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articoli da La Repubblica del 1 novembre 2001

1) Follie, famiglie, revisioni - non c’è pace per la legge sui manicomi
Psichiatri in allarme per la discussione in Commissione parlamentare delle due proposte della Casa delle libertà. Critici e difensori

2) Sì a piccole modifiche di Giovanni B. Cassano * e Stefano Pallanti **

3) Ma cura e riabilitazione sono nelle relazioni umane di Peppe Dell’acqua

1) Follie, famiglie, revisioni - non c’è pace per la legge sui manicomi
Psichiatri in allarme per la discussione in Commissione parlamentare delle due proposte della Casa delle libertà. Critici e difensor

L’ultima follia, se parliamo di salute mentale, ha due volti, a seconda dei punti di vista: quello di chi alza con orgoglio la bandiera della legge 180 del 1978 sulla chiusura dei manicomi e ne vuole una conseguente applicazione e quello di chi, invece, ne chiede il superamento di fatto (proposta di legge di Maria Burani Procaccini, 59 anni, romana, deputato di Forza Italia, laureata in lettere) o direttamente l’abrogazione (proposta del leghista bresciano Alessandro Ce’, 46 anni, medico).

Una vita contrastata, quella della "legge Basaglia", come fu chiamata subito dal nome dello psichiatra ispiratore, che a Trieste affrontò la malattia mentale rompendo i tabù della sola custodia e terapia farmacologica. Principi base erano: volontarietà del trattamento, diritti e dignità del malato, prevenzione e riabilitazione, divieto di costruzione di ospedali psichiatrici (o divisioni di psichiatria), progressiva dismissione degli "internati".

Ora, di nuovo, davanti ai 46 membri della Commissione affari sociali della Camera si affrontano detrattori e fautori delle legge del 1978 sulla base delle due proposte di legge della destra (Forza Italia e Lega Nord) e di quella del Verde Paolo Cento, romano, 39 anni, procuratore legale (7 articoli che puntano alla creazione di comunità socioterapeutiche e che confermano il divieto di istituire divisioni o sezioni psichiatriche). Ma a preoccupare molti operatori sono le proposte delle destra, appoggiate e richieste a gran voce da chi ha subìto in modo dirompente l’attuazione della legge 180, cioè le associazioni di familiari: soprattutto l’Arap, con cui la Procaccini, ad aprile, in odor d’elezioni, s’impegnò per una riforma.

Allarmata è la Società Italiana di Psichiatria, che rifiuta "contrapposizioni ideologiche o guerre di religione", non difende la legge come un dogma ma ne salva i principi, e pure il coordinatore della Consulta nazionale per la salute mentale, Massimo Cozza che chiama "anacronistico questo dibattito" chiedendo fondi e la proroga di progetti obiettivo sulla tutela della salute mentale. Vediamo allora cosa dicono le due proposte "anti180":
Obbligo della cura: la legge 180 prevedeva il Trattamento sanitario obbligatorio (7 giorni, rinnovabili) come urgenza. Nelle proposte ora si pensa di affrontare il problema (salvo le 72 ore per l’urgenza) con un prolungamento del Tso (fino ad un massimo di due mesi, rinnovabili, per la Procaccini). Si prevede la riutilizzazione di aree e divisioni ex manicomiali, se compatibili.

Richiesta del Tso d’urgenza: "da chiunque ne abbia interesse" ma convalidato da uno psichiatra (Procaccini); da medico di base, guardia medica, psichiatra (proposta Ce’) ma confermato dall’équipe del servizio di salute mentale. L’attuale legge: "su proposta motivata di un medico".

Diritti del malato: nelle proposte sono previste Commissioni dei diritti. L’attuale legge espressamente dichiara "il rispetto della dignità della persona, dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione".
Strutture: Centro e Dipartimento di salute mentale, dayhospital, Strutture residenziali con assistenza continuata divise per età (Procaccini); Dipartimento di psichiatria con presidi e comunità protette per lungodegenti, case alloggio e centri diurni (Ce’).

Terapie: si riafferma il concetto di "malato", si rilancia la farmacoterapia; cure domiciliari.
Lavoro: espressamente indicato con strutture protette o inserimenti guidati in aziende.
Famiglie: mai nominate nella legge 180, qui sono presenti in tutte le decisioni, commissioni e hanno diritto anche a sussidi.
Privati: esplicito riferimento a convenzione con privati.
Fondi: in una proposta almeno il 5, nell’altra il 6 per cento del Fondo sanitario.

2) Sì a piccole modifiche
Nuovi disagi crescono

di Giovanni B. Cassano * e Stefano Pallanti **
* Ordinario di psichiatria, Pisa
** Associato di psichiatria, Firenze


Poche modifiche e una più piena, e questa volta più omogenea, applicazione della "180": questi 23, difficili, anni sono stati sufficienti a capire che non occorre snaturare il testo di legge che ha portato i malati e le stesse cure psichiatriche nella comunità. Con la 180 l’assistenza è entrata nell’ospedale generale ed i disturbi psichiatrici hanno cominciato ad essere disturbi un po’ più come gli altri. Tuttavia, in troppi casi si è finito per pesare su famiglie talora logorate, impreparate e non adeguatamente sostenute. Superato l’Ospedale Psichiatrico, occorre rispondere alle necessità di una società ove i disturbi mentali hanno esordio precoce, spesso scatenati da droghe nuove, come pure occuparsi di altre patologie (comportamenti violenti, anoressia, etc). Ecco alcuni punti cruciali da rivedere:
Il trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO): la procedura va snellita con maggiori garanzie al malato e che facilitino la cura. Informare il sindaco è spesso difficile e per lo più inutile. Il TSO, sempre richiesto e convalidato da due medici diversi, potrà essere attuato in altre strutture accreditate.
I servizi di diagnosi e cura (SPDC) devono disporre di più letti, rispetto agli attuali standard (15); le Residenze Protette e Assistite devono essere più numerose e prevedere una maggiore attività terapeutica e riabilitativa in rapporto alle diagnosi e alla gravità dei disturbi; il Soccorso Psichiatrico deve garantire un servizio, 24 ore su 24, nel Dipartimento di Emergenza ed Urgenza degli Ospedali Generali; Centri di Alta Specializzazione devono essere previsti negli ospedali regionali di interesse nazionale; riconoscere adeguati spazi all’Università assegnando ad essa un ruolo più importante di quello attuale.
La psicopatologia negli adolescenti è spesso prodotta, scatenata, complicata e cronicizzata dall’uso di nuove droghe, genera una popolazione di soggetti spesso resistenti alle cure, non collaboranti, con gravi compromissioni funzionali e frequenti comportamenti antisociali. E’ necessaria una integrazione tra Servizi Psichiatrici e Servizi per le Tossicodipendenze (SERT), in spazi adeguati e con strutture terapeutiche.
Ospedali psichiatrici giudiziari: bisogna configurare strutture tra carcere e servizi territoriali. Le residenze psichiatriche e SPDC non sono in grado di ospitare pazienti con alto tasso di violenza.
Il Privato nell’Assistenza Psichiatrica contribuisce al ricovero del 55 per cento dei pazienti con manifestazioni acute: bisogna garantire la possibilità di scelte alternative, per quei pazienti che cercano una relazione personale con lo specialista.
Concludendo: è il tempo di modifiche pragmatiche che guardino anche alle coperture economiche, senza aggiungere altre pene a pazienti e familiari.

3) Ma cura e riabilitazione sono nelle relazioni umane
di Peppe Dell’acqua
Direttore Dipartimento di Salute Mentale di Trieste

Il 7 aprile scorso, in occasione della giornata mondiale della salute mentale, l’OMS additava la legge 180 come l’unica in grado di affrontare — in termini di lotta all’esclusione e di costruzione di percorsi di cura, di reintegrazione e di rimonta sociale — lo stigma e la discriminazione che tuttora in ogni dove colpisce le persone affette da disturbo mentale.

Da oltre 2 decenni lo sforzo per avviare il cambiamento delle istituzioni della psichiatria degli altri paesi europei e del mondo non può prescindere dall’esperienza italiana. Esperienza che, malgrado ritardi amministrativi colpevoli e inadempienze severe, ha prodotto un cambiamento epocale in primo luogo nella vita delle persone affette da disturbo mentale. Niente oggi in Italia è più come prima. Sebbene le risorse messe in campo siano tuttora insufficienti, i muri dei manicomi sono stati finalmente abbattuti. Il malato torna a essere un cittadino, un soggetto che esprime il suo diritto alla salute e alle cure, i suoi molteplici bisogni, da sempre sepolti nelle istituzioni, attivando i percorsi di inclusione. La cura e la riabilitazione si spostano nella comunità, nelle relazioni, nella vita quotidiana. Più di 6.000 sono oggi gli psichiatri nei servizi pubblici (700 alla fine degli anni ‘70), più di 3.000 gli psicologi (alcune decine poco più di vent’anni fa), più di 40.000 infermieri e altro personale. Le "imprese sociali" (cooperative) sviluppano risorse e percorsi diversificati e promuovono traguardi nuovi e sconosciuti finora per le persone affette da disturbo mentale; ma anche lavoro e lavori nuovi per migliaia di giovani, che introducono prospettive e scambi inusuali e insperati nei campi aridi della psichiatria. La guarigione è un orizzonte raggiungibile per un gran numero di persone. La fine dei manicomi peraltro, non ha causato incremento della criminalità legata alla malattia mentale.

A distanza di pochi mesi dal lusinghiero rapporto dell’OMS, si sta facendo strada in Italia una proposta di legge che, qualora votata, stravolgerebbe la 180. L’uso illimitato, prolungato e fuori da ogni controllo dell’ospedalizzazione coatta, che "può essere richiesta da chiunque ne abbia interesse" è un segnale in questo senso inquietante. I reparti di psichiatria sono presenti ovunque, negli ospedali, nelle cliniche private e universitarie. La proposta, prevedendo la creazione di ospedali pubblici e privati, detti "residenze", riapre di fatto i manicomi. Gli stessi che il primo governo Berlusconi con la finanziaria del ‘94 aveva contribuito a chiudere, in quanto anacronistici e inutilmente costosi.

La proposta di legge viene a disegnare uno scenario che, in pochi punti, si potrebbe così riassumere: l’oggetto malattia si ricompone in un quadro tra i più arretrati con tutte le tragiche conseguenze per le persone che ridiventano malati di mente, gravi e pericolosi, da sistemare altrove; l’assetto organizzativo comunitario, così faticosamente perseguito, viene disarticolato; si apre a un privato sociale e mercantile, sregolato e incontrollabile. Infine, il costo di un tale assetto dei servizi triplicherebbe, a fronte di un peggioramento complessivo della risposta.

Rubrica realizzata in collaborazione con

Associazione Laura Saiani Consolati - BRESCIA
http://www.psichiatriabrescia.it

COLLABORAZIONI

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