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Riceviamo e pubblichiamo dall'Associazione operatori lombardi OpLA e Psichiatria Democratica del Triveneto il seguente documento.

TERRITORIO E LIBERA SCELTA, QUALITA' TECNICA E QUALITA' POLITICA 

L'associazione di operatori lombardi OpLA e Psichiatria Democratica del Triveneto hanno pensato ad un confronto interno alle due associazioni per discutere i problemi legati alla nuova fase istituzionale che stanno attraversando soprattutto  i servizi lombardi e veneti, ma non solo.  A questo scopo OpLa ha condotto un focus group con alcuni interlocutori privilegiati della realtà lombarda e ne ha elaborato il seguente documento, successivamente distribuito ai partecipanti al primo incontro, tenutosi in Verona il 12/4/02. La discussione, come si vedrà, si è rapidamente spostata alla condizione operativa dei servizi lombardi  ed allargata ad altri interessanti argomenti, per questo volentieri proponiamo il verbale integrale dell'incontro. 

vengono qui di seguito proposti i due documenti allo scopo di allargare il dibattito.

Op.L.A.  Operatori Lombardi Associati per la Salute Mentale        

v.  M.A.Colonna 57 , 20149 Milano, tel/fax 02/39265792.  e-mail: op_la@libero.it

 

TERRITORIO E LIBERA SCELTA, QUALITA' TECNICA E QUALITA' POLITICA   

appunti per un dibattito tra OpLA e Psichiatria Democratica del Triveneto

 

1. PRATICHE E QUADRI NORMATIVI  

Le esperienze antiistituzionali degli anni ’60 e ’70 produssero la riforma psichiatrica: le buone pratiche ottenevano un riconoscimento legislativo e il movimento diventava buon governo. La generalizzazione delle buone pratiche passava attraverso la collaborazione tra  operatori motivati e amministratori sensibili.

Negli anni ’90 la crisi del welfare state mette in discussione il principio universalistico ed il quadro organizzativo della riforma sanitaria.

Oggi il modello liberista impone nuove pratiche non più centrate sull'individuo storico, ma sul cittadino  cliente, di fatto non più centrate su efficacia e diritti, ma su efficienza e remuneratività, e dove la compatibilità economica diviene una  variabile indipendente.

domanda: quali possono essere attualmente responsabilità  e ruoli degli operatori, degli amministratori e dei legislatori ?

2. APPROPRIATEZZA

Si sta assistendo ad uno spostamento culturale ed operativo dalla soggettività del malato all’oggettività della malattia, dalla complessità del problema alla particolarità del sintomo, dalla presa in carico delle storie alla prestazione puntiforme, dal trattamento contestuale alla cura individuale, dalla integrazione tra sanitario e sociale alla loro separazione, da una attenzione ai bisogni ad una attenzione alla domanda.

In carenza di riferimenti valoriali certi e di evidenze scientifiche certe risulta sempre più difficile individuare oggetto, finalità e metodi dell'operare in psichiatria. Da qui diviene difficile stabilire quale sia il trattamento più appropriato, ovvero  più efficace e più indicato, e quale sia la organizzazione del servizio più appropriata, ovvero più indicata e costo/efficace.

Sono pertinenti i criteri della EBM (medicina basata sull’evidenza) per la valutazione dell’appropriatezza delle pratiche psichiatriche? E’ pensabile una EBM rivolta non all’individuo, ma alle popolazioni ? La EBM è un metodo, ma può divenire un dogma, e già si levano critiche intelligenti e vivaci verso una Evidence “Biased” (influenzata, condizionata) ed a favore di una  Experience Based Medicine.

domanda: quale è l’oggetto de nostro intervento e come individuare e valutare appropriatezza clinica ed organizzativa ?  

 

3. CENTRALITA' DEL CLIENTE

 

Si sta configurando un rapporto diverso fra cittadini e Aziende sanitarie produttrici di beni/servizi, con il passaggio da un piano di contratto sociale ad uno di contratto economico. La centralità non è più nel servizio, ma nell'utente. Gli utenti acquisiscono la nuova veste di clienti ed acquirenti, ed i servizi di erogatori delle prestazioni più costo/efficaci.

Il cittadino, portatore di un disagio, membro di una comunità e titolare di diritti, vede ridefinita la propria identità in termini di cliente. Dal canto proprio  il servizio, non più espressione di una comunità e momento di ricomposizione del conflitto, vede ridefinita la propria identità in termini di risposta all’individuo malato, all’organo malato e infine al sintomo da eliminare.

Gli utenti vengono differenziati per fasce di potere contrattuale (forti e benestanti, che possono acquistare prestazioni “qualificate” / deboli e poveri, che devono essere assistiti) ed i servizi vengono differenziati non più per competenza territoriale, ma per tipologia di offerta e target di clientela.

domanda: è possibile coniugare contrattualità, equità e qualità ?

 

4.  PSICHIATRIA E CIRCUITO SANITARIO

 

La fine dell’esclusione della disciplina, delle pratiche, dei soggetti di cui si occupa, viene pagata, nel lungo periodo, con la progressiva rinuncia alla componente sociale, a quel sapere e a quel fare che si collocano in un’area intermedia fra “scienze umane” e “scienze esatte”, che é poi la differenza fra occuparsi di "human beings" e curare "brain diseases".

In parallelo: più la psichiatria diviene sanità, più l’assistenza si occupa di soggetti psichiatrici. Riemergono forme di residualità sociale, cui si risponde con nuove forme di assistenzialismo. Il totalitarismo dei servizi produce la divaricazione tra sanità e assistenza. Il principio di sussidiarietà stimola la creatività e individua nuove risposte, ma nello stesso tempo i soggetti sociali organizzati che producevano servizi di volontariato integrativi ed a valore aggiunto si confondono e vieppiù si sostituiscono ai soggetti produttivi che erogano servizi commerciali,  il privato sociale diviene privato commerciale.

Il sistema dei servizi è sempre più complesso ed in esso il ruolo del servizio psichiatrico pubblico sempre più marginale.

domanda: c'è ancora una particolarità della psichiatria e se si come declinarla operativamente? Quale rapporto tra servizio psichiatrico pubblico e altre agenzie private?  

 

5. QUALITA’ TECNICA  E QUALITA’ POLITICA

La qualità tecnica non può che individuare dimensioni misurabili ed a quelle  rivolgersi. La relazione con l'utente o l'intervento sul contesto, scarsamente costo/efficaci e non "evidence based”, vengono escluse dalla qualità tecnica e ridotti a pure opzioni contingenti.

Le pressioni all'efficienza portano inoltre ad uno sfrondamento di tutto ciò che non è ritenuto pertinente o indispensabile. Si restringono i tempi di ascolto, di approfondimento, di restituzione di senso, di relazione con l'utente, di coinvolgimento del contesto.

La riduzione della qualità a qualità tecnica ed a procedure, fa riemergere un problema di valori e di qualità politica del servizio. In assenza di qualità politica la relazione di aiuto diviene solo un problema di  umanizzazione dell'assistenza, l'attenzione prolungata e protettiva per non perdere di vista i pazienti più deboli diviene una procedura di monitoraggio standardizzato di una popolazione a rischio, il diritto alla partecipazione ed all’informazione si riduce alla  sottoscrizione di moduli, l’identificazione emotiva ed il rispetto per l’altro da sé divengono  un problema di disponibilità e  cortesia utili alla fidelizzazione del cliente, l'attenzione al contesto sociale si riduce ad  un problema di competenze e di coordinamento.

I giovani operatori, privi di riferimenti valoriali e sempre più preda del mercato e delle tecniche, sempre più sfuggiranno i problemi e si fermeranno alle procedure, il campo d'azione della psichiatria sarà sempre più povero e  frammentato e l'impatto sulla salute collettiva sempre più ridotto.    

domanda: che cosa è qualità tecnica e che cosa qualità politica e come coniugarle?

 

 

 

 

 

Qualità tecnica e qualità politica, Territorio e libera scelta

 

verbale dell' incontro di Verona tra  OPLA  e  PD del Triveneto

 

Il 12 aprile scorso, a Verona, presso la sede nazionale del Movimento Nonviolento  Opla  è stata invitata ad discussione con Psichiatria Democratica del Triveneto. La discussione, partita dal  documento di Opla "Qualità tecnica e qualità politica, Territorio e libera scelta", si è dispiegata in una serie di riflessioni a tutto campo che riportiamo integralmente. All'incontro erano presenti : Colucci (TS), Culicchia (MI), Meluso (MI), Fulvio Aurora (MI), Giovanna Gallio (TS), Gardellin e Pullia (TV), Rasi (MI), Re (MI), Ricci (VR), Lattanzi (VE), Paniccia e Steffenoni (VE),  Toresini (BZ), Tissi (MI), e altri partecipanti di cui non è stato registrato il nome.


Ricci: spiega il senso nella scelta della sede per l'intenzione di PD Triveneta di fare un seminario a Verona in ottobre su violenza, emarginazione, guerra e salute mentale. Fa riferimento all'ottimo documento messo a punto da OpLa e alla maggior facilità con la quale oggi si riesce a fare fronte comune nella generale regressione politica. E' evidente che sta rinascendo una questione psichiatrica. Seppure riformata nella sostanza, la psichiatria nella sua generalità non é cambiata in questi venticinque anni. La maggior parte dei servizi sono ancora servizi di esclusione: porte chiuse, violenze sistematiche, circuiti di cronicità, contenitori aspecifici di sofferenza. Il tutto poi enfatizzato dai processi di aziendalizzazione.

Il documento di OpLa identifica una via di uscita da tutto questo. Il livello di contraddizione più alto é quello che smaschera il sapere procedurale razionale - utilitaristico che rende opachi i servizi. Dobbiamo trovare un luogo di discussione aperto dove confrontarci senza vincoli e veti. La fase che stiamo attraversando é caratterizzata da elementi molto dissonanti: da una parte la regressione politica, ma dall'altra le soggettività che il "movimento dei movimenti" e il nuovo protagonismo sindacale stanno esprimendo. Sarebbe bene che gli amici lombardi spiegassero le caratteristiche di fondo nella nuova legge regionale della Lombardia.

Culicchia  Le linee fondamentali della controriforma lombarda si possono così riassumere: 

- messa in discussione dell'universalismo dei diritti, passaggio dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) della legge 328/00, ai livelli minimi/garantiti di assistenza del PSSR lombardo

- riduzione delle ASL alle esclusive funzioni di Programmazione - Acquisto - Controllo (PAC)

- prevalenza del sanitario e debolezza dei processi di integrazione sociosanitaria

- "accreditamento" come diritto soggettivo dell'agenzia erogatrice

- enfasi sulla "qualità percepita"

- criteri guida di esclusiva natura economica, aziendalistica e amministrativa

- enfasi sull'individuo acquirente ed introduzione del buono sociosanitario

- compartecipazione dei cittadini alle spese

- discriminazione dei soggetti deboli, cronici, anziani non autosufficienti attraverso le forme integrative di pubblica assistenza (assicurazione obbligatoria, secondo il modello tedesco)

- rispetto alla psichiatria: enfasi sulle famiglie, idolatria della libera scelta e superamento della competenza territoriale, istituzione di UOP private, suddivisione dei malati in diversi livelli di gravità, oggetto  – di fatto – di diversi canali di risposta del mercato (cosiddetto "governo clinico" attraverso: consulenza ai MMG, assunzione in cura, presa in carico integrata).

Se il PSSR verrà attuato, saranno davvero scardinati i servizi centrati sul territorio e verranno vanificate non solo la 180 e la 833, ma anche tutte le linee guida comprese nel Progetto Obiettivo per la salute mentale.

Gallio Qual è il ruolo attribuito agli enti locali, in particolare ai comuni? Nel PSSR si fa almeno riferimento a principi di welfare locale o comunitario?

Culicchia Forse non tutti sanno che in Lombardia già da anni le ASL non forniscono più la maggior parte dei servizi sanitari, erogati dal 1998 dalle Aziende Ospedaliere anche in ambito psichiatrico. Col nuovo PSSR le ASL alieneranno gli ultimi servizi rimasti (Sert, Alcool - dipendenze, Consultori, Medicina di comunità, etc.) e si limiteranno a "comprarli", per i cittadini residenti, mettendo sullo stesso piano pubblico e privato, dopo averli accreditati. I distretti sociosanitari faranno il "piano di zona" d'intesa con i comuni, per programmare la 'domanda di salute'.

Gallio Lo scenario che viene descritto suscita domande che, su scala diversa di intensità, ci stiamo ponendo un po' ovunque; problemi che si sono evidenziati anche in seguito all'aziendalizzazione e di cui si è discusso sinora molto poco. In primo luogo il potere degli operatori di influire sull'organizzazione dei servizi: in un contesto molto affollato di agenzie e di soggetti, che vendono/comprano prestazioni al di fuori di qualsiasi criterio di unità territoriale, il tecnico è responsabile di cosa, in ordine a quale "mandato", essendo "istituzione" di quali finalità e obiettivi, perseguendo quali politiche? Tra un'amministrazione/azienda che definisce le procedure sulla base di criteri essenzialmente finanziari, e un'utenza cui viene attribuita la facoltà  – a priori, e in modo abbastanza demagogico – di decidere i percorsi di cura, il tecnico diventa  ostaggio del servizio, ricattato e ricattabile in un ruolo solo funzionale e funzionalistico, controllato da liste di criteri e da una massa di procedure cartacee.

Rasi Tra i servizi psichiatrici c'è ancora l'abitudine a mantenere i vecchi confini territoriali, ma é una convenzione tra operatori, perché il principio della libera scelta scardina il concetto di competenza territoriale: ogni persona può farsi curare dal  servizio che vuole, purché accreditato. 

Roll In Germania, dove il principio di sussidiarietà é legge dello stato, le strutture, che pure sono quasi tutte private, sono per lo meno divise in "obbligate al trattamento" e "non obbligate al trattamento". Se tutte le strutture potessero scegliersi i pazienti si creerebbero dei coni d'ombra, l'abbandono dei pazienti che nessuno vuole.

Meluso Il criterio della libera scelta crea due paradossi: da un lato le strutture che selezionano l'utenza, dall'altro i servizi più efficienti che si sovraccaricano di utenza. E del cittadino/utente che non va al servizio chi se ne occupa? La decisione di presa in carico, e le modalità di attuazione della presa in carico, rappresentano uno dei problemi più spinosi per i familiari, e credo anche per gli operatori.

Gallio Abbiamo sempre detto che il lavoro in psichiatria consiste nel trasformare l'organizzazione del servizio in relazione ai percorsi della domanda e all'evoluzione dei bisogni del territorio; la responsabilità degli operatori è di incidere sulle modalità di espressione della domanda accostando i bisogni reali, trasformando atteggiamenti e culture, risorse e poteri dell'utenza. Di questo potere/responsabilità dei tecnici, che ha ripercussioni molto dirette sul potere/responsabilità dell'utenza, che cosa resta nello scenario che è stato delineato? Sciolto il vincolo territoriale, come si articolano i percorsi della domanda, quali diventano  i poteri che influiscono sull'utenza nelle modalità di accesso ai servizi? Quali coercizioni, quali "libertà" – degli operatori, degli utenti –  di decodificare la domanda e di accostare i bisogni reali; quale "contratto", se in psichiatria la contrattualità dell'utenza non è data a priori, ma è essa stessa l'esito del processo di cura...

Pullia E' evidente che ciò che conta sembra più la domanda sanitaria che non i bisogni. In realtà l’utente difficilmente esprime in maniera perfettamente consapevole e competente la sua necessità di essere aiutato, e da chi. Di fronte all’allargarsi del campo disciplinare della psichiatria a comportamenti quali lo shopping compulsivo, il gioco d’azzardo patologico, ecc., non è illegittimo ritenere che il diritto ad una risposta al bisogno psichiatrico più complesso, e alle situazioni “gravi”, potrà venire limitato in futuro solo alle emergenze sociali, esprimendosi sempre più in termini di controllo che di erogazione di servizi di salute mentale. I TSO “chiesti da chiunque” sembrano un’esemplificazione preoccupante di certe tendenze, rispetto alle quali era più garantista persino la legge manicomiale del 1904. Quale servizio, come, a nome di chi e con quali risorse si potrà far carico di chi non sa o non vuole chiedere aiuto in prima persona? L’accreditamento di strutture che parifica pubblico e privato (o addirittura in nome della “sussidiarietà” privilegia quest’ultimo) rappresenta o rappresenterà un fattore di cui tenere conto con molta attenzione.

 

Roll Le questioni e le domande poste dal documento degli amici lombardi sono pienamente sottoscrivibili da tutti gli operatori sanitari che lavorano nelle aziende territoriali, in tutti gli ambiti e non solo in psichiatria. In questo senso si tratta di allargare la cornice: in qualche modo si è conclusa la fase in cui la psichiatria rappresentava un campo di intervento in qualche modo straordinario ed eccezionale rispetto agli altri ambiti del sanitario. Perlomeno a Trieste, dove negli ultimi cinque anni si è consolidata l'organizzazione distrettuale/territoriale, verso l'integrazione sociosanitaria, le questioni  poste dal documento verrebbero immediatamente comprese. Ma la domanda è: la psichiatria è in grado di comprendere che le è cresciuto accanto un potenziale alleato? Interrogato sul "che fare", dopo l'approvazione della 180, Basaglia disse che si trattava di ricominciare nel territorio un lavoro di trasformazione, prima di tutto della medicina, nel rapporto con le culture e le amministrazioni locali: è un punto del quale si è discusso molto poco, anche a sinistra, dopo la riforma...

Meluso E' inquietante pensare che la società possa essere organizzata intorno a bisogni costruiti da una visione mercantile delle relazioni e dei bisogni. La psichiatria deve porsi una domanda rispetto alla collocazione nel mondo degli utenti psichiatrici: c’è posto in questo mondo per chi ha problemi di salute mentale? E se è vero, quale è lo spazio accessibile, quali sono i loro diritti, sono posti nelle condizioni di poterli esercitare o piuttosto non persiste una situazione impari sul piano politico e sociale che nega loro tutto ciò? La legge 180 in Lombardia ha visto una scarsa applicazione, così come il progetto obiettivo regionale. Oggi siamo in una situazione paradossale in cui sono i grandi istituti religiosi che, in maniera più o meno valida, si fanno carico dei problemi più drammatici e pesanti che il servizio non è in grado di gestire, e tanto meno i familiari. Per i giovani utenti gravi, spesso il percorso di riabilitazione non trova facile accesso. E’ necessario che facciano esperienze di comunità, di vita sociale; questo è un altro dramma per le famiglie che spesso non trovano sintonia con il servizio su questo punto.  Si assiste alla proliferazione indistinta di strutture "accreditate", che hanno sì i parametri oggettivi ma che spesso non perseguono gli obiettivi di salute e di salute mentale. La Regione Lombardia  mette sullo stesso piano  servizio pubblico e privato grazie alla legge 31/97: il tutto in una logica di concorrenzialità impari, di ampliamento delle risposte pur che siano.       

Re Eppure molte associazioni dei familiari guardano alla questione della libera scelta come alla salvezza. D'altra parte in Lombardia, nel tempo, si sono prodotte molte separatezze che spianano la strada alla rivendicazione individuale. Mi riferisco alla frattura fra utenti,operatori e cittadinanza, tra sanità e sociale, tra malati lievi e malati gravi, tra una medicina basata sulle prove di efficacia ed un neoassistenzalismo, tra operatori/agenzie della sanità e operatori/agenzie dell'assistenza. Si assiste inoltre ad un appiattimento del sanitario su prestazioni e del sociale su interventi protesici. E il mercato della offerta si sviluppa. Mentre cresce nelle aziende sanitarie l'attenzione per le questioni tecniche e amministrative, fuori dalle aziende (Caritas, Comuni, ecc.) cresce l'attenzione per la categoria generica del 'diseredato', e si assiste ad un rincorsa per la conquista del mercato in questo settore. Il rischio paradossale é che con il tempo la assistenza psichiatrica pubblica si occuperà di bisogni complessi  (sofferenza e marginalità con interventi di cura e controllo) solo quando inevitabile, ossia quando si traducono in urgenze da Pronto Soccorso, la psichiatria territoriale, sempre più assimilata alla medicina, si occuperà solo di sintomi/domande "semplici" ed il sociale, sempre più assistenziale, si occuperà solo di povertà/marginalità non acute.

 

Gallio Quando, dopo la riforma, molti psichiatri hanno creduto di potersi liberare della contraddizione cura/controllo, quando si è presa sul serio l'assimilazione della psichiatria alla medicina (al vecchio modello della clinica ospedaliera), non riconoscendo al campo della salute mentale territoriale uno statuto più complesso e proprio, diventa poi più facile far sparire questo statuto anche per legge. Magari riproponendo, come oggi si fa, il trattamento coatto, la segregazione dei 'gravi', dei 'cronici', degli 'acuti' o dei 'pericolosi' come banali funzioni sanitarie che possono essere gestite da chiunque, in qualsiasi luogo. La svolta neoliberista, o comunque vogliamo chiamarla, si manifesta prima di tutto come effetto ottico, di ingrandimento degli effetti di un'applicazione parziale, distorta o lacunosa della 180. E in particolare della frammentazione, fragilità e impotenza di servizi territoriali concepiti come ambulatori, incapaci strutturalmente di far fronte alla globalità della domanda, già svuotati o mai riempiti di funzioni di presa in carico degli stati di maggiore complessità e gravità.

Ma in Lombardia sta accadendo qualcosa di peggio: è un osservatorio avanzato per comprendere fino a che punto viene portata la minaccia di "cambiare pelle" alle istituzioni pubbliche, di svuotare il servizio pubblico delle sue prerogative di centralità nella costruzione dello stato di diritto. Viene meno quel tempo/spazio in qualche modo progressivo, cumulativo, che ci autorizzava fino a non molto tempo fa a considerare i limiti di applicazione della 180 come fatti ancora regionali e locali, contingenti e reversibili nell'alveo di una riforma nazionale che si sarebbe un giorno compiuta e realizzata. Oggi sappiamo che non è così: proprio facendo leva su quei limiti e difetti, e rendendoli irreversibili, si potrebbe legittimare ovunque un modello di psichiatria che consideriamo eticamente ripugnante e organizzativamente disastroso. Tutto ciò contro cui abbiamo lottato negli ultimi trent'anni, e per cui ci siamo differenziati dagli altri stati europei che non hanno mai chiuso i manicomi,  ai quali potremmo essere assimilati per forza.
Tissi Se la riforma psichiatrica è stata realizzata in modo disomogeneo, a "pelle di leopardo", e se la qualità dei servizi territoriali è così lacunosa e piena di difetti, è anche perché la legge 180 non è cogente per quanto riguarda la loro creazione, ma solo per la chiusura dei manicomi. C'è una responsabilità a sinistra in merito, l'insufficiente convinzione sulla necessità di creare ovunque i servizi  perché si temeva di psichiatrizzare, di manicomializzare il territorio. Il risultato della disomogeneità dei servizi è una reputazione tarata sui livelli più bassi o sullo zero, perché i servizi possono anche non esistere affatto. I servizi nati con la 180 sono cresciuti male e in modo disomogeneo anche in Lombardia, e questo facilita chi oggi persegue il loro smantellamento.

Steffenoni Oggi i veri tecnici contano poco, chi davvero conta sono i comitati d'affari. Il fallimento della 180 viene ormai gestito da un comitato d'affari. A mio parere la malafede é imperante, basta l'alleanza di un tecnico venduto e di un comitato di affari.

Colucci Mi colpisce, in tutta la questione lombarda, l'uso distorto della parola libertà. La legge 180 s’interroga su quel punto centrale e delicato che concerne il rapporto con la libertà della persona sofferente. Il compito che la legge indica all’operatore è quello di “farsi carico” di questa libertà, nel senso di cercare di ottenere dalla persona il consenso alle cure con pazienza e tenacia, e lì dove ciò non accada, di farsi carico anche del rifiuto, con una scelta responsabile che garantisca i diritti della persona, primo fra tutti quello di essere comunque curata. In definitiva, non ci si può nascondere dietro questo rifiuto per sostenere, in maniera generica e strumentale, che bisogna garantire il rispetto della “libera scelta” dell’individuo, mascherando così atteggiamenti di deresponsabilizzazione e di abbandono delle persone sofferenti in una condizione di solitudine e di miseria morale e materiale.

Che cosa significa garantire la libera scelta dell’utente fra più servizi accreditati? Che cosa significa puntare su questo status di libero fruitore, che sceglie in regime di “sana concorrenza”? L’assunzione della mera domanda dell’individuo scotomizza la complessità di una presa in carico di tutto il retroterra familiare e ambientale della persona. Chi lavora in salute mentale sa fin troppo bene che la presa in carico si realizza con una responsabilità verso un territorio e, soprattutto, con un’attenzione quotidiana verso delle persone affinché sia loro riconosciuta piena voce all’interno di un dispositivo terapeutico, che resta sempre in equilibrio precario tra la tentazione di controllo per motivi sanitari e il pericolo contrapposto di deriva sociale per rifiuto delle cure. Lo spirito della legge 180 è una “contrattazione senza fine”, che interroga il tecnico proprio intorno alla sua responsabilità politica di mediatore tra la sofferenza dell’individuo e la dimensione sociale e istituzionale in cui questa si esprime.

In questo senso è una legge fondamentale. Se passasse una visione come quella lombarda, arriveremmo a un’impostazione analoga a quella angloamericana, nella quale la libertà individuale é l'unico metro del trattamento fino a che non entra in gioco il rischio sociale, ossia la pericolosità: allora, anche per il più piccolo gesto di trasgressione, che suscita allarme, rientra in gioco l'ospedale psichiatrico. La tragedia é che questa visione che sopravvaluta e deforma il concetto di libertà – ci hanno davvero esasperato con case e poli della libertà! - distrugge il senso e il valore etico della parola libertà, che il movimento antiistituzionale aveva contribuito a costruire in tanti anni di lotta. La sinistra si trova nella condizione grottesca di sentirsi recitare la lezione sulla libertà dalla destra! Peraltro una lezione che è anche falsa!

Ricci A me pare che la critica del modello liberista in sanità debba essere l'architrave condivisa di questo momento. Dobbiamo distinguere cos'è 'tecnico' da cos'è 'politico'. Due sono per me le questioni: i soldi, le risorse finanziarie, e i criteri di misurazione/valutazione degli interventi. Su queste questioni dobbiamo dire cose nuove, perché oggi chi detiene il potere decide anche i criteri di "misurazione".

Gallio Se oggi sono qui è perché il documento scritto da OpLa riassume efficacemente e mette in discussione, forse per la prima volta, conseguenze ed effetti dell'aziendalizzazione della sanità. Vorrei che lo si potesse analizzare punto per punto, soprattutto per rispondere alle domande che solleva. Venendo qui lo leggevo ad alta voce a Colucci e dicevamo che, a fronte di analisi così puntuali, così ben formulate in poche righe, le domande aprono questioni immani, come se  non sapessimo niente di quel che è giusto fare o non fare in psichiatria. Io mi sento di dire che, nonostante i ritardi e le inadempienze nell'applicazione della 180, in questi trent'anni abbiamo imparato molto: non solo sappiamo cosa è giusto "non fare", ma anche cosa fare di giusto e come farlo.

E' un patrimonio di conoscenze e di esperienze che va salvaguardato perché unico e incomparabile, soprattutto se confrontiamo quel che è avvenuto nel nostro paese a quei paesi europei nei quali la cultura dell'internamento non è mai stata davvero messa in discussione: dove la riduzione dei ricoveri, se e quando avviene, è per ragioni più amministrative e finanziarie che tecniche. In Francia, in Germania, in Inghilterra non vi sono tracce significative del "disagio" dei tecnici: la messa in discussione del potere, del ruolo, della cultura dei tecnici su cui –  da Basaglia in poi –  abbiamo fondato la "liberazione" del malato.

Meluso Come mai a Milano gli psichiatri di avanguardia, che pure c'erano, non hanno dato una mano ad applicare la 180? Le associazioni delle famiglie in tutti questi anni hanno svolto un compito di riparazione, in certi casi di supplenza dei servizi in termini di risposte concrete, anche organizzative: in ogni caso risposte parziali. Sul piano politico, sociale e culturale, è rimasto un soggetto (il paziente) con scarsa contrattualità nei confronti delle istituzioni politiche e delle istituzioni psichiatriche.   

Ricci, Colucci, voci varie: il discorso si concentra su formazione
e valutazione: il problema di come "misurare" ( i processi, gli esiti degli interventi), e l'importanza o meno di una cultura della valutazione

Rasi A mio parere ci dobbiamo rimettere nel flusso dei movimenti.

Arena In Italia abbiamo una cultura della salute mentale e della sanità eccezionali, il Piano Sanitario della Lombardia va semplicemente buttato via. Nessuno nega che anche noi, o meglio la sinistra italiana, abbiamo fatto degli errori. Vi ricordate come la CGIL ha difeso l'aziendalizzazione della sanità? Eppure non va dimenticato che tantissimo é ancora da fare: forse che le case di riposo non sono istituzioni totali? E quante altre situazioni sociosanitarie necessiterebbero di un approfondimento. Comunque la cultura dei LEA é mostruosa…
Ricci Mi convinco sempre di più che quanto stiamo dicendo é molto promettente: la presa sulla realtà é manifesta!

Re Sono convinto che con la qualità politica si accreditano buone pratiche, con la qualità tecnica non ci si arriva.

Ricci La vera questione é sempre quella dei diritti.

Re Ormai sembrerebbe ci sia un certo consenso su cosa deve essere un buon servizio; molti tecnici democratici che si sono occupati di accreditamento (Erlicher, Rossi, Bosio e altri) hanno identificato validi indicatori di qualità dei servizi. Ma se i servizi cercano di applicare pedissequamente questi indicatori senza avere "qualità politica", il processo di miglioramento non è garantito.

Tissi Forse si tratta di distinguere fra procedure senz'anima e procedure con l' anima…

Lattanzi E' da un po' che cerco di capire cosa intendesse Ricci con la questione della 'misura', e forse le parole di Re possono rispondere o comunque situare il problema al giusto posto: le buone pratiche hanno più a che fare con la qualità politica che con quella tecnica. Ma anche qualità politica é un'espressione un po' astratta. Ricci ha detto che il problema è quello dei diritti. A me vengono in mente le parole di Basaglia quando raccontava della sua impressione quando entrò la prima volta in un manicomio, come di un'esperienza intollerabile che gridava vendetta alla coscienza morale. Forse la questione é ancora quella, della necessità di continuare a scandalizzarsi di fronte alla profonda ingiustizia sociale e umana che la malattia mentale ancora rappresenta, come punto di rottura tra biologico e sociale e come luogo che rimanda continuamente all'incapacità della cultura di ricucire ciò che le contraddizioni della società continua a distruggere.

Gallio  Nella seconda metà degli anni '70 – con Maccacaro, Basaglia, Misiti, Minguzzi –  la ricerca era finalizzata a trasformare la realtà: non solo a favorire la partecipazione degli operatori alle conoscenze, e a consolidare nuovi stili di lavoro, ma nel vincolo di trasformare gli "oggetti" di osservazione  in "soggetti" della conoscenza e del cambiamento. In quegli anni veniva anche attribuito ai ricercatori un qualche potere di influenzare la realtà quotidiana dei servizi: si era tenuti a lavorare sul campo, secondo metodologie di ricerca - intervento che coinvolgevano i diversi "attori". Poi ho visto la ricerca sempre meno sostenuta e finanziata, sempre più accentrata nelle mani del potere medico - clinico, asservita alle procedure o alla legittimazione dell'esistente; anche i ricercatori, in quanto professionalità non mediche, sono stati via via emarginati ed espulsi. Credo che malgrado tutto una mentalità valutativa si sia radicata e diffusa negli anni della riforma, anche se si dovrebbe tornare a discutere gli usi e i metodi di una valutazione che non si nutre più di ricerca: appiattita sulle procedure, spesso mal fatta e distorcente la realtà, priva di una vera finalizzazione al cambiamento e dunque percepita dagli operatori come un sistema di controllo dall'alto...

Pullia L'incapacità dei servizi di gestire la contraddizione tra bisogni e vita produce direttamente 'scarti'. Una civiltà oggi si misura anche a partire dalla quantità e dalla tipologia dei suoi “rifiuti”. Credo che un buon livello di valutazione dei servizi derivi senz’altro dall’entità e dalla qualità dei “senza dimora” e dei luoghi come i cronicari, le istituzioni per disabili, le case di riposo o le comunità dedicate che insistono su un territorio. La quantità delle prestazioni e la loro "qualità" ben poco ci possono dire e far capire sull’appropriatezza della presa in carico: un buon servizio può rispondere benissimo a chi gli si rivolge, ma disinteressarsi di chi non lo fa o non è in grado di farlo, riconsegnando i più deboli alla criminalizzazione e alla neomanicomialità, o lasciandoli nell’abbandono. C’è bisogno di inchieste serie sulla consistenza e la qualità di questi contenitori diffusi nel territorio per misurare e valutare seriamente l'azione dei servizi di salute mentale.

 

A questo punto il dibattito diventa molto animato e si fatica a tirare le
conclusioni.

Ricci A questo punto mi sento di trarre un po' la sintesi finale; mi pare
di poter dire che le questioni sono due:

1. liberismo e sanità, con tutto ciò che implica di rapporti con il mondo politico, dei movimenti e sindacale

2. patrimonio culturale e formazione, ovvero come trasmettere il nostro patrimonio culturale alle nuove generazioni di operatori e come farle crescere criticamente su questi temi

La riunione termina con tre propositi: una riunione intermedia a giugno, una giornata seminariale a ottobre. Nel mezzo la diffusione del presente verbale ed il tentativo di scrivere un paio di paginette di intenti, magari identificando  tre o quattro argomenti chiave.

Alla riunione ha fatto seguito un incontro informale con la deputata di Rifondazione Comunista Tiziana Valpiana, componente della Commissione Affari Sociali della Camera, che ci ha aggiornato sul dibattito intorno alla controriforma della legge 180-833: secondo lei  la proposta di legge Burani Procaccini rappresenta in buona sostanza il punto di vista della maggioranza di governo, nonostante le recenti  prese di posizione di diversi Consigli Regionali (anche a maggioranza di centro destra, come la Lombardia e il Friuli Venezia Giulia) contro la modifica della legge attuale.

Dopo l'incontro veronese e da un primo giro di confronto telematico  sono emerse alcune polarità dialettiche che potrebbero essere utilizzate per il prosieguo del dibattito:

individuo/contesto, domanda/bisogni, malattia/ingiustizia, oggettività/soggettività,  sanità/assistenza, salute/sanità, terapia/trattamento, trattamento della malattia / presa in carico della storia, cura/controllo, controllo sociale/abbandono, obbligo di essere curati/libertà di essere curati, obbligo di curare/libertà di scelta degli utenti, qualità tecnica/qualità politica, competenza/incompetenza, centralismo/localismo, misurazioni hard/misurazioni soft, struttura/ambiente, processo/atmosfera, esito/benessere, benessere/consapevolezza

il presente verbale viene diffuso a coloro che hanno partecipato all'incontro ed a coloro che si pensa possano essere interessati.

i  lettori sono invitati  a partecipare ed  estendere il dibattito in corso,  arricchendo ed articolando  le questioni poste. 
 

 

Rubrica realizzata in collaborazione con

Associazione Laura Saiani Consolati - BRESCIA
http://www.psichiatriabrescia.it

COLLABORAZIONI

Poche sezioni della rivista più del NOTIZIARIO possono trarre vantaggio dalla collaborazione attiva dei lettori di POL.it. Vi invitiamo caldamente a farci pervenire notizie ed informazioni che riteneste utile diffondere o far conoscere agli altri lettori. Carlo Gozio che cura questa rubrica sarà lieto di inserire le notizie che gli farete pervenire via email.

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