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VI GIORNATE PSICHIATRICHE ASCOLANE

"LA PULSIONE, IL CONTROLLO: SE I FRENI SI ALLENTANO"

IL CONGRESSO ON LINE - REPORT ED INTERVISTE ESCLUSIVE DALLE SALE CONGRESSUALI


QUARTA GIORNATA - SABATO 14 MAGGIO 2005
I REPORT DALLE SALE CONGRESSUALI

VI Sessione

"Pinocchio, paradigma di un disturbo della condotta in eta’ evolutiva"

M. Longo, Responsabile dell’Unita’ Multidisciplinare dell’Eta’ Evolutiva di Ascoli Piceno, descrive il Disturbo della condotta come caratterizzato da comportamenti aggressivi, distruzione della proprieta’, frodi e furto, violazione di regole, e generalmente da un esito sfavorevole; nel DSM-IV si colloca all’interno dei Disturbi dell’Attenzione e del Comportamento Dirompente. Alla base del disturbo esisterebbero delle alterazioni dei processi neuropsicologici, in particolare dei deficit dei compiti esecutivi — che sottintendono la capacita’ d’inibizione, di mantenere l’attenzione, di adottare delle strategie, di adoperare in maniera funzionale la memoria di lavoro — con un conseguente deficit di autoregolazione, vale a dire di pianificazione, metacognizione, controllo dell’azione. Ipotesi concettuale di tipo neurobiologico formulata per il disturbo della condotta e’ quella di una non regolare interconnessione tra funzioni anteriori e posteriori, nonche’ di una disregolazione fra regione corticale e sottocorticale. In eta’ evolutiva la neuroplasticita’ fa si’ che la situazione possa essere ancora reversibile.

La relatrice porta ad esempio di tale disturbo il personaggio di Pinocchio interpretato da Roberto Benigni. Descrive Pinocchio e Geppetto come "la diade che non funziona": il primo, pur essendo positivo ed ottimista, ha difficolta’ di apprendimento ed avrebbe bisogno di una figura piu’ autorevole; per diventare l’uno figlio e l’altro padre devono necessariamente separarsi. Mangiafuoco e’ una figura con una doppia polarita’: nell’incontro con tale personaggio, dietro il suo aspetto terribile il burattino riesce a scorgerne anche uno buono; il gatto e la volpe rappresentano l’uso delle capacita’ metacognitive per scopi illeciti. P. Vinai, cognitivista, nel 2003 ha studiato le modalita’ relazionali nella storia di Pinocchio, rilevando al suo interno la presenza di sole sei bugie ed, invece, di molte situazioni di grande disperazione, indice, a suo parere, del bisogno di relazione con l’altro. Il rapporto con la Fata Turchina ha permesso al burattino di sperimentare l’attaccamento e di risolvere i suoi deficit metacognitivi grazie all’educazione da lei impartitagli; egli ha dovuto costruire e conservare nella propria mente l’immagine di un oggetto buono. La relazione con questa sorta di madre e’ apparentemente sana, ne’ idealizzata ne’ di denigrazione. Se da una parte nel momento in cui e’ costretto a fare il cane da guardia Pinocchio riesce ad elaborare delle strategie metacognitive, nel paese dei balocchi vi e’ un ritorno dell’onnipotena-impotenza. E’ poi nel ventre del pescecane — o balena che dir si voglia — che per la prima volta il protagonista porta il proprio aiuto al padre: e’ un’esperienza di morte che precede la sua trasformazione, che ha connotati quasi fetali, risolvendosi con un parto, una vera e propria espulsione.

Durante lo sviluppo si acquisisce la capacita’ riflessiva grazie a diversi fattori: la maturazione neurologica, le condizioni ambientali, le relazioni con i coetanei, le rappresentazioni gia’ possedute, le aspettative personali e degli altri, le relazioni interpersonali con gli adulti. La crescita e l’apprendimento comportano diversi processi adattativi: per imparare bisogna sapersi adattare, per adattarsi bisogna sapersi fidare.

A conclusione del proprio intervento la relatrice mostra le scene finali del film, nel quale si ha il lieto fine, con la guarigione di Pinocchio dal Disturbo della Condotta.

"Il discontrollo degli impulsi secondo l’ottica integrata tratta da esperienze professionali del DSM di Acoli Piceno"

M. F. Cioni, Dirigente Medico Psichiatra del DSM di Ascoli Piceno, si propone di "scandagliare" quelle che sono le ultime novita’ in letteratura relativamente al discontrollo ed all’impulsivita’. Innanzitutto fornisce una breve definizione di impulsivita’, sottolineando poi come essa possa essere misurabile, per esempio con la BIS, e come possa anche avere un’accezione positiva, se intesa alla maniera di Dickman quale "capacita’ di un soggetto di assumere decisioni funzionali molto piu’ velocemente rispetto alla norma".

Implicati nel discontrollo sembrerebbero essere come struttura nervosa un lobo frontale ipofunzionante, come neurotrasmettitore la serotonina, con alterazioni della sua modulazione, deficit di disponibilita’ presinaptica e differenti contributi dei sottotipi recettoriali.

Il Disturbo del Controllo degli Impulsi puo’ inserirsi all’interno dello spettro ossessivo-compulsivo, laddove le due polarita’ comportano rispettivamente la prima una sovrastima del rischio e l’evitamento del pericolo, la seconda una sottostima del pericolo con la ricerca del rischio e della novita’. Esplora quindi il ruolo dell’impulsivita’ nel DOC, avendo rilevato che nel 35% dei casi esso si trova in comorbidita’ con il DCI; quando cio’ si verifica, sembra associarsi con una piu’ precoce insorgenza del DOC e la presenza di sintomi maggiormente insidiosi, una dipendenza con l’eta’, una piu’ alta prevalenza di disturbi d’ansia, una severita’ dei sintomi depressivi e la necessita’ di piu’ trias terapeutici con SSRI. Presenta inoltre uno studio multicentrico franco-svizzero-belga relativo a soggetti bulimici che hanno tentato il suicidio: nel 27,8% si e’ trattato di gesti dettati dall’impulsivita’. Elementi psicopatologici indicatori prognostici negativi sembrano essere un’ideazione suicidarla precoce ed un importante disturbo dell’identita’ corporea.

La genesi dei comportamenti impulsivi va fatta risalire in eta’ evolutiva. Fattori di rischio precoci sono relativi alla qualita’ della relazione con i caregiver ed ai comportamenti e le competenze del bambino. Incidono inoltre fattori culturali ed ambientali. Secondo le fonti Eurispes del 2000, dal 1994 al 1999 e’ raddoppiata la spesa per il gioco da parte degli italiani, nonostante sia minima ed infinitesimale la possibilita’ di vincita, tenendo conto che e’ di gran lunga piu’ probabile che un ragazzino di un piccolo paese di provincia possa da grande diventare un giocatore di calcio di serie A.

La collega M. Vizza, Direttore dell’U.O. di Psichiatria di Ascoli Piceno, presenta due casi clinici esemplificativi di tale disturbo e delle variabili che possono contribuire al suo presentarsi. Tramite la storia di "Alberto: il gioco delle variabili culturali", sottolinea come la societa’ attuale dia maggiore importanza all’apparire piuttosto che all’essere e come il gioco possa dare l’illusione e la speranza di una nuova vita. Nel caso di "Lucia: il peso delle variabili familiari", ci si trova di fronte ad un ambiente familiare caratterizzato dalla presenza di comunicazioni confuse, distanza emotiva, confini deboli ed invischiamento.

Conclude citando la frase di V. Luciani, Direttore Responsabile del Consultorio Familiare Zona 12 — Zona 13 di Ascoli Piceno: "La pulsione vince sempre".

(a cura di E. L. Fiscella)

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