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Legge 180 vent'anni dopo: intervista a Sergio Piro

Esposito -Sono passati vent'anni dalla promulgazione della 180...

Sergio Piro - In realta' dovremmo dire che ne sono passati almeno trenta, perche' e' vero che la Legge fu promulgata il 13 maggio del 1978, ma dobbiamo ricordare che i movimenti alternativi italiani risalgono agli anni '60. I due primi esempi di psichiatria alternativa si ebbero a Gorizia (con Franco Basaglia nei primi anni '60) ed a Materdomini di Nocera Superiore (Salerno), con inizio nel 1965-66 e ad opera del sottoscritto. Quest' ultima esperienza venne bruscamente interrotta dall'Amministrazione Provinciale di allora nel 1969. Questo e' l'inizio! Da queste due situazioni (Basaglia al Nord e noi, molto piu' modestamente, ma con eguale forza, al Sud) iniziammo il movimento: ben 10 anni prima della 180. Il 1968 era anche l'anno della contestazione psichiatrica, delle esperienze alternative, del manicomio "aperto", delle comunita' terapeutiche, le principali tappe cronologiche sono essenzialmente: manicomio di Gorizia, manicomio di Nocera Superiore-Materdomini; manicomio di Arezzo; i manicomio di Trieste e a questo punto le esperienze anti-manicomiali furono completate nel loro primo periodo d'innesco storico.

Intanto inizia a prendere il largo anche l'esperienza territoriale per iniziativa di pochi operatori e di qualche Amministrazione Provinciale dell'epoca (non esistevano le USL). E questo movimento cresceva. Si costituirono anche delle associazioni di psichiatria alternativa: in Italia, nell'ottobre del 1973, fondammo "Psichiatria Democratica" e mano a mano iniziarono una serie di attivita'; per esempio, nel 1975, si schiera a nostro favore il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), che affida a Lello Misiti (allora Direttore dell'Istituto di Psicologia del CNR) il compito di condurre una ricerca epidemiologica forte sulla psichiatria alternativa italiana e in quell'occasione collaborammo un po' tutti quelli del gruppo promotore (io, Basaglia, Pirella ed altri). Cio' divenne un elemento di pressione per spingere la classe politica ad approvare quella che sarebbe diventata piu' avanti la Legge 180.

Esposito - La Legge 180 e' stata una buona legge?

Sergio Piro - Si, certamente. E' stata un'ottima legge, se si tiene conto di due elementi: il primo e' che ha rotto completamente quello che era l'immobilismo precedente ( e in questo e' sicuramente una "legge buona" se non una "buona legge"); il secondo e' che e' stata una legge ottima per essere una legge nazionale, anche tecnicamente parlando. Il modello che noi di Psichiatria Democratica avevamo presentato ai partiti di allora era molto piu' avanzato, piu' completo rispetto alla legge che poi fu approvata dalla maggioranza di governo: tutti e 6 i partiti di maggioranza la approvarono, eccetto i liberali e i missini . Pero' il testo da noi presentato era piu' vivo. Comunque la ritengo un'ottima legge in quanto legge quadro che delegava alle Regioni il mandato della sua applicazione sul territorio. Poi purtroppo il clima cambio', perche' nel frattempo la coalizione di governo (che approvera' anche la 833 per il riordino del servizio sanitario nazionale) era stata sostituita, per cui le leggi regionali sono state alcune ottime e conformi alla legge nazionale, altre pessime e del tutto discordanti rispetto ad essa.

Esposito - Dov'e stata recepita in modo migliore la legge 180?

Sergio Piro - E' stata applicata, a dire il vero, benissimo per esempio in Campania e malissimo in Lombardia. La legge regionale lombarda (che risale ai primi anni '80) e' quanto di piu' distante e differente si possa immaginare dal concetto della 180. Faccio un esempio: i servizi di Diagnosi e Cura sono il centro delle attivita' dei servizi di Salute Mentale, cioe' sono una roccaforte da cui poi discendono queste dependance ambulatoriali, con uno svilimento completo dei principi della originaria legge. Invece la legge regionale campanae' una legge molto ben fatta, molto avanzata; in Campania c'e' sempre stato tanto ritardo e quindi tutto questo finisce per rimanere solo sulla carta a causa dell'esistenza di una realta' sociale molto problematica e dura, nonostante che molto sia stato fatto negli ultimi anni.

Esposito - Nel ventennale della legge 180, che ricorre proprio a Maggio prossimo, secondo Lei quali si potrebbe dire che sono state le principali innovazioni apportate nell'assistenza psichiatrica in Italia?

Sergio Piro - Direi una serie di concetti: il concetto che l'assistenza psichiatrica appartenga prevalentemente alla Sanita' e non e' un'attivita' delegata come prima ad altre Istituzioni; il concetto che l'assistenza psichiatrica sia territoriale; il concetto che non si puo' recludere la gente in posti troppo grandi come lo era il manicomio; il concetto che il ricovero va fatto in relazione alle reali possibilita' assistenziali locali, e che il ricovero ospedaliero sia breve (ma qui entriamo in uno dei punti "pericolosi" della legge che accennero' dopo). Questi aspetti sono importanti. Io cito sempre un esempio significativo: in Campania l'assistenza psichiatrica prima della 180 consisteva in veri e propri "viaggi della speranza" dei pazienti di ogni posto della regione. Il malato di mente veniva accompagnato a Napoli e veniva fatto visitare dal grande "luminare psichiatra" privato, il quale prescriveva la medicina quasi sempre inutile, e poi il paziente finiva o nelle Cliniche private (se era ricco) o nel manicomio (se era povero e disgraziato). Oppure, nei casi meno gravi, il paziente veniva reinviato al medico condotto del suo paesino per iniziare e proseguire la "cura".
Prima, quindi, nei casi gravi, o c'era il ricovero nelle cliniche private o nel manicomio. Non c'erano alternative!
Poco dopo l'emanazione della legge regionale 1/83 in Campania iniziarono la loro attivita' una miriade di Centri di Salute Mentale (attualmente ce ne sono 61). Allora, se solo noi vogliamo considerare la vicinanza alla popolazione, se si vuole considerare che i servizi dispensano prestazioni urgenti anche di notte, che ovunque si esercita anche un lavoro psicoterapico in relazione alla cultura delle varie figure professionali nelle equipes, comunque e' stato qualcosa di potente, meraviglioso rispetto alla situazione esistente prima del 1977. Eppure ci son voluti meno di 10 anni per realizzarlo in Campania.
Ma vengo alla situazione che definisco "pericolosa" presente nella legge 180. Questa e' rappresentata da un vero "buco" legato ad una spaccatura all'interno di Psichiatria Democratica, in quanto esistevano due correnti di pensiero: un'ala (quella di Basaglia) che voleva non pensare alla "nuova cronicita'" (quella degli utenti per cosi' dire nuovi) e un'ala piu' legata all'esperienza clinica, alla quale io appartenevo, che era dell'opinione che bisognasse pensare, invece, non solo alle residenze per quei pazienti che uscivano dal manicomio, ma anche alle residenze per la nuova utenza territoriale che non poteva restare a lungo nei Servizi di Diagnosi e Cura, ma che non poteva nemmeno rientrare in famiglia. L' altra parte invece sosteneva:- La cronicita' e' solo un effetto del manicomio. Una volta eliminato il manicomio e' inutile che noi si pensi a sistemare i pazienti con una sofferenza di lunga durata, perche' a breve questi saranno pochissimi!- Questo e' un tema attualissimo, e su questo ci scontrammo. Per questo io mi sono dimesso da referente per la Psichiatria della mia ASL, e continuo a fare una battaglia affinche' queste strutture per la nuova utenza siano realizzate!
Debbo dire, pero', che questa incertezza iniziale del gruppo di Psichiatria Democratica si rivelera' fatale, perche' sara' quella che poi fara' in modo che i Servizi di Diagnosi e Cura si ingorgheranno di pazienti che non possono essere dimessi a breve termine, infatti invece che a brevi ricoveri si assiste tutt'ora a mesi e mesi di ricovero. Questo punto "pericoloso" e' contenuto non solo nella 180, ma anche nelle leggi di diverse regioni d'Italia (eccetto la Campania, che ha sanato questo punto erroneo della legge avendo affermato che per la nuova utenza si debba provvedere a mettere su strutture che accolgano questi nuovi pazienti).
Pur tuttavia, non sorretto da una legge nazionale e partito in ritardo, questo concetto ha stentato ad affermarsi, per cui tuttora la mia A.S.L. (Na1, n.d.r.),per esempio, ha provveduto ad allestire alloggi di diversa qualita' (alcuni buoni, altri meno buoni) per quei pazienti che sono usciti dai manicomi, ma non ha realizzato strutture per quei pazienti che si ammalano e che sono obbligati a recarsi nelle Case di Cura private oppure ad intasare i Servizi di Diagnosi e Cura.

Esposito - I manicomi sono stati chiusi. E adesso?

Sergio Piro - No, i manicomi sono stati resi piu' piccoli e spostati altrove! Almeno in Campania. Se invece andiamo ad Imola, vediamo che Ernesto Venturini ha smontato il manicomio realizzando uno stupendo servizio territoriale per gli utenti nuovi, perche' penso che i pazienti nuovi rappresentino la maggioranza. Solo il 5% e' rappresentato dall'ex utenza manicomiale. Lui pensa ai nuovi in tutte le forme e in questo "pensare al nuovo" hanno trovato una naturale sistemazione anche i vecchi pazienti manicomiali. Vero e' che Imola e' una zona ricca, ma non erano le risorse che ci mancavano in Campania. E' mancata una certa maturita' politica (o qualcosa d'altro) che non ha consentito questi progetti anche qui da noi.

Esposito - Professor Piro, cos'altro c'e' da fare, secondo Lei, per ridare dignita' al paziente psichiatrico grave appena uscito dall'Ospedale Psichiatrico?

Sergio Piro - C'e' da ricominciare daccapo! Noi non abbiamo piu', in questo momento, i grandi manicomi. Abbiamo delle strutture gia' re-istituzionalizzate sul territorio, ma siamo per fortuna liberi dalla rocciosa presenza di una gigantesca Istituzione. A questo punto noi vogliamo riprendere il messaggio originario della Legge 180, la vogliamo aggiorniare, in quanto siamo inseriti in una realta' non solo medica, ma anche sociale e dobbiamo assolutamente riempirci di nuovi contenuti per rilanciare i Servizi di Salute Mentale. Dobbiamo fare dei Servizi di Diagnosi e Cura un punto di riferimento del servizio territoriale per appoggiare i pazienti per il breve tempo necessario ai trattamenti sanitari obbligatori o volontari; dobbiamo istituire un sistema di riabilitazione che sia una riabilitazione degna di questo nome, cioe' che sia una "riabilitazione e cura", che sia un rilancio del territorio, ma che sia un punto di partenza per la Comunita' sociale. Dobbiamo realizzare tutto questo. Ma dobbiamo realizzare una gestione "aperta" di quelle nuove strutture che sono derivate dal disgregamento del manicomio sul territorio, che vanno affrontate con la stessa mentalita' con la quale, trent'anni fa, Basaglia, Pirella, Jervis, Tranchina ed il sottoscritto ci facemmo carico, continuando la lotta anti-istituzionale di allora, combattendo la staticita', la noia, la passivita', come allora anche adesso, se non vogliamo che gli stessi problemi si ripresentino nelle attuali strutture.

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