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Intervento di Ernesto Muggia

Presidente UNASAM - Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale

Nel recente rapporto dell’OMS sulla salute mentale nel mondo, il Direttore Generale Gro Harlem Bruntland sostiene che  “…vi è una sola strada: assicurare che la nostra sia l’ultima generazione a permettere che la vergogna e lo stigma regnino al di sopra della scienza e della ragione”.

Fra le dieci raccomandazioni guida di politica sanitaria nel campo della salute mentale per l’OMS voglio qui citarne una per il suo alto valore sociale e culturale:

“Coinvolgere le comunità, le famiglie e gli utenti nell’elaborazione delle politiche, dei programmi e dei servizi, per adattare i servizi alle necessità della popolazione”.

Ora è noto a tutti che l’ostacolo principale che ci troviamo davanti in questo settore è il pregiudizio e la conseguente discriminazione delle persone con disturbi mentali e dei loro familiari. Il pregiudizio estremizza, generalizza, rifiuta l’analisi; dà un senso immediato di sicurezza perché rende più semplici realtà complesse e poco conosciute. La sofferenza mentale è un campo scomodo, su cui si cerca di tacere sia con gli altri che con noi stessi, anche per la paura che in genere si ha nel riconoscere le zone oscure che tutti portiamo al nostro interno.

Fra i tanti pregiudizi che gravano sulla sofferenza psichica, spesso appesantiti dal silenzio generale, i più pericolosi per le conseguenze devastanti che ne derivano sono due: l’incurabilità e la pericolosità. Tralasciamo in questa sede gli altri come la vergogna, la colpa, l’incomprensibilità, la necessità di interventi magici o di esorcismi, ecc…

E’ veramente difficile dipanare il groviglio di paure genuine e di timore, che alimenta il pregiudizio della pericolosità nei confronti di chi è affetto da disturbi mentali. Non c’è dubbio che sussistano casi di alterazione mentale che portano ad atteggiamenti aggressivi e alla violenza. Non va dimenticato però quante volte coloro che sono soggetti a stati di alterazione psichica, sono stati sottoposti all’inganno e alla violenza. L’aggressività, in tutti questi casi, è la reazione a stati di paura, di sofferenza, di tensioni insopportabili: proprio per questo può essere opportunamente prevenuta e gestita quando il soggetto è seguito con continuità e competenza dall’équipe curante. I dati statistici smentiscono e ribaltano il luogo comune del “matto violento”: aggressioni, lesioni, omicidi, sono presenti in egual misura nella cosiddetta popolazione normale e in quella dei pazienti psichiatrici.


Quello dell’incurabilità è certamente il pregiudizio più dannoso. “C’è poco da fare, non possono guarire” è una forma di inutile commiserazione e disimpegno, che si trova perfino in alcuni operatori. Così si toglie a chi lo manifesta, come a chi lo subisce, la speranza, e con essa l’iniziativa e la tenacia necessarie ad ogni cammino di ripresa. Rafforza questo pregiudizio il fatto che chi, parente o conoscente, si trova a contatto con “colui che sta male con la mente”, avverte un senso di impotenza: non trova il modo di aiutarlo concretamente, non vede miglioramenti, assiste a periodiche ricadute. Inoltre, il senso comune e la memoria collettiva mantengono ancora l’immagine tradizionale del sofferente internato nel manicomio: un’istituzione che non solo non era curativa, ma - dietro l’apparenza di assistenza globale e protettiva – reprimeva e occultava i disturbi, distruggeva la vita psichica e faceva regredire il ricoverato. Il manicomio rendeva cronica la sofferenza temporanea, vero luogo di non ritorno, rendeva chi vi entrava segnato per la vita e sanciva, agli occhi propri e a quelli altrui, l’attributo di incurabile. Viceversa nessuna base scientifica giustifica l’idea che gli stati di alterazione mentale siano in quanto tali irreversibili. L’anno mondiale del malato di mente era sotto l’insegna del motto “ Stop exclusion, dare to care”- serve la cura e prendersene cura - era stata la nostra versione italiana.

Per concludere vorrei citare il libretto dell’UNASAM per le scuole: “Dal pregiudizio alla convivenza”, e le numerose campagne per la salute mentale che noi dell’UNASAM abbiamo condotto negli anni, premiate anche con il prestigioso “Grand prix della comunicazione sociale”.

E da ultimo il Progetto Obiettivo per la tutela della salute mentale, tuttora valido in regime di prorogatio, che fra gli interventi prioritari per i servizi di salute mentale pone:

“L’effettuazione di iniziative di informazione, rivolte alla popolazione generale, sui disturbi mentali gravi, con lo scopo di diminuire i pregiudizi e diffondere atteggiamenti di maggiore solidarietà; ciò aumenterebbe, fra l’altro la possibilità di indirizzare i malati gravi ai servizi di salute mentale”.

 

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