldi, in cui viene presentato uno studio che valuta la presenza nei quotidiani di articoli che rappresentino il delicato rapporto che intercorre tra l’esigenza di chiarezza e comprensibilita’ dei lettori e le capacita’ esplicative della psichiatria.
E’ stata notata soprattutto la rappresentazione di un pensiero comune o di una libera opinione, piuttosto che di fondamenti scientifici o prese di posizione in coscienza, quasi un’informazione riduttivista, fuorviante e parziale.
Il rapporto psichiatra-mezzo stampa e’ intrecciato in diversi punti e spazia in tre ambiti: spiegazioni scientifiche, fatti di cronaca e cultura, in senso piu’ ampio, della malattia mentale.
E’ stato analizzato il Corriere della Sera nell’anno 2004, semplicemente per la rapidita’ di accesso e la semplicita’ del motore di ricerca. La maggior parte degli articoli riguarda DOC, disturbi d’ansia e depressione, mentre la schizofrenia ha una posizione nettamente inferiore.
Un dato appare interessante: negli articoli che cercano di comprendere il perche’ delle malattie mentali la spiegazione e’ di stampo neurochimico, genetico e biologico, invece in quelli riguardanti fatti di cronaca (serial killers, pedofilia, sette sataniche) le spiegazioni sono di ordine psicologico.
Si intravede il rischio di un neo-positivismo, in una lettura solo in chiave razionale, ed il rischio inoltre di confondere la malattia mentale con la capacita’ di intendere e di volere, mentre sappiamo che spesso e’ una lucidita’ anaffettiva che porta al compimento degli atti efferati.
La realta’ mentale viene interpretata in modi assolutamente opposti, dalla filosofia alla religione, da pure funzioni cerebrali a visioni puramente cognitiviste, in una crisi del pensiero che va indagando se stesso.
Si dovrebbe arrivare ad un’integrazione, una discussione con i limiti di competenza ben tracciati. Sembra che gli psichiatri a volte coprano una loro assenza con paradigmi presi da altre discipline scientifiche, e adattati in base al loro pensiero. Lo psichiatra dovrebbe essere scevro da ogni dogmatismo, per delineare e far comprendere agli altri l’effimera e complessa realta’ mentale, che pure esiste. Per la comprensione e la cura della malattia stessa resta molto da fare, in una ricerca sull’uomo e soprattutto tra uomo e uomo, ma si puo’ ancora porre rimedio, la ricerca e’ aperta ed accessibile a tutti.
Si prosegue con il tema “Rete e psichiatria: tra uso informativo ed abuso patologico” ed il dott. De Luca affronta l’informazione psichiatrica in rete. La rete in se stessa e’ ricerca di informazioni, per cui sono richieste buone credenziali. I primi ad occuparsi di questo sono stati gli Stati Uniti (Silberg e coll.) in termini di Qualità Standard. Al simposio viene presentato uno studio su credibilita’, contenuto ed altre variabili riguardo l’informazione psichiatrica in due specifiche aree psicopatologiche: i disturbi alimentari e l’ansia.. Sono stati ricercati alcuni parametri, soprattutto affidabilita’, aggiornamento e qualita’ del contenuto e questi sono i risultati: la qualita’ del contenuto informativo in termini di descrizione, diagnosi, indicazioni terapeutiche, spiegazioni e rassicurazioni sui farmaci e’ risultata scarsissima; l’affidabilita’ e la credibilita’ si sono dimostrate scarse, e non sempre e’ stato possibile evidenziare elementi predittivi.. Da qui i rischi di un’informazione psichiatrica scorretta, insufficiente o errata (per fortuna piu’ raramente). Come se ne puo’ uscire? L’OMS propone un dominio “.health” , oppure un codice di autoregolamentazione, che e’ gia stato sottoscritto da PubMed.
Internet ad ogni modo non e’ solo informazione, si parla anche di formazione (cartelle cliniche informatiche, E-learning, aggiornamento….la cui prima esperienza e’ stata a Padova attraverso una rete intranet delle cartelle), di attivita’ psichiatrica vera e propria nella rete (prevenzione, diagnosi e trattamento (La Sapienza nel 2004 ha avviato un esperimento di Telepsichiatria in Emergenza, con telediagnosi attraverso rete LAN, ma il futuro e’ internet), di Web Based Treatment Interventions (software psicoeducazionale on line, gruppi di autoaiuto in sincrono ed in asincrono, ecc…, soprattutto per disturbo depressivo, panico, agorafobia, PTSD e DCA).
Parliamo di terapia o di tecnoillusione? Sicuramente si e’ ottenuto un miglioramento del coping, una riduzione dei sintomi e del senso di stigmatizzazione ed isolamento sociale. Si cerca la dimostrazione di un’augmentation, piuttosto che di un gold standard: internet sostituisce un’assenza reale, e’ l’altra faccia della medaglia della cattiva informazione, e puo’ costituire un rischio.
Risulta percio’ una fonte formidabile di informazioni, anche se per i pazienti non e’ ancora utile, e’ un potenziale inespresso, e non deve sostituire il contatto faccia a faccia. Si deve passare da una psichiatria nella rete ad una psichiatria CON la rete. Di seguito il dott. M. Salviati si sofferma sull’ “utilizzo patologico di internet”, trattando l’ Internet Addiction Disorder ( o meglio, secondo l’autore, Internet Related Psychopatology): soggetti che presentano i caratteri formali della dipendenza (tolleranza, astinenza, craving), con criteri mutuati da quelli del gioco d’azzardo patologico (K. Young). E’ difficile che il paziente vada in ambulatorio a dichiarare direttamente il problema, ma cercando in rete articoli correlati si ritrovano 97 articoli su PubMed, e sul principale motore di ricerca europeo 3800 links. Inoltre si presenta spesso in comorbilita’ con depressione, fobia sociale, ADHD, dipendenza da sostanze, disturbi di personalita’, soprattutto di cluster A.
Il disturbo stesso probabilmente e’ multiforme (Cyber-sexual addiction, Net-compulsion, Cyber-related addiction, infedelta’ on-line con o senza successivo incontro) ed ha varie dimensioni psicopatologiche associate (timidezza, tendenza ad annoiarsi, scarso interesse per la vita sociale ed il lavoro). Si tratta di un problema diffuso, con caratteristiche multiformi e la caratteristica piu’ costante sembra la compromissione del funzionamento sociale. Secondo Young la tendenza al ritiro sociale sarebbe successiva all’addiction, ma uno studio della Sapienza invece dimostra che l’unica variabile temperamentale correlata e’ lo scarso interesse alle relazioni interpersonali dirette, quasi come una caratteristica precedente. Vediamo l’inversione dell’idea che la diminuzione dei contatti sociali sia successiva all’addiction. Il mondo virtuale in se’ ha precise caratteristiche che favoriscono lo sviluppo della patologia: facile accessibilita’ e minor controllo associate ad una riduzione delle frustrazioni (basta un click per fuggire), estensione infinita della realta’, ecc…
Si passa da una patologia “da” internet ad una patologia “IN” internet.
In rete il problema cruciale e’ il concetto dell’identita’: schermati dal monitor si puo’ vivere il mondo di internet proiettandovi le proprie caratteristiche piu’ o meno patologiche senza rendersi riconoscibili, con i conseguenti riscontri sull’informazione, sulla clinica (terapia attraverso e-mail e chat rooms) e sullo stesso IAD (Internet Addiction Disorder)
Conclude il simposio l’intervento del prof G. Cavaggioni sul tema “L’identita’ dello psichiatra. Nell’era del Grande Fratello la necessita’ di un’araba fenice”.
Egli sottolinea come da sempre la formazione culturale dello psichiatra si realizza in una pluralita’ di rappresentazioni multiformi, essendo evidente poi che la psichiatria risulta fortemente influenzata dal modello culturale di appartenenza. Questo comporta l’eventualita’ che l’identita’ personale dello psichiatra sia per lui lo strumento terapeutico principale, soprattutto nella misura in cui la scelta si orienta su un modello psicoterapeutico. Allo stesso modo si intende la cultura, intesa come “paideia” , che, come trasmissione generazionale di conoscenze e comportamenti, si trova ad influenzare orientamenti, scelte e modelli.
La figura dello psichiatra in un simile contesto rischia di essere stretta un una morsa, in cui da una parte e’ influenzato dalla cultura, dall’altra ha a che fare con realta’ patologiche culturalmente sensibili.
Oggi tutti riconoscono che i mass media, soprattutto la televisione per la sua immediata e facile fruibilita’, detengono un potere incisivo sulla massa, incidendo sull’orientamento culturale che contribuisce alla formazione dell’identita’ del singolo individuo.
Il relatore prende ad esempio il Reality Show, attualmente onnipresente e debordante in tutti i palinsesti, come prototipo di quanto sembra stia accadendo, non escludendo implicazioni e motivazioni politiche. Inizialmente la televisione si poneva come mezzo in grado di fornire occasioni di cultura e crescita all’interno di una societa’ con grandi differenze. In seguito, si riconosce ad un certo neorealismo l’utilizzo della realta’ in un’operazione di sincera denuncia sociale. Cosi, nella peggiore delle ipotesi, in termini psicodinamici le immagini potevano essere utilizzate come identificazione. Oggi al contrario nel reality non si propone piu’ la differenza, la novita’, ma per essere seguito dal maggior numero di persone, viene proposto cio’ che e’ comune ed uguale per tutti. Infatti tanto piu’ la soglia si abbassa, tanto piu’ quello che si rappresenta diventa riconoscibile. Ma quando la mediocrita’ e’ esposta in un contenitore mediatico, diventa un oggetto di riferimento cui tendenzialmente uniformarsi ed il cerchio si chiude. La ripetitivita’ insita nella mediocrita’ e l’assenza di movimento e trasformazione diventano un terreno fertile per sviluppare l’indifferenza e l’anaffettivita’ alla base della follia, che sempre piu’ spesso si manifesta in chi presenta comportamenti tendenzialmente comuni e condivisi. Il mass media non e’ piu’, come dovrebbe o potrebbe, uno strumento per stimolare la fantasia e la formazione di nuove immagini interne. Esse invece sfumano e sono sostituite da una raffigurazione manifesta masturbatoria. In tal modo lo psichiatra si trova tra il rischio di collusione a tale dinamica e la necessita’ di affrontare la nuova patologia, che facilmente puo’ scompensarsi nella psicosi.
(A cura di M. Fenocchio)

Simposio tematico parallelo “L’esordio psicotico: tra dimensioni e categorie”
Apre la sessione l’intervento di M. Alessandrini che riguarda “Il contributo psicoanalitico nell’approccio agli esordi”. Tramite una minuziosa review delle teorie psicoanalitiche relative alla psicosi, con particolare attenzione al tema degli esordi. Prende forma un modello secondo cui il se’, portatore di particolari carenze, travolto da emozioni e percezioni perde la capacita’ di processazione. Nell’esordio psicotico per la psicoanalisi e’ in causa una carenza della capacita’ di formazione (Gestaltung), si verifica una incapacita’ di creare legami tra rappresentazioni, efficace l’esempio di un dipinto di Wolf dove le figure occupano tutto il foglio come alla ricerca di un legame mancante, di un tessuto connettivo. Si richiama il concetto di Bion di inversione di funzione degli organi di senso, non piu’ utilizzati per percepire, individuare, riconoscere gli oggetti, bensi’ per evacuare o espellere le parti della personalita’ avvertite come pericolose o ostili, questo significa poi anche espellere la possibilita’ del rapporto con gli altri.
Si definisce la necessita’ di recuperare due funzioni che si determinano a vicenda: la capacita’ di legame psichico e la posizione del soggetto. Queste persone perdono la dimensione soggettiva e perdono la propria capacita’ di dialettica con i propri vissuti, diventano completamente in balia di questi vissuti. Nell’esordio viene perduto il nostro personale vedere il mondo.
Prosegue i lavori C. Maggini che parla di “Autocentralita’ e Psicosi “Status nascendi”. Seguendo le teorizzazioni di Klaus Conrad si individuano le tappe fenomenologiche del costituirsi dell’esperienza, si evidenzia la mutazione strutturale del vissuto schizofrenico: il vissuto di attribuzione di abnorme significato (apofana’), il vissuto di essere al centro del mondo (anastrofe’). Si rileva la mancanza di capacita’ di cambiare il sistema di riferimento, con l’incapacita’ di dire “questo non mi riguarda” perche’ tutto lo riguarda. Si arriva al concetto di centralite’ come abnorme certezza di essere un punto al centro del mondo. Questo stato puo’ essere preceduto dal concernement ( condizione piu’ o meno lieve, dalla percezione tipica del fobico di tipo mimetico al maggior grado di incertezza, perplessita’ preoccupazione degli stati patologici piu’ intensi) che evolve in centralite’ tramite un procedimento di radicalizzazione.
I sintomi di base con una compromissione autopercepita di spinta, emozioni, percezioni, proprioc ettivita’ si possono vedere in una sorta di sequenza di transizione verso i sintomi di primo rango: a partire dalla fase di irritazione, alla fase di esternalizzazione alla fase di concretizzazione nei sintomi deliranti-allucinatori. Si individua come una sorta di marker precoce il vissuto elusivo e transitorio di autoriferimento con ripristino delle capacita’ di attuare la “svolta copernicana” denominato SUBAPOFANIL self centralità. Si studia il fenomeno dell’autocentralita’ al di la’ delle fasi di esordio e di acuzie della psicosi, anche nella fase fase post-psicotica e nei cosiddetti soggetti a rischio (soggetti schizotipici e parenti di I grado di schizofrenici).
In conclusione il rilievo dell’autocentralita’ implica l’utilita’ sul piano terapeutico di un intervento di rinforzo del coping nelle fasi precoci e prodromiche e sul piano euristico propone ulteriori motivi di approfondimento.
M. Ballerini si appresta ad approfondire quella che e’ la tappa finale della “lunga marcia” della schizofrenia - iniziata in modo subdolo in eta’ precoce con disturbi della sfera cognitiva, emotiva e comportamentale - vale a dire il momento della comparsa dei sintomi psicotici nella tarda adolescenza o nella prima eta’ adulta, analizzando “Le radici della Schizofrenia, ovvero il premorboso ed il prodromico”. Il periodo prodromico e’ immediatamente precedente le manifestazioni della fase acuta, caratterizzato da disturbi dell’esperienza con fenomeni di iper-reflessivita’, solipsismo, depersonalizzazione ed oggettivazione morbosa.
Nel periodo premorboso vi sono manifestazioni di Schizotipia, spesso presenti anche nei familiari. Egli motiva l’ipotesi di un continuum fra schizofrenia e schizotipia sulla base di 5 evidenze: l’aggregazione familiare comune, la similarita’ della presentazione clinica, la similarita’ di antecedenti precoci e di esito, la fase di transito nella forma psicotica conclamata, la similarita’ dei markers endofenotipici. Alcuni studi di confronto fra schizotipia familiare e schizotipia non familiare o sporadica hanno visto una maggior prevalenza di sintomi negativi nella prima e di sintomi positivi in associazione con sintomi borderline-like nella seconda, ma i risultati non univoci della maggior parte degli studi hanno spinto l’interesse dei ricercatori verso la “Schizotaxia”, il nucleo negativo della schizofrenia. Si apprezza la vulnerabilita’ schizofrenica nell’emblematica difficolta’ nell’affrontare la componente emotiva delle relazioni interpersonali, con un quadro sintomatologico di tipo negativo, e la conseguente “Dis-socialita’”, fatta di sintomi psicotici aspecifici ma con un loro valore intrinseco e di un nucleo psicotico specifico.
G. Stanghellini si pone come obiettivo l’identificazione di un profilo di vulnerabilita’ e quindi di rischio dello sviluppo di una psicosi nell’ambito dello spettro schizofrenico, identificando la figura di “Un uomo a cinque dimensioni”. I cinque indicatori della fase premorbosa e prodromica da lui individuati sono i seguenti:
1. uno scarso adattamento sociale, con relazioni diturbate, ansia nei rapporti con i pari, difficolta’ nel funzionamento sociale ed occupazionale;
2. un’emotivita’ inappropriata, con depressione o appiattimento affettivo, sospettosita’ o sensitivita’, comportamenti emotivamente inappropriati e scarsa empatia;
3. disturbi delle funzioni neuropsicologiche, con deficit cognitivi, dell’attenzione, della memoria verbale, della fluenza verbale e della memoria visiva, nonche’ un basso quoziente intellettivo;
4. disturbi del neurosviluppo, con disturbi della coordinazione motoria, ritardo nella deambulazione, nello sviluppo del movimento e della postura, nel controllo degli sfinteri;
5. disturbi del se’ (i Sintomi di Base del Cluster 1 della Bonn Scale relativi a pensiero, linguaggio, percezione e disturbi motori, e le “esperienze abnormi” analizzate mediante studi qualitativi).
La ricerca dovra’ pertanto muoversi in direzione di un’approfondimento della conoscenza delle esperienze soggettive, di un’estensione delle ricerche di tipo quantitativo e di una migliore identificazione delle correlazioni neuro- / psico- patologiche.
(a cura di G. Bergamino, E. L. Fiscella)

LINKS CORRELATI

COLLABORAZIONI

Dato l'alto numero degli avvenimenti congressuali che ogni anno vengono organizzati in Italia e nel mondo sarebbe oltremodo gradita la collaborazione dei lettori nella segnalazione "tempestiva" di congressi e convegni che così potranno trovare spazio di presentazione nelle pagine della rubrica.
Il materiale concernente il programma congressuale e la sua presentazione scientico-organizzativa puo' essere mandato via posta elettronica possibilmente in formato WORD per un suo rapido trasferimento online

Scrivi alla REDAZIONE DI POL.it
spazio bianco

spazio bianco

Priory  lodge LTD