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Commissione Caritas per la Salute Mentale

 

COMUNICATO STAMPA

IN OCCASIONE DELLA GIORNATA NAZIONALE

PER LA SALUTE MENTALE

 

Abbiamo pensato di dare positivo riscontro alla sollecitazione – rivolta dal Governo agli organismi di volontariato (e non solo) – a “promuovere, attraverso idonee informazioni e tramite iniziative di sensibilizzazione la diffusione di una cultura dell’accettazione nei confronti dei soggetti con patologie psichiatriche, diffondendo altresì il concetto di curabilità dei disturbi mentali” [1] attraverso l’indizione di questa prima giornata nazionale della salute mentale.

 

Promuovere una cultura della prossimità alle persone sofferenti, in questo preciso ambito, è quello che le nostre organizzazioni cercano di fare con ogni iniziativa. Ben venga quindi anche l’opportunità di una giornata nazionale della salute mentale!

 

L’ambito - è bene sottolinearlo - è quello della salute mentale e non tanto della malattia mentale. Non stiamo parlando quindi di una categoria di persone colpite da malattie strane, quanto, insieme, di noi stessi, di noi tutti. Perché siamo tutti un po’ sani e un po’ malati in questa vita. Soprattutto in fatto di salute mentale. Poiché ad essere un po’ sane e un po’ malate sono le nostre stesse relazioni umane. E può capitare davvero a tutti, quando le circostanze e le relazioni si deteriorano, di precipitare in una condizione oscura di grave malessere. E’ a quel punto, soprattutto, che c’è bisogno di un incontro, di un nuovo modo di incontrarsi e di relazionarsi: un “sano” che incontra un “malato” crea una nuova relazione, la cui bontà e salute giova ad entrambi allo stesso modo.

 

 

Questa giornata l’abbiamo pensata dunque come un’occasione per richiamare innanzi tutto i valori fondamentali; i valori che già appartengono alla  nostra cultura di comunità; valori di ispirazione cristiana e allo stesso tempo di tradizione civile; valori sempre da rinnovare e da coltivare.

 

Ricordiamo che l’art.32 della nostra Costituzione dice che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”: diritto dell’individuo e interesse (premura) della collettività qui coincidono. E’ come dire: “quando una parte soffre, tutte le altre soffrono insieme” [2] : tutta la comunità è interessata e coinvolta a risolvere (o almeno a lenire) la sofferenza.

 

La giornata della salute mentale non può dunque essere pensata – tanto meno da noi – quale circostanza di semplici enunciazioni di momentaneo conforto per chi porta il problema: pazienti e famigliari. Chiede altrimenti di essere interpretata in termini di appello di una attenzione e di un impegno dovuti da parte dell’intera collettività: istituzioni, società, singoli cittadini.

 

L’attenzione e l’impegno della collettività - particolarmente nell’ambito della salute mentale - sono parte integrante di una cura che non è soltanto clinica ma che si sostanzia con efficacia solo in presenza di elementi di relazione interpersonale, di relazione autentica, di consegna di sicurezza e di fiducia alle persone in difficoltà; disposizione fondamentale che tutti, appunto, siamo chiamati ad esprimere.

 

Purtroppo, spesso, sussiste lo stigma (il marchio pregiudiziale) nei confronti di chi porta la malattia mentale. Abbiamo dunque ancora molto da fare per determinare, attorno ad ogni persona che soffre, l’ambiente che “cura”, che si prende cura, che si fa carico, che accetta e assume su di sé la pazienza, la fatica necessaria e quotidiana dell’incontro e del dialogo con chi sta male dentro di sé. 

 

Abbiamo ritrovato in proposito una affermazione del Cardinal Martini che esprime molto bene questi nostri pensieri e che vogliamo riproporre in questa giornata: “La guarigione profonda dell’uomo chiede un prezzo a quella stessa società civile che non ha saputo accoglierlo, perché il benessere di una persona nella collettività è un fatto che investe tutti, che chiede tempo, energie, attenzione per il suo reinserimento sociale” [3] .

 

Ecco, vogliamo evidenziare che c’è davvero un prezzo inevitabile e doveroso da scontare; ogni azione di autentica solidarietà comporta sempre un sacrificio. E questo è vero ai vari livelli: di ciascuno di noi, di ciascuna comunità, dei suoi servizi e delle sue istituzioni.

 

Quella odierna è, di conseguenza, pure l’occasione per esprimere e per partecipare delle preoccupazioni sul sistema complessivo della cura ora in atto e su quanto si va a configurare per effetto delle nuove disposizioni.

 

Non sempre i nostri servizi risultano in grado di assicurare una sufficiente presa in carico  e un adeguato accompagnamento delle persone nei percorsi terapeutici che dovrebbero portare alla restituzione sociale o comunque al massimo della possibile socializzazione. Già ora, invece, i malati ritenuti gravi o difficili o scarsamente collaborativi o semplicemente cronici, sono posti ai margini del sistema complessivo della cura.

 

Questa tendenza di abbandono di alcune fasce di pazienti - questa la nostra grande preoccupazione! - rischia di accentuarsi con l’applicazione di alcuni degli indirizzi contenuti nel nuovo Piano Regionale Salute Mentale in via di prima attuazione con la circolare n. 28 del luglio scorso dedicata alla Residenzialità Psichiatrica [4] .

 

In questi atti la Regione definisce con estrema rigidità - a nostro modo di vedere - le tipologie della accoglienza psichiatrica. Per ogni tipologia è precisamente definita l’intensità dell’assistenza o della cura e, in particolare, la durata massima della permanenza del paziente. Ad esempio, le Comunità Riabilitative ad Alta assistenza (CRA), che sono collocate - possiamo dire - al livello intensivo della cura (dopo o accanto al ricovero ospedaliero), prevedono un tempo massimo di degenza di 18 mesi (“inderogabile per i nuovi accoglimenti”: così è scritto nella circolare 28).

 

Così è pure per le altre tipologie: le Comunità Protette ad Alta Assistenza (CPA) e le Comunità Protette a Media Assistenza in cui il limite massimo di degenza è stabilito in 36 mesi.

 

In fondo alla scala delle tipologie previste si collocano le comunità a bassa protezione variamente denominate (Casa Alloggio, Casa Famiglia, Appartamento Autonomo). Per queste ultime “non vi è durata massima di degenza”.

 

Ma mentre per le prime tipologie citate la copertura dei costi delle degenze risulta, come da diritto, a carico della sanità  - la stessa circolare definisce le tariffe giornaliere secondo le intensità di cura - per queste ultime nulla risulta in fatto di copertura dei costi; il che lascia facilmente supporre che i costi siano destinati a ricadere sulla parte sociale della spesa assistenziale, ossia sui pazienti, le loro famiglie e quindi sui Comuni chiamati a sopperire ai limiti di reddito delle famiglie stesse (sempre che sussistano soggetti interessati a gestire strutture a queste condizioni e sempre che non siano strutture per pochi e per ricchi).

 

La Regione fissa inoltre dei limiti di età. Ad esempio, stabilisce il limite massimo di 50 anni per l’accesso alle strutture riabilitative ad alta intensità. Stabilisce il limite massimo di 65 anni per l’accesso alle comunità di alta e media assistenza, “omologando (i bisogni di questi pazienti) a quelli della popolazione anziana”, senza perciò considerare la specificità della malattia, e dirottandoli – come è facile presumere - verso residenze per anziani, con conseguente trasferimento di costi dalla parte sanitaria alla parte sociale della spesa (cioè a famiglie e Comuni).

 

Non esprimiamo pregiudiziali rispetto alla ricerca di passaggi, valutati e ritenuti opportuni, tra una tipologia e l’altra di assistenza, al trascorrere del tempo e delle età, se ciò è funzionale al miglior bene della persona. Quel che ci sconcerta è la netta scansione dei termini e delle modalità.  In fatto di salute e di salute mentale nulla può essere facilmente prestabilito!

 

Al di là dunque di questi tempi e di questi limiti di età, si profila il ritorno a casa ed il recupero di una buona salute - che è sempre ovviamente l’obiettivo da perseguire - oppure l’incorrere, al di fuori di ogni certezza di assistenza, in una situazione indefinita in cui può trovarsi il nulla (o quasi), se non il cuore, già provato, dei famigliari e di poche altre figure. Questa è la nostra grande preoccupazione, oggi, in questa particolare giornata.

 

Ma ve ne sono altre, che desideriamo, almeno brevemente, esprimere.

C’è ancora l’amarezza delle famiglie che non vedono esplicitamente riconosciuto, nelle disposizioni regionali, un loro esplicito coinvolgimento nella definizione del cosiddetto Piano di Trattamento Individuale, dei cui esiti, più o meno positivi, sono comunque inevitabilmente chiamate a farsi carico.

 

C’è apprensione poi per l’esclusione dall’ambito della competenze delle residenze psichiatriche della “Demenza primaria e del Grave ritardo mentale”: questo vuol dire che alcune patologie di confine e di diagnosi incerta (ad esempio l’autismo) sono di per sé collocate in una zona grigia di cui non si sa bene chi si debba occupare ed attingendo a quali risorse. Per queste situazioni auspichiamo la definizione di specifici servizi diurni e residenziali perché, per quanto possibile, per ogni grave limitazione della persona, sia messa a punto la risposta specialistica più adeguata.

 

C’è, non da ultima, la considerazione della nuova istituzione, in capo all’ASL, dell’Organismo di coordinamento per la salute mentale, a cui sono affidati compiti importanti e delicati, quali la valutazione della appropriatezza dei programmi residenziali individuali e l’eventuale (eccezionale) intervento sui tempi di degenza prestabiliti: con ciò si assegnano alle ASL competenze sulla salute mentale, di cui erano state spogliate, senza restituire peraltro personale e specifici profili professionali.

 

Vogliamo tuttavia infine esprimere, insieme alle preoccupazioni, speranze e fondate aspettative.

 

A fine agosto scorso il Dipartimento Salute Mentale dell’Azienda Carlo Poma ha inoltrato in Regione - a seguito di emanazione di  specifico bando - un Programma di azioni innovative a cui le nostre rispettive realtà di appartenenza hanno dato adesione e rimesso disponibilità di fattiva partecipazione.

 

Contiamo evidentemente che il Programma sia finanziato e poi realizzato secondo l’intento di sviluppare, accanto alle attività cliniche, tutta una serie di azioni mirate a ricostruire, attorno alle persone con sofferenza psichiatrica, le opportunità fondamentali (senz’altro costituite da una casa, da un lavoro quando possibile ed adeguato alla misura del possibile) ma soprattutto un tessuto di relazioni umane significative per vivere bene o comunque meglio.

 

Confidiamo poi nel lavoro che potrà svolgere il citato Organismo di coordinamento per la salute mentale, che vedrà la partecipazione di 3 dei nostri membri di Commissione in rappresentanza di 3 aree previste dalla normativa: quella delle famiglie, delle associazioni di tutela dei diritti del malato e della cooperazione sociale che gestisce le comunità residenziali; confidiamo che l’Organismo sappia, com’è suo compito, orientare secondo indirizzi omogenei ma nello stesso tempo valorizzare il lavoro più capillare da svolgere in ogni Distretto Socio-Sanitario e quindi in ogni Comune e in ogni comunità locale, secondo la logica ideale dei Piani di Zona, che è appunto una logica di assistenza sanitaria e sociale di comunità, di coinvolgimento della comunità attorno ai problemi della persona che sta male.

 

Abbiamo già detto molte cose per questa giornata. Ne resta almeno una ancora: l’ultima  e insopprimibile. Abbiamo riportato prima: “la guarigione profonda dell’uomo chiede un prezzo (alla società civile)”. Evidentemente si tratta di un prezzo anche in veri e propri termini di spesa per la collettività. E’ altrettanto  evidente che le misure che abbiamo sommariamente descritto sono dettate dalla necessità -  certo da considerare - di abbattere i costi, piuttosto che dalla sollecitudine di rispondere al meglio ai bisogni di chi soffre.

 

Ebbene per chiudere e per recuperare pienamente - come abbiamo detto all’inizio - i valori umani, insieme religiosi e civili, che stanno alle radici anche di questa giornata nazionale per la salute mentale, non troviamo citazione migliore della seguente: “bisogna cercare di promuovere il bene integrale di queste persone, né si può negare loro il necessario sostegno e la necessaria protezione anche se ciò comporta un maggiore carico economico e sociale” [5] . Sono parole del Papa.

 

          Mantova, lì 5 Dicembre 2004

(giornata nazionale per la salute mentale)

 

 

La Commissione Caritas per la Salute Mentale:

Caritas Diocesana di Mantova

Associazione “Oltre la Siepe” – Mantova

Associazione “La Rondine” – Suzzara

Associazione “Orizzonti” – Ostiglia

Cooperativa Sociale “Ippogrifo” – Mantova

Movimento per i Diritti del Malato – Mantova

 

 



[1] Dal Decreto di indizione del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25 giugno 2004.

[2] Prima Lettera di san Paolo ai Corinti 12,26.

[3] Dal discorso del card. Martini al Convegno internazionale “La cittadinanza è terapeutica. Confronto sulle buone pratiche per la salute mentale”, tenutosi a Milano nei giorni 15-17 aprile 2002.

[4] Piano Regionale Salute Mentale (d.g.r. n. 17513 del 17 maggio 2004) – Circolare 21 luglio 2004 n. 28 Residenzialità Psichiatrica: prime norme attuative del Piano Regionale Salute Mentale.

[5] Giovanni Paolo II a conclusione dell’anno europeo del disabile, 5 gennaio 2004

La rubrica realizzata in collaborazione con
Associazione Laura Saiani Consolati - BRESCIA

http://www.psichiatriabrescia.it


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Carlo Gozio, psichiatra e psicoterapeuta, lavora a Brescia ed è responsabile del Centro Residenziale Terapeutico e del Centro Diurno degli Spedali Civili di Brescia.
Cura per conto dell'Associazione Laura Saiani Consolati il sito www.psichiatriabrescia.it. e le News Territorio di Pol.it

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